Con il “golden power” vanno sempre tutelati gli interessi nazionali
di Bruno Di Pilla
“Ante omnia salus Rei Publicae!” era l’attualissimo motto dell’antica Roma. Prima di ogni altra considerazione prevalga l’interesse nazionale, quando si profilano pericoli per l’indipendenza e la sovranità del Paese. In campo finanziario, ad esempio, la Svizzera non ha esitato a salvare con ogni mezzo la sua più antica banca privata, Credit Suisse, agevolandone l’immediata fusione con UBS e stanziando ingenti fondi pubblici pur di frenare l’emorragia di fiducia (e di depositi) da parte dei più facoltosi investitori mondiali. Ha difeso con forza il suo prestigio internazionale, la Confederazione elvetica.
Anche l’Italia dovrebbe tutelare la propria sicurezza, soprattutto militare, allorché ammalianti sirene straniere si offrono per gestire siti strategici, come i porti di Taranto e Gioia Tauro, con il pretesto d’intensificare i traffici commerciali. Perché il Ministro della Difesa Guido Crosetto, in casi del genere, non esercita il golden power (potere d’intervento) se non altro per imporre precisi limiti di manovra a chi intende operare sul suolo patrio?
E’ così che “mandatari” del Dragone cinese ottengono privilegi apparentemente innocui o addirittura vantaggiosi per il nostro export, ma possono al tempo stesso infiltrarsi, in virtù della formidabile abilità tecnologica, nelle segrete stanze logistiche degli Stati europei. Rotterdam, il Pireo ateniese e Taranto non sono che alcuni esempi del tentacolare espansionismo asiatico nel Vecchio Continente, ora più che mai insidioso, avendo Pechino stretto vincoli d’indissolubile alleanza (secondo le testuali affermazioni del Presidente Xi Jiping) con il dittatore russo Putin.
Il grande porto di Taranto, per giunta, è da sempre il fiore all’occhiello della marineria italiana. Non solo è sede del Comando sommergibili, corazzate e navi da guerra nazionali, come la gloriosa ammiraglia “Garibaldi”, ma è anche un arsenale fondamentale per la NATO, essendovi ormeggiate unità e portaerei della Sesta Flotta Statunitense. Né si può dimenticare che per l’ulteriore potenziamento dell’intera area portuale pugliese, così rilevante per il nostro Paese, il PNRR ha già stanziato 178 milioni di euro. Era proprio necessario ricorrere ai capitali cinesi?