Sono Martin Luther King e Leonardo da Vinci
di AMAR
Due personaggi di rilievo per la storia e per il mese di aprile. Il giorno 4 del 1968, viene assassinato a Memphis, nello Stato USA del Tennessee, Martin Luther King; il 15 del 1452, nasce a Vinci, nella attuale città metropolitana di Firenze, Leonardo. Dunque, entrambi ad aprile e degni di ricordo. Martin Luther King (junior, per la precisione) fu un patriota della causa per il riconoscimento dei diritti civili e politici agli afro – americani.Durante gli anni della sua vita (1929 – 1968), non esisteva più, negli USA, lo schiavismo abolito dal Presidente Abraham Lincoln, con il XIII° Emendamento della Costituzione (1865).
Nella prima metà del XIX secolo, oltre 3 milioni di negri furono importati – con la forza – dall’Africa per fare gli schiavi soprattutto nelle piantagioni di cotone degli Stati del sud. Era l’espressione del colonialismo che esercitava il commercio degli esseri umani. Trascorso quasi un secolo, rimanevano vive e presenti le differenziazioni, tra bianchi e neri, sul piano sociale.
Insomma, era evidente la necessità di adeguare le conquiste di civiltà, in ogni Stato e per ogni cittadino. Le lotte pacifiche durarono alcuni anni e Martin ebbe un ruolo di primo piano. Nel 1963, fu tra i promotori della famosa marcia per il lavoro e la libertà, su Washington, cui parteciparono oltre 200.000 persone.Il momento più intenso della manifestazione fu proprio il discorso di Martin Luther King. Mentre parlava, una voce dalla folla gridò: Parlagli di quel sogno, Martin! E lui disse: I have a dream. Il sogno era avere una America priva di distinzioni razziali, con tutti gli americani liberi e uguali. “Per lavorare insieme, difendere insieme la libertà. Vorrei – affermò – che i miei 4 figli piccoli vivano un giorno in un Paese dove non siano giudicati per il colore della pelle, ma per ciò che la loro persona contiene. I have a dream, oggi.” Stava cominciando la rivoluzione culturale che avrebbe “scolorito” le disparità legate alla razza.
Merito anche di Martin, il pacifista combattente. Il 4 aprile 1968 gli spararono mentre era sul balcone di un albergo a Memphis. L’assassino, James Earl Ray, evaso (oppure fatto evadere) da un carcere del Missouri, si prese 99 anni di reclusione. Quando, a Dallas, in Texas, il 22 novembre 1963, John Fitzgerald Kennedy venne ucciso da Lee Harvey Oswald, Martin disse: “Più che cercare chi lo ha ucciso, ci si deve chiedere perché lo hanno ucciso”. Forse quella affermazione di 5 anni prima, poteva valere pure per lui. Entrambi i delitti rimasero tra le nebbie dei misteri della Grande America. Fosse stato ancora in vita, Martin Luther King, il 4 novembre 2008, avrebbe visto realizzata la sua onirica visione, quando Barack Obama fu eletto dagli americani, neri e bianchi insieme, Presidente degli Stati Uniti.
Per un illustre morto d’aprile, uno che d’aprile invece è nato: Leonardo da Vinci, il genio. Vide la luce il 15 del 1452, nel minuscolo borgo di Anchiano, nel villaggio di Vinci, poco lontano da Firenze. E’ il singolare vecchio, ritratto con il volto quasi nascosto dalla “criniera” fluente e la barba fino al petto. Illuminò il suo tempo: Il Rinascimento. Cioè, quell’affascinante periodo storico che sta tra il Medio Evo e l’Età Moderna. Leonardo fa parte della storia del pensiero, della creatività, della scienza. Pose la ragione e l’indagine al centro delle cose. Straordinario pittore, ci sono, sparsi per i musei del mondo, capolavori immortali: dalla Gioconda alla Dama con l’ermellino, dalla Vergine delle Rocce, all’Adorazione dei Magi, al Battesimo di Cristo, all’Ultima Cena che si ammira nel Refettorio del Convento in Santa Maria delle Grazie, a Milano. Senza dimenticare il celebre Uomo Vitruviano, il perfetto equilibrio delle forme. Secondo il Vasari, il genio da Vinci osservava la natura con lo strumento del raziocinio. Una curiosità: Era mancino e scriveva da destra a sinistra. Delle sue invenzioni, sono pieni i trattati. Seppe vedere il futuro con gli occhi del presente.
L’enigmatica Monna Lisa – una tavola di legno, 77 per 54 centimetri – già famosissima di suo, ebbe un momento di particolare attenzione quando, il 21 agosto 1911, l’imbianchino di origini italiane, Vincenzo Peruggia la trafugò dal Museo del Luovre di Parigi. Se la portò a casa sue dove rimase per più di due anni. La prima patente di ladro fu per la Germania che stava in disputa con la Francia a motivo di un paio di colonie.
Poi, l’accusa toccò ad un pittore “futurista”, nemico dell’arte antica. Perfino Pablo Picasso finì tra i sospettati. Quando Peruggia espresse ad un antiquario fiorentino, la volontà di restituirla, lo arrestarono. Al processo disse che la sua volontà era semplicemente di riportare l’opera in Italia, dove, secondo lui, l’aveva rubata Napoleone: non sapeva che invece era stata venduta, nel 1517, dallo stesso Leonardo, al Re di Francia. Passò un anno nel carcere delle Murate fiorentine.
In chiusura, un pensiero per ricordare l’umorista Giovannino Guareschi. All’anagrafe risulta registrato il 1 maggio, ma molti suoi paesani giurano che sia nato il 30 aprile 1908. Dunque, un personaggio d’aprile pure lui. Non è Leonardo da Vinci, però ha inventato qualcosa di originale. Ha creato due eroi di scena emblematici del dopoguerra italiano, inseriti nel “mondo piccolo” di un comunello ad economia agricola della Romagna rossa. I 5 film tratti dalla narrazione hanno sancito la notorietà di Guareschi e quella della coppia suggestiva: Peppone e don Camillo.
Attorno a loro ruota la vicenda, caratterizzata dal clima politico del tempo. Il ruvido Sindaco comunista (Gino Cervi), contro l’antagonista Parroco del paese (Fernandel). La falce e martello versus lo scudo crociato. In mezzo i comizi e le processioni. Le campagne elettorali fatte per mostrare i muscoli e spesso per adoperarli. E la trovata bon mot del Crocefisso parlante, che tenta di frenare gli ardori del prete.
Guareschi era tifoso di don Camillo, però somigliava a Peppone, i capelli un po’ ricci e i baffi folti e ispidi che gli sagomavano l’espressione arcigna. Un raccontare arguto e piano e corrosive le vignette. Una, quella del compagno trinariciuto, fece molto arrabbiare il Segretario del PCI Palmiro Togliatti. Secondo l’autore, la terza narice serviva per permettere l’accesso in testa delle direttive del partito.
Testardo come un mulo Peppone; poco in linea con i dettami delle Sacre scritture don Camillo. Entrambi, sullo schermo, fecero un salto in alto: Don Camillo Monsignore (ma non troppo) e Peppone onorevole Deputato. A Brescello, la location dove furono girati i film, ci sono oggi due statue di bronzo a grandezza naturale: una vestita da contadino, l’altra con l’abito talare.