Il tessuto produttivo regionale mostra tuttavia segnali di resilienza
Il 2023 è stato per l’economia italiana un anno di decelerazione, con una variazione del Pil modesta, prevista intorno allo 0,7 per cento che si declina, a scala territoriale, in uno 0,9 per cento nelle regioni settentrionali, dello 0,6 per cento nelle regioni del Centro, e allo 0,4 per cento nel Mezzogiorno.
Le tendenze per il 2024-25 riferite al Pil sono segnate ancora da ampi margini di incertezza.
È quanto emerge dal report Svimez, (l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) presentato a Roma.
Per quanto concerne l’Umbria, si stima che il 2024 sarà un anno caratterizzato da una crescita in rallentamento, con una crescita ridotta rispetto alle altre regioni del Centro Italia.
Stando ai numeri della ricerca, quest’anno si parla di una variazione del Pil dello 0,5 per cento, mentre per il 2024 l’Umbria dovrebbe fermarsi a un +0,3 per cento.
In entrambi i casi si tratta di percentuali inferiori alla media delle regioni del Centro (+0,7 nel 2023 e +0,5 nel 2024) e dell’Italia nel suo complesso (+0,7 sia per quest’anno che per il prossimo).
Nel Rapporto vengono anche riportare le performance degli anni passati: tra il 2008 e il 2014 l’Umbria ha perso oltre 17 punti di Pil, il doppio della media nazionale, mentre tra 2015 e 2019 la crescita è stata sostanzialmente in linea con il resto del paese (5,3 per cento). Nel 2020 invece, quando il Covid si è abbattuto anche sull’Umbria, la flessione è stata del 10 per cento, con un recupero tra 2021 e 2022 del 13,9 per cento, due punti in più rispetto alla media.
Le previsioni di Svimez coincidono con quelle della filiale di Perugia di Bankitalia che, nelle settimane scorse, presentando l’aggiornamento congiunturale sull’economia regionale, ha parlato di un quadro in cui prevalgono “i toni del grigio” e di un “progressivo indebolimento” dell’attività economica umbra in atto dalla metà dello scorso anno.
Di consolante resta il fatto che il tessuto produttivo regionale mostra tuttavia segnali di resilienza, riuscendo in questi anni ad adattarsi alle continue fluttuazioni di mercato determinate da diversi fattori: dalla pandemia fino alla crisi energetica e all’aumento dei prezzi scatenati dalla guerra in Ucraina.
Sottolineato il fatto che la diversificazione dei settori ha consentito ad alcune filiere, come per esempio quella della moda, di emergere anche a livello internazionale, con un risparmio privato che continua ad essere un fattore di stabilità per l’economia regionale.