Il XX secolo racconta episodi bellici simili alla odierna vicenda ucraina
di AMAR
La assurda e criminale aggressione all’Ucraina che ormai va avanti perché non può tornare indietro, che però continua a causare vittime e distruzioni; questa guerra, terroristica per i suoi ricatti, evoca una miriade di eventi del secolo passato che ebbero pesanti conseguenze politiche, economiche e civili. L’Italia è stata coinvolta su diverse posizioni e per differenti circostanze.
Caporetto e i Ragazzi del ‘99
La prima vicenda che ha fatto storia nazionale accadde, durante la “1915 – 18”, a Caporetto. Geograficamente siamo nella Slovenia attuale, ai confini con l’Italia. Per la sconfitta che subì il nostro esercito, è ricordata come la rotta di Caporetto e sinonimo emblematico dell’insuccesso. E’ stata combattuta dal 24 ottobre al 12 novembre 1917, nella Valle dell’Isonzo e la ritirata ci costò 300.000 prigionieri e 350.000 sbandati. Sul piano politico, la caduta del Governo e la sostituzione, a capo delle forze armate, di Luigi Cadorna con Armando Diaz.
Ci fu una conseguenza nel reclutamento militare: furono chiamati alle armi i famosi Ragazzi del ’99, molti dei quali non avevano ancora compiuto 18 anni. Come il padre mio. Nato e cresciuto in un borgo della Valnerina da dove, sino a quell’età, mai s’era allontanato, si ritrovò all’improvviso sbattuto lassù, sulle montagne, come cantavano gli alpini. A migliaia di chilometri, con lo zaino in spalla e il fucile a tracolla. Era l’epoca quando la scuola elementare pareva un privilegio. Servivano braccia per l’agricoltura e il motto diceva “meglio un asino vivo che un dottore morto”.
Terni e “l’economia integrata”
A Terni, da poco iniziata l’epoca della “rivoluzione industriale” e dell’ dell’economia integrata: fabbrica più i prodotti dell’orto e del pollaio. Lo zappatore divenne metalcontadino. Però, il modello di vita rimase tutt’altro che una grande bellezza. Modeste comunità e piccoli orizzonti. Quindi si può capire lo sbigottimento del padre mio quando giunse la cartolina precetto che lo mandava lontano, lontano, a fare la guerra. Quella vera, mica l’altra per gioco da fanciullo.
Era nato di novembre e si ritrovò militare proprio il mese quando compiva gli anni. Fu anche l’apporto di quei soldati bambini, reclutati in circa 300.000, a fermare gli austro ungarici sulla linea del Piave ed a condurci alla vittoria di Vittorio Veneto. Disse di loro il Generale Diaz: “Voglio che l’Esercito sappia che questi nostri giovani fratelli hanno mostrato d’essere degni del retaggio di gloria che su di essi discende.” Dunque, nati ieri, furono guerrieri.
L’era del fascio e l’incoerenza dei suoi protagonisti
Sempre sul tema guerra e dintorni, parliamo ora di fatti e personaggi che hanno avuto rilievo verso la metà del secolo scorso. A partire da una data, scritta in neretto: 26 luglio 1943. Mancano due anni dalla fine della 2^ guerra mondiale. Benito Mussolini, appena sfiduciato dal Gran Consiglio del fascismo, viene fatto arrestare da Vittorio Emanuele III. I Carabinieri lo caricano sopra un’ambulanza con il pretesto di tutelare la sua persona. Invece, da Capo del Governo, in poco tempo, per contraddizione, è diventato un detenuto politico. Al suo posto il sottoposto Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio, Capo del cosiddetto Governo dei 45 giorni. Indagando il profilo della coerenza, in una pagina de Il Messaggero di quel tempo, si legge: “Il regime fondato sull’inganno, sulle ambizioni personali e sulla soppressione delle libere energie del popolo italiano, finalmente è caduto.”
All’inizio dell’avventura in camicia nera, aveva scritto: “Crediamo che il fascismo sia destinato a riavvicinarci alla democrazia e a diventare un esponente d’avanguardia. La democrazia è stata il punto d’origine del fascismo, il quale ha raccolto gli elementi più attivi di tutti i partiti medi.” Due posizioni incoerenti e una sola contraddizione.
I Sabaudi e la fuga dopo Cassibile
Incoerenti come le azioni di Sua Maestà (?) Re e Imperatore. Colui che aveva aperto le porte al fascismo, in quel mese di luglio, emise il proclama dell’assurdo. Cominciava così: “Assumo da oggi il comando di tutte le Forze Armate. Nell’ora solenne che incombe sui destini della Patria (ultimo retaggio della retorica copiata da quella mussoliniana, n. d. r.) ognuno riprenda il suo posto di dovere, di fede e di combattimento. Ogni italiano si inchini alle gravi ferite che hanno lacerato il sacro suolo della Patria.” Chissà se, in quell’ora solenne, il savoiardo aveva ben chiaro e coerente il senso della colpa pure sua, per le “gravi ferite che hanno lacerato il sacro suolo della Patria”?
Meno di due mesi dopo, fuggì da Roma, lasciando le Forze Armate e gli italiani in un mare di guai. Costretti, da lì in avanti, sino al maggio del ’45, a subire le angherie dell’occupazione nazista. Chissà – altra domanda – se quel Re e Imperatore avrà chiesto alla sua coscienza le ragioni del totale passaggio dei poteri nelle mani di Mussolini, compreso il comando dell’Esercito, mandato allo sbaraglio per cinque lunghi anni?
La spada di Damocle degli arsenali atomici
Leggendo queste (ed altre) pagine della recente storia d’Italia, si colgono contraddizioni palesi nella condotta di protagonisti ch’erano, a vario titolo, corresponsabili di fatti aventi un impatto strategico e determinante sui destini di milioni di cittadini. E, leggendo l’intero libro di storia, che riporta i fatti di quell’immane conflitto, si comprende appieno l’assurdo comportamento degli uomini che usano le armi per combattere e uccidere altri uomini, in nome di una violenza fratricida, oggi resa micidiale dall’enorme arsenale in possesso d’ogni Paese. Il terrore dell’arma nucleare che, nei giorni scorsi, il Cremlino ha cominciato ad agitare, in maniera reale: è il fantasma (planetario) di ciò che accadde in Giappone 77 anni fa. Un eccidio e una ignominia.