L’entrata nella NATO della “confinante” Finlandia
di Adriano Marinensi
Tra le conseguenze negative per Putin, in aggiunta all’isolamento politico – economico decretato dalle principali democrazie mondiali, ora si è aggiunta l’entrata della Finlandia nella NATO. Si tratta di un fatto rilevante dal punto di vista dei rapporti internazionali, a seguito dell’aggressione russa all’Ucraina. Un altro Stato confinante ha deciso liberamente di aderire alla Alleanza Atlantica. I 17 milioni di chilometri quadrati che compongono la Federazione russa hanno confinanti, dalla parte occidentale del Continente, oltre a Ucraina e Finlandia,Norvegia, Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania, le ultime quattro facenti parte dell’Unione Europea.
La scelta della Finlandia è l’ennesimo segnale lanciato contro la condotta avventuriera del despota del Cremlino, al quale non è bastato quello autorevole lanciatogli dalla quasi totalità dei 193 membri delle Nazioni Unite. Segnale ulteriore ora che dovrebbe portare un mattone in più per costruire l’edificio della pace e porre fine alla tragedia umana del popolo ucraino, vittima di un martirio immeritato e immotivato.
Entrare nella NATO -oppure OTAN – (è l’acronimo di North Atlantic Treaty Organization), significa aderire ad una alleanza della quale fanno parte attualmente 31 Paesi: 29 europei, Finlandia compresa, più Stati Uniti e Canada. Si chiama anche Alleanza Atlantica ed è un Trattato firmato all’origine (4 aprile 1949) a Washington, dai rappresentanti di 12 Stati “per contribuire alla sicurezza politico – militare dell’area nord atlantica”. E’ politica l’Alleanza,perché destinata a rafforzare, in forma collettiva, i valori democratici; è militare in quanto sancisce l’impegno a risolvere collegialmente le controversie interne ed esterne. Ha potere di intraprendere operazioni di gestione delle crisi internazionali.
Fondamentale è l’art. 5 del documento fondativo che recita: “Le parti (gli Stati aderenti) concordano che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o in America Settentrionale deve essere considerato come un attacco contro tutte e, di conseguenza, concordano che, se tale attacco armato avviene, ognuna di esse – in esercizio del diritto di autodifesa individuale o collettiva, riconosciuto dall’art. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite – assisterà la parte o le parti attaccate, prendendo immediatamente … tutte le azioni che ritiene necessarie, incluso l’uso della forza armata (è questo il punto nodale n. d. a.) per ripristinare e mantenere la sicurezza dell’area nord atlantica”.
C’è dunque espresso l’impegno alla difesa collettiva per replicare, anche a mano armata, all’aggressione verso un aderente al patto. Dunque, quasi il motto dei Moschettieri: “ uno per tutti, tutti per uno”. Lo sa bene Putin che, almeno sino ad oggi, ha evitato qualsiasi atti lesivo contro un Paese NATO. Il prossimo 32° aderente dovrebbe essere la Svezia, mentre “aspiranti membri” già riconosciuti, sono Bosnia Erzegovina, Georgia e Ucraina. Il Belgio ospita il Quartier generale principale e il Quartier generale militare.
La costituzione dell’Alleanza Atlantica non piacque neppure all’Unione Sovietica di Nikita Chruscev. L’ingresso nella NATO dell’allora Germania occidentale provocò la rappresaglia: il 9 maggio 1955, venne fondato il Patto di Varsavia con la partecipazione dell’URSS e di tutti i Paesi satelliti, posti geograficamente oltre cortina. Ha fatto da contraltare alla NATO per molti anni, durante il periodo della guerra fredda. Il crollo dei regimi comunisti dell’est europeo, durante il biennio 1989 (caduta del Muro di Berlino) -1990, fu concausa della progressiva dissoluzione dell’alleanza comunista. Il 1° luglio 1991, venne firmato, a Praga, il protocollo che decretava, dopo 36 anni, lo scioglimento ufficiale del Patto di Varsavia. Poi, quasi molti di quegli Stati entrarono a far parte della NATO.
La competizione provocata dalla “guerra fredda” era terminata con il ritorno ad una condizione pacificata nei rapporti internazionali. Condizione che lo Zar di stampo sovietico ha voluto d’arbitrio modificare, mettendo in atto una azione scellerata che ha disseminato l’Ucraina di distruzione e morte. Oltre all’assassinio di una intera generazione di giovani russi. Il percorso della pace è la sola via d’uscita dal labirinto della violenza e la sospensione delle ostilità il primo passo per il ritorno alla utile pratica delle collaborazioni politico – economiche, fondamento essenziale per lo sviluppo civile dei popoli. Tenendo nel conto che c’è da soccorrere una vasta umanità ancora soverchiata, dalla fame, dalla povertà e dalla discordia che uccide..
A Terni, fra meno di un mese, si vota
Ogni scadenza elettorale dovrebbe offrire l’opportunità di riflettere intorno all’alto significato della democrazia. Soprattutto in un momento quel è quello attuale che sta facendo registrare un evidente distacco dalle urne di tanti, troppi, “aventi diritto” al voto. Terni, alle prese con il rinnovo degli organi comunali, non mostra di fare eccezione. Oggi al pari di una quindicina di anni fa, quando scrissi la breve riflessione dal titolo Il rilancio democratico. Indispensabile – sottolineai – per “ridare impulso al confronto tra i Partiti, le Istituzioni, i cittadini. Il dialogo con le componenti attive della società è essenziale nella ricerca dello sviluppo condiviso, al fine di realizzare un progetto di governo locale che abbia credito nella pubblica opinione ed efficacia propulsiva”.
Aggiunsi: “Il riformismo del quale ha bisogno la collettività ternana, non può rimanere un valore astratto. Ancor meno un paravento dietro al quale celare la stanchezza degli equilibrismi tattici e delle lunghe attese. Va realizzato un modello di città mutualistica, fondato sulla tutela dei diritti, l’osservanza dei doveri, il rispetto della giustizia sociale. Le Autonomie locali sono strumenti strategici per sollecitare lo sviluppo, per favorire l’intervento privato in economia, per attrarre nuove iniziative produttive, per offrire impulsi positivi alla programmazione, per creare speranze al mondo giovanile.” Mi permisi di porre in evidenza la necessità di “trasformare il cittadino da terminale passivo in protagonista, attivando – anche attraverso una presenza dinamica dell’Ente locale – un circuito virtuoso di concrete solidarietà e di aperture intellettuali.”
Queste e molte altre riflessioni feci allora (7 luglio 2009) e – vista la sterilità dell’Esecutivo uscente – mi sento di attualizzarle. E di rivolgere lo stesso richiamo al nuovo Sindaco ed alla nuova Amministrazione locale che saranno scelti dal voto del 14 e 15 maggio: Terni ha urgente bisogno di una democrazia di qualità.