Di Adriano Marinensi – Il 3 gennaio 1947 è un venerdì e, sbugiardando la superstizione, Alcide De Gasperi, Capo del Governo italiano, si accinge a partire per gli Stati Uniti. Sono con lui poche persone e tra esse la figlia Francesca Romana e il Governatore della Banca d’Italia Donato Menichella che, certa stampa si diverte a definire uomo smilzo, ma di addome generoso. E’ stato battezzato “il viaggio del pane”. L’Italia, appena uscita da una guerra massacrante, è in ginocchio e per rialzarsi ha urgente bisogno di risorse finanziarie. Però, è un “Paese vinto” e quindi costretto ad andare dai vincitori con il cappello in mano. De Gasperi però è uno statista autorevole e il cappello lo porta in testa. In più ha forte il senso del suo ruolo, dell’amor di Patria, della diplomazia.
Aveva con sé un Partito, la D.C., forte di un elevato consenso popolare e guidava, dall’immediato dopoguerra, un Governo animato da alto senso di responsabilità, dallo spirito del C.L.N. e della Resistenza. Orientava De Gasperi la fede assoluta nelle Istituzioni democratiche e non considerava di sicuro (come qualcuno oggi) il Parlamento un intralcio all’azione dell’Esecutivo. Nel progetto di De Gasperi c’era un modello di società che prevedeva la difesa dei diritti e la pratica dei doveri ed una democrazia realizzata con la tutela della pace, il valore della solidarietà, l’equità e la giustizia civile. La maggioranza degli italiani era fiera di lui e, se avessi chiesto in giro chi fosse il Presidente del Consiglio, nessuno ti avrebbe risposto (come in tanti oggi) … Matteo Salvini, quello di “molti nemici, molto onore”. E all’insegna di tale principio, mena botte all’Europa, agli immigrati, ai rom ed altri ancora, se sarà necessario. Per supplire la mancanza di statura politica e cultura amministrativa, con l’alterigia che è sorella della vanagloria.
E siccome l’argomento appena introdotto è tosto, mi sia concesso di aggiungere, seppure un po’ di sguincio rispetto al tema iniziale, un altro modesto pensiero. Uno solo e in questo modo. Le valutazioni intorno allo spread avranno pure una componente artificiosa, però i piccoli risparmiatori italiani si sono accorti degli effetti recenti del suo salto in alto, registrando forti perdite di valore dei titoli di Stato. Si è anche verificato l’arresto alla crescita dell’Italia, unico Paese del G7 rimasto attardato. Queste ed altre criticità sono passate in seconda fila, impegnati come siamo a mostrare i muscoli a mezzo mondo. Non è seminando zizzania per mietere voti che si governa il Paese; invece promuovendo iniziative di coesione sociale per favorire il ritorno alla partecipazione popolare. Prima o poi, si finisce per pagare pure lo scotto del sovranismo autarchico che manovra e cerca alleanze grottesche per sconquassare l’Unione europea, anziché rafforzarne, ammodernandole, le Istituzioni, potenziare i legami di mutualità e costruire progresso comune. Sono i fatti (non certo le mie opinioni) che testimoniano l’abisso tra la nobiltà della concezione di governo degli anni ‘40 e l’odierna carenza del senso di responsabilità.
Ora torniamo a bomba. Alla partenza, di quella “trasferta impossibile” del 1947, pare De Gasperi abbia detto all’esordiente Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giulio Andreotti: “Solo i Santi potranno far andar bene il viaggio”. La missione oltre Oceano era l’episodio finale di un disegno politico al quale il Presidente stava lavorando dalla fine del conflitto: ridare dignità internazionale al popolo italiano. Andava in America per ottenere gli “strumenti” della rinascita. Nel clima di contrapposizione USA – URSS già in atto, lui aveva un altro handicap: guidava un Esecutivo con dentro rappresentanti di partiti palesemente filo sovietici. Confrontarsi quindi con Henry Truman e il suo stato maggiore era impresa ardua. Eppure, alla fine dei colloqui, è rimasto agli atti della storia il risultato: un prestito concesso all’Italia di 100 milioni di dollari.
Al suo rientro, il 17 gennaio 1947, De Gasperi trova importanti novità. Il socialista Giuseppe Saragat è uscito dal PSIUP ed ha creato il Partito socialdemocratico, Pietro Nenni si è dimesso da Ministro degli Esteri. Inevitabile la crisi di Governo che Palmiro Togliatti definisce “suggerita dall’esterno”, cioè – precisa – “da quei circoli americani che si sono affollati intorno a De Gasperi”. In verità, sarebbe stato difficile andare ancora avanti con due anime di differente ispirazione ideologica, una che guardava, con simpatia (e riconoscenza) oltre l’Atlantico e l’altra di fede staliniana, quando già si stava alzando la “cortina di ferro”. Che, più tardi, dal 1961, avrà quale materiale espressione di cesura tra est e ovest, il Muro di Berlino, caduto, dopo 28 anni, il 9 novembre 1989. Era costituito da due strutture parallele, il muro, alte quasi 4 metri, separate dalla “strisca della morte”, dove si calcola abbiano perso la vita circa 200 persone, uccise dalla polizia comunista, nel vano tentativo di frenare l’esodo verso la libertà.
Nel giugno 1947, nasce il De Gasperi IV. Fuori comunisti e socialisti che, un anno dopo, tenteranno la conquista del potere attraverso il Fronte Popolare. Inizia l’era del cosiddetto “centrismo democristiano” che durerà sino al 1964. Del Governo, oltre alla D.C., fanno parte i Partiti Socialdemocratico, Repubblicano e Liberale. Per alcuni mesi, alla Difesa, c’è il Ministro Mario Cingolani, deputato eletto in Umbria. L’investitura all’Assemblea Costituente con 334 voti di maggioranza.
In Europa, Il Piano UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration) di aiuti ai Paesi devastati dalla guerra, cessa di funzionare a fine 1947 e subentra il Piano Marshall (European Recovery Program, in sigla E.R.P.). L’Italia ne beneficia ampiamente per risollevare la popolazione, gravata da mille problemi economici e ricostruire, soprattutto con l’UNRRA – casa, il patrimonio edilizio. Su tutto questo processo di “resurrezione” civile e sociale del Paese svetta la figura e la statura di Alcide De Gasperi che, con la sua tenacia e saggezza politica, ha saputo contribuire all’accelerazione che portò l’Italia al boom economico. E prima ancora (18 aprile 1948) alla scelta popolare che dette il crisma definitivo alla democrazia nella libertà. E ancora le grandi strategie, quando – insieme ad Adenauer Shuman e Spaak, la lungimirante visione di De Gasperi, concepì l’idea di Europa. A Roma, furono firmati i Trattati che dettero vita al nucleo fondamentale con la creazione della CEE e dell’Euratom. Su tale base è nata l’Unione di oggi che i “disfattisti” (non si tratta più soltanto di “euroscettici”) si sono messi in testa di sconquassare.
Insomma, appare evidente l’abisso tra il modo di guidare l’Italia di allora e quello di oggi caratterizzato dalla competizione in politica estera e dal Governo – padrone in politica interna. Con un inevitabile alto costo a carico degli italiani. Costo economico e sociale.