Difendere con rigore i principi costituzionali e i diritti acquisiti
di Adriano Marinensi
Era il mese di febbraio del 1980 – quasi 43 anni fa – e mi fu chiesta una relazione da allegare agli atti di un Convegno promosso per il confronto tra “gruppi impegnati nel sociale”. Quel documento iniziava così: Penso che, nel momento attuale, più che in passato, la nostra società abbia bisogno di reinserire lo sviluppo culturale e il confronto politico in una trama di valori autenticamente umani. Valori che siano cemento da costruzione per edificare la società della pace, delle giuste convivenze civili. Sono convinto che il problema della difesa dei valori e dei diritti rimanga questione pregiudiziale per l’approdo definitivo verso un tipo di politica modellata sulle esigenze complessive dell’uomo, del cittadino.
Sin qui ciò che valeva allora e vale di nuovo oggi. L’odierno avvento della destra al potere -nel momento della maggiore percentuale di astensione dal voto – sta riproponendo proprio “il bisogno di reinserire lo sviluppo culturale e il confronto politico in una trama di valori autenticamente umani”. Con l’aggiunta della attività in difesa di alcuni diritti acquisiti. Infatti, il voto del 25 settembre ha portato al potere in Italia la destra, non il centrodestra. Ammesso e non concesso che Forza Italia e Lega rappresentino nella coalizione il cosiddetto centro, Berlusconi e Salvini hanno perso e Meloni ha stravinto. Quindi, il potere di Governo è passato alla destra e non al centrodestra. Ed è su questa destra che occorre accendere i riflettori: la democrazia non è in pericolo, ma alcuni valori politici e culturali lo sono.
Il neosenatore nonno Silvio (decaduto dal Parlamento anni addietro per certe faccende fiscali e non solo), nel gioco per il potere, sembra ormai destinato alla panchina. Ha provato a rimanere in campo a modo suo, “sbarzellettando” la politica, ma, in molti si sono accorti che così non funziona. Gli hanno tolto la guida dell’automobile e sono sempre di più quelli che rivorrebbero le chiavi. Patetica, da parte sua, la richiesta di un paio di Ministeri, uno per difenderlo dai rimanenti guai giudiziari e l’altro per tutelare l’esagerato patrimonio televisivo.
Matteo il vecchio mostra di non aver ancora digerito la batosta elettorale e dà l’impressione di preferire, temporaneamente, il dietro le quinte piuttosto che la consueta ribalta. C’è una donna sola al comando, ha la fiamma nel simbolo, il suo nome è Giorgia. Da qualche tempo, intenta a “sdoganare” se stessa ed a ripulire il passato ideologico di alcuni suoi colonnelli. Che hanno orientato, in modo ben noto, il pensiero e l’azione e non possono trovare nella mistificazione dialettica il preteso nascondiglio. La composizione del “triunvirato” (Fdl, Lega, FI) mostra un Giulio Cesare e un paio di tribuni della plebe destinati ad avere flebile voce in capitolo, sin dall’immediato futuro.
Dunque, oggi la “potestà di Governo” è in mano alle forze di destra, non di centrodestra. Alle quali, prima o poi, qualche componente massimalista presenterà il conto del proprio sostegno elettorale. Una destra dal piglio autoritario, pronta a gestire i centri vitali del Paese, cercando, con tenacia, di saltar via dalla propria ombra, dai propri geni naturali, dal proprio DNA. E’ la destra conservatrice di certe identità pregresse, in cerca di crediti assolutori. Soprattutto in Europa.
Sa di essere fuori dalla moderna storia italiana, dal processo di costruzione della democrazia italiana, vissuto da quasi un secolo a questa parte. La storia della Resistenza, della Liberazione, della ricostruzione, della rinascita democratica, delle ritrovate libertà. La storia sintetizzata nello spirito della Costituzione. In questa che è la storia che conta, la destra politica non c’era e quindi non ha potuto condividerne i principi.
E tra questi nobili principi non si trova l’assolutismo di “chi vince comanda” e men che meno “chi comanda fa legge”. Eccolo allora uno dei compiti, dei doveri che dovranno assumersi la minoranza e quella parte della società che crede nel riformismo non di maniera. Perché sia garantito il rispetto d’ogni presidio democratico, d’ogni libertà civile. Perché sia garantita la difesa della nostra tradizione culturale che nega qualsiasi forma di populismo, di sovranismo, di oligarchia.
La salvaguardia della partecipazione popolare che rappresenta la base essenziale del processo di sviluppo economico, sociale, politico del nostro Paese. Con tutte le componenti schierate sulla linea del fronte per superare l’incagliamento nelle secche della crisi che stanno vivendo milioni di famiglie, oberate da una esplosione del carovita in molta parte causata dalla speculazione e da molti arricchimenti rapaci. Giustizia significa anche lotta intransigente alle rendite di posizione, agli egoismi asociali, al parassitismo immorale. Se a subire le conseguenze è la parte svantaggiata della comunità nazionale, allora la lotta diventa una crociata.