Il prodotto regionale è aumentato del 3,6 per cento, in linea con l’andamento nazionale
Secondo le stime basate sull’indicatore trimestrale dell’economia regionale (ITER) elaborato dalla Banca d’Italia, il prodotto regionale è aumentato del 3,6 per cento, in linea con l’andamento nazionale, ed è tornato su un livello analogo a quello registrato alla vigilia della pandemia.
L’espansione dell’attività economica ha tuttavia perso vigore nel secondo semestre dell’anno. Vi ha inciso in particolare il marcato aumento dei prezzi dell’energia e di altre materie prime, intensificatosi in seguito all’avvio della guerra in Ucraina. Ne è derivata anche la rapida crescita dell’inflazione, che ha raggiunto livelli elevati e superiori alla media nazionale: nel 2022 l’indice dei prezzi al consumo è aumentato del 12,2 per cento (11,6 in Italia); il fenomeno ha interessato tutte le principali voci di spesa soprattutto quelle relative all’abitazione e alle utenze, che hanno contribuito alla variazione per circa la metà.
Le mutate condizioni economiche si sono già riflesse nel rallentamento della produzione industriale e nella perdita di potere d’acquisto da parte delle famiglie. Hanno inoltre acuito l’incertezza e indotto le imprese a maggiore prudenza nella definizione dei piani di investimento per l’anno in corso.
Le imprese. – Nel corso del 2022 l’attività agricola regionale ha registrato un parziale recupero di quanto perso nel biennio precedente; al favorevole andamento del comparto agrituristico si è tuttavia contrapposto il calo dei principali raccolti, su cui ha pesato la maggiore frequenza e intensità di eventi estremi legati ai cambiamenti climatici.
Dopo la forte crescita registrata nell’anno precedente, la produzione industriale si è progressivamente indebolita, a causa dell’impennata dei costi di produzione e della frenata della domanda; il valore aggiunto si è ridotto dell’1,6 per cento. Le esportazioni hanno registrato un incremento in termini reali del 7,1 per cento. Gli acquisti dall’estero sono cresciuti ancora più intensamente; la dipendenza dell’economia
umbra dalle importazioni di beni soggetti a vulnerabilità nei processi di approvvigionamento risulta la più elevata tra le regioni italiane. La spesa per investimenti ha fatto segnare un’ulteriore espansione (6,1 per cento).
Lo sviluppo dell’attività edilizia è rimasto sostenuto (9,6 per cento), grazie all’impulso derivante dagli incentivi fiscali per la riqualificazione del patrimonio abitativo, dalla ricostruzione post-sisma e dai lavori pubblici. Nei servizi la crescita (4,9 per cento) è stata trainata dal comparto turistico, che ha beneficiato di un livello di presenze mai raggiunto in passato, e dal positivo andamento dei consumi, che ha consentito il recupero pressoché integrale del calo registrato durante la pandemia.
La situazione reddituale è rimasta nel complesso favorevole grazie alla modesta dinamica del costo del lavoro e alla capacità delle imprese di trasferire nei prezzi di vendita un’ampia quota dei rincari delle materie prime.
Il mercato del lavoro. – Dopo il forte recupero dell’anno precedente, nel 2022 il numero di occupati si è leggermente ridotto (-0,6 per cento). L’ulteriore flessione dei lavoratori autonomi è stata compensata solo in parte dal lieve aumento dei dipendenti; tra questi ultimi sono cresciute le posizioni a tempo indeterminato, anche grazie alle trasformazioni dei numerosi contratti a termine attivati nel 2021. L’incremento delle persone in cerca di occupazione ha sospinto il tasso di disoccupazione al 7,1 per cento (dal 6,6 del 2021). Per agevolare il reinserimento nel mercato del lavoro è stato avviato il programma “Garanzia di occupabilità dei lavoratori”, che alla fine dello scorso anno aveva coinvolto oltre 11.000 persone. A partire dall’anno in corso, l’attuazione del PNRR potrebbe portare ulteriori benefici, in particolare per il settore edilizio.
L’Umbria evidenzia livelli di istruzione più elevati rispetto alla media del Paese, specie con riferimento alla popolazione femminile. Negli anni duemila l’aumento della quota di laureati tra i giovani residenti in regione si è tuttavia accompagnato a una crescente propensione a emigrare verso l’estero e il Nord Italia; vi contribuisce anche l’elevato mismatch tra le competenze possedute e quelle richieste per la mansione lavorativa svolta, fenomeno che in regione interessa oltre il 44 per cento dei giovani laureati, una quota tra le più elevate del Paese.
