di on. Marina Sereni – Washington, Davos, Londra, Berlino, Mosca… Bruxelles: di sicuro gli assetti geopolitici globali stanno cambiando rapidamente e profondamente. Più incerto il segno prevalente di questo mutamento e le conseguenze che ne deriveranno.
Siamo alla vigilia dell’insediamento alla Casa Bianca della nuova Amministrazione Trump a e gli interrogativi su quanto e come “The Donald” realizzerà le sue promesse e minacce elettorali sono ancora molti. Tuttavia è già chiaro che rispetto al recente passato il suo rapporto con l’Europa sarà assai meno “amichevole”, che l’impegno americano nella Nato sarà meno generoso, che con Putin cercherà una relazione privilegiata, che tenterà di cancellare o ridimensionare trattati recenti come quello sul clima, che avrà un atteggiamento “pro business” ma non “pro market” il che apre la strada a politiche protezionistiche, possibili tensioni commerciali e accordi bilaterali misurati sulla convenienza del momento.
Il Global Economic Forum di quest’anno a Davos ha offerto almeno due novità: una attenzione particolare – ovviamente tardiva – alle diseguaglianze crescenti conseguenza di processi di una globalizzazione privi di adeguati meccanismi di riequilibrio e redistribuzione; un inedito protagonismo della Cina che con il Segretario del Partito Comunista Xi Jin Ping si è presentata come portabandiera del libero mercato…
Negli stessi giorni Theresa May ha illustrato la sua idea di Brexit con toni molto netti, prefigurando un divorzio totale dall’Unione Europea pur mantenendo un impegno a cooperare nell’ambito della NATO sui temi della sicurezza. L’atteggiamento del governo britannico sembra aver trovato d’altra parte una sponda nel nuovo Presidente degli Stati Uniti che promette una relazione speciale con il Regno Unito anche in funzione anti-UE.
A Berlino si avvicina la scadenza elettorale e forse anche per questo in pochi giorni sono partite da lì verso l’Italia critiche piuttosto ruvide e poco comprensibili sul tema dei controlli per la omologazione delle auto prodotte da Fca mentre dalla Commissione Europea arriva una richiesta di correzione dei conti pubblici italiani ispirata ad una interpretazione particolarmente rigida delle regole di bilancio. Il vertice bilaterale che ha visto ieri un faccia a faccia tra la Cancelliera Merkel e il Presidente del consiglio Gentiloni – oltre che un incontro sui temi economici con i ministri Calenda e Gabriel – è stato l’occasione per chiarire il nostro punto di vista e per mettere in evidenza una preoccupazione che credo non possa essere solo italiana. Possiamo permetterci come europei di dividerci sulle regole e le politiche dell’Unione mentre intorno a noi tutto sta cambiando? Possiamo continuare a considerare prioritarie le politiche di rigore finanziario senza domandarci le conseguenze sulla crescita e l’occupazione in un momento in cui l’insoddisfazione e l’insicurezza cresce tra ampie fasce di europei dei ceti medio-bassi? Possiamo rimandare ancora a lungo un’efficace distribuzione degli oneri e delle responsabilità nella gestione dei flussi migratori?
Tutto sta cambiando intorno a noi. Il 2017 sarà un anno di elezioni per molti Stati europei, a cominciare dalla Francia e dalla Germania, ma sarà anche un anno cruciale per l’Unione in quanto tale. L’Europa è ad un bivio, o si rafforza o si disgrega. I prossimi mesi sono essenziali, non possiamo perdere l’occasione dell’anniversario dei Trattati di Roma per far emergere, anche nei confronti dell’opinione pubblica più ampia, una prospettiva concreta e reale di rilancio del processo di unificazione. Ciò significa valorizzare i molti sforzi che si stanno facendo – per esempio sul terreno della politica estera e della sicurezza – ma anche individuare una visione comune più coraggiosa ed incisiva per l’occupazione, la crescita, la lotta alle diseguaglianze.
L’Italia può fare la sua parte, e lo potrà fare meglio se le principali forze politiche e sociali – anche al di là degli schieramenti – avranno il coraggio di mettere da parte i calcoli miopi e le polemiche sterili per far sentire a Bruxelles una voce italiana autorevole e seria. In fondo la stessa competizione per la presidenza del Parlamento Europeo, conclusasi con l’elezione di Tajani a cui vanno i miei migliori auguri, ha messo in luce il peso che l’Italia esercita nelle principali famiglie politiche del continente. Da qui a marzo, quando i leader europei si riuniranno a Roma, abbiamo una grande opportunità e una grande responsabilità. Come Italia, come sistema Paese, non solo come Governo.