Il tutto “arricchito” di qualche delitto perfetto con messinscena grottesca
di Adriano Marinensi
All’inizio dell’anno 1982, la fama agli italiani veniva soprattutto dalle infami azioni delle Brigate rosse (e nere). Poi da alcuni scandali indecifrabili, dalla scoperta della P2 a Castiglion Fibocchi, in Toscana (1981), la potente forza occulta capace di condizionare il sistema economico e politico italiano. A riequilibrare la situazione alquanto scomoda, ci pensò la vittoria degli Azzurri al Campionato mondiale di calcio in Spagna, con Paolo Rossi capocannoniere e il Presidente Pertini festoso, in piedi, a braccia levate, in tribuna. Era l’11 giugno 1982, quando battemmo per 3 a 1 l’allora Germania federale di Rumenigge, con gol di Rossi, Tardelli e Altobelli.
Una “faccenda” di natura diversa e assai meno gloriosa accadde il 12 giugno, un sabato molto caldo non soltanto dal punto di vista meteorologico. All’improvviso e inaspettatamente, le Agenzia di stampa diffusero questa notizia sconvolgente: “Roberto Calvi, Presidente del Banco Ambrosiano, è scomparso. Vane al momento le ricerche”. Il settore dell’alta finanza finì in subbuglio. Quello buono e l’altro “meno buono”.
Il Banco Ambrosiano era una delle più antiche banche private italiane con sede a Milano. Calvi vi etrò da impiegato nel 1947 e nel 1975, dopo aver percorso l’intera scala gerarchica, tra spinte e spintarelle, divenne Presidente. Era un Istiuto di credito tradizionale e lui lo fece presto diventare audace holdig con una serie di imprese spericolate. Accrebbe la “statura” della Banca insieme al rischio di fare il classico passo più lungo della gamba.
Ma, Calvi era finanziere d’assalto, grande amico e socio in affari di Paul Marcinkus, factotum dell’ IOR, la cassaforte vaticana. E in “stretta benevolenza” con il bancarottiere Michele Sindona. Che presentò Calvi a Licio Gelli e lo introdusse nel multiforme ambiente della P2. Il “fraterno” legame con lo IOR lo fece diventare il “banchiere di Dio”. Non ebbero rispetto di questa “quaifica” il Governatore della Banca d’Italia Paolo Baffi e il Vice Direttore generale Mario Sarcinelli, i quali, di fronte a talune chiacchiere intorno allla dirittura amministrativa del Banco, disposero una ispezione. Mal incolse loro, perché una certa Magistratura li mise entrambi sotto inchiesta e li fece arrestare, salvo poi la totale assoluzione da ogni reato ascritto.
Il Banco Ambrosiano aveva anche un Vice presidente. Si chiamava Roberto Rosone. Costui si permise di negare un finanziamento al faccendiere Flavio Carboni, bene ammanicato con la Banda della Magliana di Roma e con il boss della mafia Pippo Calò. Nell’aprile 1982, gli organizzarono un attentato proprio dinnanzi alla sede dell’Istituto di credito. Il passeggero di una Vespa sparò al suo indirizzo alcuni colpi di pistola, riuscendo soltanto a ferirlo. Intervenne una Guardia giurata che uccise il sicario. Era Danilo Abbruciati, membro di spicco della Magliana.
Ma, torniamo alla scombussolante scomparsa di Roberto Calvi. Lui e la sua Banca valevano circa 20 mila miliardi di lire: quindi, tanta roba. E’ facile immaginare il panico diffuso negli ambienti dei grandi e piccoli clienti. Calvi uccel di bosco: Perché? Le ipotesi più pericolose diventano motivo di una affannosa ricerca da parte degli inquirenti. Il signor Presidente non si trova. Si trovano invece a Capo del Governo italiano Giovanni Spadolini, con i D. C. Rognoni Ministro dell’Interno e Darida alla Giustizia. Anche loro tra i ricercatori, oltre ai familiari del latitante, ai vertici della Banca, agli stretti collaboratori. Niente! La teoria del rapimento rimane quella più gettonata, insieme all’allontanamento da affari inquinati e beghe giudiziarie. Si saprà molto più tardi, ch’era atterrato in Gran Bretagna, insieme ad un noto contrabbandiere, prendendo alloggio nell’appartamento di un gigantesco e mediocre residence di periferia. L’ideale per chi cerca l’incognito assoluto. Si è tagliato i baffi ed ha in tasca l’identità falsa.
Una settimana è trascorsa dal giorno della “fuga” e il Presidente ancora non si è fatto vivo. Viene sostituito da un Commissario. In aggiunta, ecco la notizia di un fatto di cronaca nera accaduto contemporaneamente: Una donna si è uccisa, gettandosi dai piani alti della sede dell’Ambrosiano. Corrono a vedere e trovano il corpo della signorina Graziella, da molti anni fedele segretaria di Calvi. Ha lasciato un messaggio: “Sia maledetto per tutto il male che ha fatto a noi del Banco ed al Gruppo della cui immagine eravamo orgogliosi”. Jaccuse pesante destinato ad accrescere i toni drammatici della vicenda ormai assurta a scandalo. Eugenio Scalfari, quei giorni in cronaca: “Si sta svolgendo una lotta asprissima che va ben al di là degli schieramenti ufficiali dei partiti, ben al di là delle verifiche, delle ideologie. Si svolge tra chi vuol preseverare la possibilità di una autorità politica democratica e chi vuole o consente o tollera di trasferire il potere a gruppi che sono un comitato di affari”. Va aggiunto, traffici loschi, soldi a palate e bella gente (all’apparenza, s’intende).