Le famiglie. – Nel 2022 il reddito disponibile delle famiglie umbre si è ridotto in termini reali dell’1,8 per cento. La capacità di spesa è stata compromessa dall’incremento dei prezzi di beni e servizi che ha avuto ripercussioni molto più accentuate per i nuclei con livelli di spesa più ridotti; il differenziale inflazionistico rispetto a quelli con i consumi più elevati ha raggiunto l’8,4 per cento nello scorso mese di ottobre per poi ridursi progressivamente.
Le compravendite di abitazioni sono ancora cresciute, del 4,2 per cento; hanno tuttavia evidenziato un rallentamento nella seconda parte dell’anno in concomitanza
con il calo delle richieste di mutui in seguito all’aumento dei tassi di interesse (dall’1,8 al 3,6 per cento).
Il mercato del credito. – Lo scorso anno è proseguito il processo di razionalizzazione della rete di sportelli avviato da tempo dalle banche, a cui si è accompagnato un incremento dell’operatività della clientela attraverso i canali digitali.
Dall’autunno la dinamica espansiva del credito ha perso vigore, risentendo della flessione della domanda di famiglie e imprese; il rallentamento dei prestiti alle aziende di maggiori dimensioni si è accompagnato alla contrazione del credito a quelle più piccole. Vi ha inciso il forte incremento dei tassi di interesse legato al processo di normalizzazione della politica monetaria, oltre a condizioni di offerta lievemente più selettive a causa del maggior rischio percepito. Alla fine del 2022 gli indicatori della qualità del credito risultavano comunque in ulteriore miglioramento.
Nei primi mesi del 2023 si è interrotta l’espansione del credito al comparto produttivo in corso dalla metà del 2020 (-2,9 per cento a marzo); il calo ha interessato anche i prestiti alle imprese più grandi e quelli al settore manifatturiero.
Anche la dinamica dei depositi bancari di famiglie e imprese si è progressivamente indebolita fino a registrare un calo (-3,8 per cento a marzo scorso). La riduzione è stata più marcata per le imprese, che hanno attinto all’ampia liquidità accumulata negli anni scorsi per sostenere il capitale circolante e hanno trasferito parte dei lori fondi dai conti correnti verso investimenti a più elevato rendimento atteso.
La finanza pubblica decentrata. – È proseguita la crescita della spesa corrente degli enti territoriali (4,3 per cento), in connessione con i maggiori costi sostenuti per il personale sanitario e per l’energia. Sono aumentati anche gli investimenti (14,1 per cento), il cui livello pro capite è rimasto tuttavia significativamente più basso della media nazionale, del 12,2 per cento. Vi ha inciso la minore capacità di spesa dei fondi connessi con le politiche di coesione: alla fine del 2022 i pagamenti cumulati dei POR umbri erano pari al 59,8 per cento della dotazione disponibile; si tratta di una delle quote più contenute tra le regioni italiane. In prospettiva, questa circostanza assume particolare rilevanza considerati gli impegni che deriveranno dalle maggiori risorse assegnate all’Umbria per il nuovo ciclo di programmazione, in relazione al suo declassamento tra le regioni “in transizione”, e dall’ingente flusso di investimenti atteso dall’attuazione degli interventi collegati al PNRR, per il quale ad aprile risultavano assegnati a soggetti attuatori pubblici 1,6 miliardi per interventi da realizzare in Umbria (l’1,4 per cento del totale nazionale).
Il cambiamento climatico e la transizione energetica. – Nei prossimi anni l’economia regionale dovrà far fronte ai rischi connessi con il cambiamento del clima. Tra i settori più esposti vi è quello agricolo, la cui struttura si è irrobustita rispetto all’inizio degli anni duemila grazie alle accresciute dimensioni aziendali e alla maggiore efficienza produttiva. Gli investimenti innovativi sono tuttavia ancora poco diffusi in agricoltura, anche a causa dell’elevata età media degli imprenditori.
I rischi connessi con la transizione energetica, divenuta più urgente a seguito dei forti rincari delle relative materie prime e dell’esigenza di ridurre la dipendenza dalla Russia, sono particolarmente rilevanti per l’Umbria a causa degli elevati fabbisogni di energia: i consumi pro capite sono infatti superiori del 25 per cento rispetto alla media nazionale. Gli obiettivi fissati a livello europeo impongono una forte accelerazione nella sostituzione delle fonti fossili con quelle rinnovabili; queste ultime comunque forniscono un contributo superiore a quello rilevato nel Paese, garantendo quasi un terzo alla potenza installata complessiva degli impianti ubicati in regione (circa un quinto in Italia).