Di Adriano Marinensi – Negli ultimi 50 anni, l’economia politica che ho studiato all’Università, ha cambiato pelle; a quel tempo, la scienza delle finanze veniva dopo. Prevalente era l’industria e la ricchezza la creava la fabbrica e, nella fabbrica, un contributo rilevante lo recava il lavoro. Ricchi erano i padroni delle ferriere con il loro capitale investito nell’economia reale. Poi, la metamorfosi ha portato sul gradino più alto la finanza che oggi domina i mercati e spesso accresce la ricchezza senza passare per la produzione. E’ il denaro che genera nuovo denaro, non di rado, attraverso la speculazione. Si tratta di cospicui investimenti, socialmente improduttivi, che deprimono l’occupazione. In un sistema costituzionale fondato sul lavoro, diventano presenze parassitarie.
La speculazione crea ricchezze alla Paperon de’ Paperoni; nel mondo moderno, sono tanti i Paperoni che custodiscono tesori nei forzieri delle banche, senza rischi d’impresa, fuori d’ogni aleatoria competizione. Così però la società si impoverisce e si affermano sterili rendite di posizione, insieme all’egoismo sociale; che non è un ossimoro, ma l’effetto di una distorsione dell’economia. Soprattutto in tempo di globalizzazione. L’alta finanza, ad esempio, ha giocato un ruolo dissestante quando è scoppiata la famosa bolla immobiliare, l’indecente affare dei prestiti subprime e dei derivati, entrato nei mercati con effetti pesanti sul sistema del credito e del risparmio. Subito dopo, il ciclone ha assalito anche l’economia reale. Quando ciò accade, il sistema si avvita su se stesso, provocando danni alle condizioni di vita delle fasce più deboli.
Cambiamenti di rilievo ci sono stati e altri ce ne saranno pure in campo monetario. Li ha evidenziati Romano Prodi in un recente articolo. Innanzitutto il dollaro che “fatica a mantenere l’esorbitante privilegio che gli si attribuiva.” La quota USA nel commercio mondiale è calata vistosamente e nella bilancia valutaria fa registrare “un deficit di oltre mille miliardi di dollari.” Ne è scaturita “insicurezza nella moneta americana e una diversificazione delle riserve rispetto al dollaro.” Insomma, sta cambiando la “gestione del sistema monetario internazionale” e sono in molti gli Stati che ne hanno preso atto. C’è addirittura chi sta dando più spazio all’euro nelle transazioni, a testimonianza che la moneta europea è solida, ormai strumento accreditato a livello mondiale.
Secondo Prodi, “all’euro si aprono nuove prospettive … favorendo il passaggio da un sistema monopolare ad un sistema multipolare.” Che dovrebbe avere come effetto un bilanciamento positivo in campo valutario. Perché l’euro cresca in credibilità, occorre che si consolidino pure le Istituzioni europee, con una linea politica finalmente unitaria in ogni settore d’intervento, sostenuta da nuovi e più articolati poteri sovranazionali: una Europa veramente unita negli obiettivi fondamentali. Tra i quali trovi spazio – secondo Prodi – l’allargamento della “cooperazione monetaria internazionale.”
E siccome siamo in argomento economico – finanziario, fatemi dare un’occhiata ad un altro problema di importanza strategica per la vivibilità dei luoghi dove si àncora il nostro tempo d’ogni giorno. In Umbria, per esempio. Si tratta di una regione dove le regole dell’economia politica devono essere in rigorosa armonia con la tutela dell’ambiente ed il razionale uso del territorio. Ogni eccezione rimossa. E’ una linea amministrativa irrinunciabile. Ne va dell’immagine di una parte d’Italia alla quale la natura ha fatto dono di rilevanti ricchezze. Oggi sappiamo che le dobbiamo difendere al pari del patrimonio d’arte e cultura ereditato dalle passate generazioni, con l’obbligo di tramandarlo integro a quelle future. Ogni percorso politico fuori di questi binari diventa ostativo di un corretto sviluppo.
Qualche anno fa, l’IRRES scrisse: “Nel mantello verde che copriva figurativamente l’intera regione, si stanno aprendo delle aree ingiallite e appassite”. Un richiamo autorevole da non trascurare. Alla lunga potremmo pagare un prezzo molto alto. E’ dovere primario della politica “cementare” (scusate il termine, all’apparenza improprio) un disegno programmatico che abbia tra i punti qualificanti l’integrità del paesaggio, la riqualificazione urbanistica, il recupero edilizio. Ci sono città, anche in Umbria, colpite dalla sindrome del costruire in maniera intensiva: il risultato è un modello esistenziale pesante. Per esempio, a Terni, abbiamo tirato su (ch’è differente dall’edificare) abitazioni a diretto contatto con il muro di cinta delle grandi aziende ad alto tasso di inquinamento, senza considerare le conseguenze di carattere igienico – sanitario. Altrove, l’edilizia intensiva ha dequalificato quella che Aristotele chiamava la buona vita delle città. Sono diventati errori incorreggibili, scaturiti talvolta dalla “allegra brigata” palazzinari – politici.
Ormai, la scienza (economica) del costruire ha messo a disposizione una progettualità avanzata e razionale, oltre ad una tecnica di riqualificazione innovativa: c’è la possibilità di intervenire con maggiore spirito ecologico rispetto al passato. Quando si è mascherata la “furia costruttiva” dietro l’esigenza di dare risposte urgenti alla richiesta di alloggi. Negli ambienti decisionali va ribadito che l’equazione elementare è: lo sviluppo socio – economico, in qualunque settore cercato, deve trovare il suo orientamento nella sostenibilità ambientale, garanzia strategica del vivere moderno. Peccato che, nel corso della recente, per molti versi accigliata campagna elettorale, di tali argomenti ed altri consimili, non si sia sentito molto parlare e discutere con la gente. In Umbria invece occorrono “governanti” che abbiano stampato nel DNA politico il decalogo ambientale e le regole dell’ecologia. Paesaggistica, urbanistica, civile, culturale, sociale.