Si arriva così al 19 giugno 1982. A Londra, attraversata dal Tamigi, c’è un ponte chiamato dei Frati neri (in lingua autoctona Blackiriars Bridge). Struttura in tubi di ferro e cemento armato, delle tante che cavalcano il fiume dentro la città. E’ una testimonianza della rivoluzione industriale e reca la scritta “Domine dirige nos”. Sotto quel ponte, appeso per il collo, c’è un cadavere. Lo scorge il solito ignaro passante che da l’allarme. Dopo i rilievi del caso, viene portato nella “city mortuary”. E’ composto e non reca tracce di lesioni e di violenze.
Suicidio o suicidato? Come era finito lì quello sconosciuto? Per suicidarsi ci sarebbero stati tanti altri modi meno improbabili e difficoltosi. Poi, i numerosi pezzi di calcestruzzo trovati nelle sue tasche, quasi ad appesantire il corpo per assicurarne il decesso. E a diffondere il possibile “pizzino” mafioso. Nessuna lettera di addio alla vita, invece un mare di quattrini addosso di differente taglio e nazionalità. Tradotti in lire, oltre 20 milioni, mica poco.
La Polizia, che ha faticato per recuperare l’impiccato, elegantemente vestito, è costretta a lanciare appelli in cerca di possibili testimoni per dipanare l’intricata matassa. L’indizio per l’identificazione sembra essere nel passaporto intestato a tale Gian Roberto Calvini, classe 1920. La breve indagine burocratica suggerisce che quel documento è contraffatto. Si, il morto è proprio Roberto Calvi, il “fugace” banchiere romano. Le impronte digitali danno la conferma. Allora il suicidio “per lucida disperazione”? Possibile. Calvi l’avevano escluso dalla Presidenza del Banco, la segretaria buttata dalla finestra, le vicende giudiziarie erano alle strette, la sindrome del fallito ormai lo stava aggredendo: Ergo suicidio quasi certo. Almeno, di primo acchito, secondo gli inquirenti londinesi.
I dubbi però non sembrano cancellati. Non si conosce chi ha dato ospitalità a Calvi durante le prime ore in terra britannica, non si trova traccia del bagaglio che avrà di certo avuto appresso. Comunque un suicidio pieno di stranezze che non convince anche per le difficoltà di realizzarlo in quel modo e in quel luogo. Potrebbero allora aver portato Calvi già “cadaverizzato” con una barca e appeso all’impalcatura in una macabra rappresentazione demoniaca. Le pietre in tasca deponevano per questa seconda scena del crimine. Alla fine, Scotland Yard comunica che ci sono quasi certezze che Calvi sia morto altrove e lontano dal Ponte dei Frati neri. Comunque, il “banchiere di Dio” era uscito di scena con grande sconquasso, finendo inserito di diritto nell’elenco dei misteri italiani.
Non andrà meglio al suo “amico – nemico” Michele Sindona, protagonista mariolo pur esso in quel periodo. La Banca Privata Italiana faceva capo proprio a Sindona e ai suoi maneggi ingarbugliati. Entrò nel tunnel dell’insolvenza e l’Istituto centrale nominò il Commissario liquidatore nella persona di Giorgio Ambrosoli. Professionista molto serio, svolse con scrupolo il mandato ricevuto. Una sera di luglio 1979, mentre stava rientrando a casa, gli spararono quattro colpi di pistola uccidendolo. Chi era stato il mandante? I giudici accusarono Sindona e lo condannarono all’ergastolo. Così, finì la carriera del personaggio che, negli anni ‘70, era stato definito “uomo dell’anno”. Stava scontando il fine pena mai, nel carcere di Voghera. Il 22 marzo 1986, gli offrirono un caffè “corretto” al cianuro e ci restò secco. Si trova pure lui nell’elenco dei misteri tricolori.
E gli altri protagonisti della “tragedia” qui sommariamente (non ho la verve del narratore) rappresentata? L’eteroclito cardinale Paul Marcinkus, dopo averne fatte di cotte e di crude (tra le accuse, la strampalata gestione dello IOR, il coinvolgimento nella morte di Papa Giovanni Paolo I e nella scomparsa di Emanuela Orlandi) ha lasciato Roma, nel 1998, per ritirarsi nella piccola parrocchia di Sun City, in Arizona, dove è morto nel 2006. Il “venerabile” Licio Gelli, capo supremo della loggia Propaganda due (P 2), il creatore del massimo centro di potere occulto per travalicare quello statale, fu condannato a ragione di una serie di reati infamanti, tra i quali mandante e finanziatore della strage di Bologna. Nel 2015, alla veneranda età di 96 anni, è morto “serenamente” (così stava spiegato sul manifesto funebre) nella lussuosa Villa Wanda dell’Aretino.
L’armeggione Flavio Carboni (spicciafaccende sporche) con quel fascicolo penale che sembrava un trattato giudiziario, ebbe rapporti con molti poteri legali e illegali, che gli consentirono di crearsi uno spazio rilevante nel mondo grigio dei traffici, compreso Silvio Berlusconi, socio nel progetto Costa Turchese. Carboni ha avuto numerosi soggiorni nelle patrie galere per una sfilza di misfatti. Ad esempio: attentato a Roberto Rosone, complicità nell’ “impiccagione” di Calvi, collusione con elevati ambienti di malavita sicula.. L’infarto lo ha ucciso, a 90 anni, nel 2022. Messi tutti insieme, loro e pure altri lestofanti dell’epoca, si potrebbe ben dire: Dio li fa, poi li accoppia. Nella fattispecie, un accoppiamento particolarmente sinergico e articolato, a fini di associazione per delinquere, persino di stampo mafioso.