I numeri di Agenas sanciscono come la strada del sistema sanitario locale, (fiore all’occhiello fino a prima dell’era Tesei), sia precipitata in basso
La sanità umbra è sempre più “malata” e continua a far registrare bocciature da parte dei pazienti e condizioni strutturali sempre più negative che contribuiscono a delineare un quadro davvero altamente preoccupante.
A confortare e rassicurare gli utenti non bastano più le infruttuose e inutili conferenze stampa della governatrice Tesei e dell’assessore Coletto che da quattro anni annunciano, con campagne pubblicitarie di ogni tipo, la centesima riorganizzazione, che poi nella realtà tarda sempre a concretizzarsi.
Non è un caso che da la frase più gettonata, che gira da mesi e mesi in Umbria, soprattutto tra gli operatori sanitari, è un invito “ad agire più che parlare”.
In sostanza si chiedono, anche nel corso di manifestazioni di protesta e scioperi, “fatti non parole”.
L’ultimo colpo pesante arriva addirittura dall’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali).
Una vera e propria botta per la Sanità umbra, proprio perché mette in rilievo numeri che testimoniano come la strada del sistema sanitario locale, (che era un fiore all’occhiello fino a prima dell’avvento dell’era Tesei), sia andata sempre più peggiorando.
Una discesa divenuta irrefrenabile. A tal punto che nel 2022 l’Umbria si è classificata tra le peggiori regioni italiane per lo smaltimento delle visite e degli esami diagnostici, fatto comprovato dai dati rilevati negli ultimi 4 anni, che mettono in rilievo come in questo frattempo sia saltato quasi un elettrocardiogramma ogni tre e che il volume degli ecg sia crollato del 29,1%.
Inoltre la sanità umbra ha perso molto terreno anche nelle “prime visite, con un crollo di prestazioni eseguite del 25,3%, mentre la media italiana è del 14,4%”.
Ecco allora che la Sanità pubblica in Umbria sta sprofondando sempre più in basso. Una situazione divenuta in molti ambiti davvero drammatica.
E pensare che l’Umbria fino a pochi anni fa veniva presa come modello nazionale per la puntualità e qualità dei servizi sanitari, mentre adesso sta precipitando nel vuoto, con luminari che “fuggono”, personale sanitario sempre più insufficiente, macchinari vecchi ed obsoleti e liste d’attesa infinite, con tanto di Cup intasati dalle migliaia di richieste rinviate e rimaste insoddisfatte.
In sintesi, mentre nelle altre regioni si sono raggiunti e superati i livelli pre-Covid, l’Umbria è al momento maglia nera.
MOBILITA’ SANITARIA
Un paziente umbro su cinque va a farsi curare fuori regione
E se ne sono accorti a proprie spese i tanti pazienti residenti nel territorio, che quando hanno bisogno di cure, assistenza, esami e servivi sanitari, invece che mettersi in fila e aspettare anche mesi e mesi, o spostarsi da un capoluogo all’altro, sono costretti a rivolgersi ai privati, o in alternativa preferiscono prenotare oltre confine, dando luogo a quella che viene definita “mobilità sanitaria”, che consiste nello spostamento dal proprio territorio di residenza per andare a trovare risposte ai problemi di salute e quindi andarsi a curare fuori dai confini regionali.
Lo fa un paziente umbro su cinque.
A questo proposito il rapporto annuale dell’Agenas parla chiaro sulla mobilità attiva e passiva dei pazienti sul territorio regionale.
Agenas calcola che l’“Indice di fuga” dei pazienti in Umbria è arrivato a superare il 21 per cento, che corrisponde al doppio della media nazionale.
I numeri purtroppo affermano l’amara verità: “l’Umbria nel 2022 ha sostenuto costi per 54 milioni per curare i propri cittadini fuori dalla regione, mentre i ricavi ottenuti grazie alla capacità di attrarre pazienti oltreconfine, sono stati pari a 36 milioni, con un saldo negativo per la mobilità effettiva a 18 milioni. Mentre per quanto riguarda i ricoveri casuali il rosso scende a 11 milioni”.
E anche nell’ambito dei ricoveri, viene rilevato che in nove casi su dieci vengono fatti in strutture non di prossimità, cioè non avvengono in un ospedale o in una struttura privata di una regione vicina, ma più lontano.
Le regioni dove approdare, preferite dagli umbri, risultano essere soprattutto l’Emilia Romagna, il Lazio e la Lombardia.
Nel complesso sulle alte complessità in tre casi su quattro si ricorre al privato.
Donatella Porzi: “Altro che primi posti, i dati certificano che la sanità umbra è in discesa. E arriva pure il monito della Corte dei Conti”
E allora non si può non essere d’accordo con quanto dichiara il consigliere regionale Donatella Porzi (Misto): “Se mai avessimo avuto bisogno di conferme sul fatto che il livello della sanità umbra sta peggiorando, cosa che i cittadini sono costretti a toccare con mano ogni giorno, basta leggere con attenzione i dati ufficiali che emergono dall’analisi realizzata dalla Fondazione Gimbe sulle ‘pagelle’ stilate dal ministero della Salute attraverso il Monitoraggio dei Lea attraverso il Nuovo sistema di garanzia”.
“Dopotutto – prosegue Donatella Porzi – a dirci che la Sanità umbra non viaggi proprio sui binari dell’alta velocità arrivano le parole della Corte dei Conti dell’Umbria che in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2023 della Sezione giurisdizionale regionale la Procuratrice regionale, Rosa Francaviglia, non si è risparmiata di evidenziare che stiamo assistendo alla devastazione della sanità pubblica; che ci sono gravissime criticità in Umbria che impongono delle riflessioni; che c’è un fenomeno massivo di responsabilità sanitarie”.
“Sono solo alcune delle frasi che di certo non lasciano indifferenti insieme al fatto che la spesa sanitaria regionale è in costante diminuzione e che da quattro anni la Corte stigmatizza l’assoluta inadeguatezza dei controlli sulle strutture private. Senza pensare che i dati 2022 e 2023 sono ancora peggiori, e che i servizi sono in continuo deterioramento. Scusate se è poco”.