Dopo la sentenza della Corte di Giustizia Europea si profila una lotta fratricida fra tradizionalisti e separatisti
di Bruno Di Pilla
Dal monopolio al duopolio, come dire che il calcio è finito dalla padella nella brace. Griderebbero allo scandalo i fondatori del liberismo, il fisiocratico transalpino François Quesnay e l’inglese Adam Smith, capostipite della Scuola Classica, se vedessero la guerra senza quartiere tra miliardari che sta per scatenarsi dopo la clamorosa sentenza della Corte di Giustizia Europea dello scorso 21 dicembre.
Contro il verdetto si sarebbero scagliati gli stessi allievi di Smith Malthus, Ricardo, Say, che agli albori del XIX secolo auspicarono l’apertura dei mercati ai tanti competitori, magari squattrinati ma di cervello, in precedenza esclusi dal rigido protezionismo mercantilista. Mai i cultori del “laissez-faire” avrebbero avallato una spietata lotta fratricida tra duopolisti di vecchia e nuova generazione, ciò che inevitabilmente avverrà con la legittimazione della cosiddetta Superlega.
Purtroppo i giudici comunitari, negando a UEFA e FIFA l’esclusivo diritto di allestire tornei internazionali di calcio, hanno riconosciuto liceità anche ai supeleghisti Real Madrid e Barcellona, cui si aggregheranno altri grandi club per ora silenti. Ne deriverà un inestricabile groviglio di gruppi pronti a contendersi, senza esclusione di colpi bassi a suon di miliardi, le simpatie e l’adesione ai rispettivi campionati delle più blasonate società dell’agonizzante Vecchio Continente, già ridotto a Cenerentola, sulla scena mondiale, per lo strapotere economico di Stati Uniti, Cina, Giappone, Russia e Arabia Saudita. Altro che apertura a nuovi sodalizi volenterosi e meritevoli di cimentarsi con i giganti dell’arte pedatoria!
I club provinciali e più carenti sul piano finanziario, con tifoserie demograficamente esigue e conseguenti magri incassi al botteghino, corrono il rischio di essere spazzati via dai soliti “squali” più che mai foraggiati da hedge fund e manipoli di oscuri personaggi impegnati a far soldi in Borsa e in settori imprenditoriali assai più redditizi.
A questi signori ben poco interessano sogni e genuine passioni di quanti affollano gli stadi magari rinunciando a soddisfare bisogni di sussistenza. Per loro contano solo ulteriori profitti e sponsorizzazioni di facoltose aziende planetarie. Inoltre, quale urgenza c’era di ampliare la già poliedrica offerta di leghe e competizioni minuziosamente organizzate da Uefa e Fifa? Non bastavano i campionati nazionali, strutturati nelle varie serie, e le tante Coppe europee ed intercontinentali, con i calciatori costretti a giocare senza tregua, ogni tre giorni, persino a Ferragosto e durante le festività natalizie e pasquali? Già ora si moltiplicano infortuni, operazioni chirurgiche e prolungate assenze dai campi di atleti logorati dai troppi impegni consecutivi cui sono chiamati a far fronte. Figurarsi quante altre defezioni si registreranno con l’esponenziale aumento di gare già programmato dai separatisti, che tendono a strappare lo scettro del comando alla UEFA, soprattutto appropriandosi dal 2025 della Champions e promettendo mari e montagne di dollari ai club “traditori”, 64 in tutto con tre livelli di competizioni, da disputarsi anche a metà settimana senza interruzioni.
Ma Ceferin, Infantino e Gravina non si arrendono e lanciano il guanto di sfida. Dal 2024, infatti, l’UEFA varerà una nuova formula della Coppa dalle grandi orecchie: all’unico girone prenderanno parte 36 società con 5 squadre per ogni Nazione, Italia compresa, cui verranno assegnati montepremi più ricchi. Nel 2025, in sostanza, potrebbero “nascere” due Champions parallele, una gestita dai tradizionalisti, l’altra dai superleghisti, con grave disagio per chi ama il calcio. In ogni caso, fra i due contendenti, prevarrà chi ha più soldi, con lo sport sempre più dissacrato da quanti ne hanno fatto unicamente una merce.