di Bruno Di Pilla – Se vogliamo, il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) è equiparabile ad un fondo condominiale. Come i comproprietari di un immobile spesso accantonano soldi per la salvaguardia dello stabile, ciascuno versando quote secondo i millesimi e l’ampiezza dell’appartamento, così, dal 2012, ogni Nazione unionista alimenta il fondo salva Stati in proporzione alle concrete disponibilità finanziarie. Se un condòmino denuncia lesioni strutturali della sua abitazione all’amministratore, costui convoca l’assemblea affinché questa valuti la reale consistenza dei danni e, se necessario, deliberi lo stanziamento d’aiuti al soggetto in difficoltà.
Naturalmente spettano al condòmino due specifici obblighi: far quadrare i conti personali e provvedere alle spese d’ordinaria manutenzione, nonché, una volta completato il restauro, restituire le somme ricevute, magari con ragionevoli agevolazioni temporali. Perché rivolgersi a più esigenti mutuanti esterni, tipo banche o società alternative, se vi sono “colleghi” pronti a dare una mano?
Analoghe considerazioni valgono per lo Stato comunitario con l’acqua alla gola. Se non esistesse il MES, questo dovrebbe chiedere prestiti al Fondo Monetario Internazionale (IMF), il cui soccorso è notoriamente subordinato a ristrutturazioni interne ed impegni economici ancor più dolorosi. Piuttosto, i lati oscuri delle modifiche al trattato istitutivo del MES riguardano i poteri decisionali. Se prima il compito di esaminare la sostenibilità del debito sovrano era affidato ai membri politici della Commissione, in futuro sarebbero i soli gestori-tecnocrati del fondo a valutare l’opportunità dell’apertura di credito e le garanzie del mutuo, che potrebbero essere più esose. L’eurogruppo dovrà anche tranquillizzare banche e risparmiatori, creditori-acquirenti di BTP e CCT, dal momento che l’eventuale risanamento del debito passa per la loro svalutazione o l’allungamento della scadenza, se non, addirittura, per una disastrosa svendita. Fanno paura le sofferenze degli istituti di credito, così come andranno tutelati con unica garanzia, nel giugno 2020, gli stessi depositi dei correntisti.
Sono questi i nodi gordiani da sciogliere, segnalati dallo stesso Ignazio Visco, governatore di Bankitalia. Per il resto il salva-Stati non va abolito, anche perché, in caso contrario, la BCE non potrebbe più acquistare i titoli della Nazione in emergenza, aprendo l’ombrello protettivo sull’euro e la stessa Unione Europea. E’ una questione di necessaria solidarietà, essendo interconnessi i destini non solo dei 19 membri dell’eurozona, ma di tutti i 27 Paesi unionisti. Se ne fallisse uno, l’intera Comunità rischierebbe di dissolversi e le superpotenze mondiali avrebbero buon gioco nel “saccheggiare” i singoli Stati del Vecchio Continente, già ora assediati dalla forza economica di Cina, USA, India e Russia. Per tornare all’esempio iniziale, non conviene ai condòmini evitare il crollo del palazzo?