Il sommerso nel turismo ha assunto anche in Umbria dimensioni inquietanti, per gli effetti che questo fenomeno, in crescita esponenziale, è in grado di produrre in termini di sicurezza sociale, evasione fiscale e contributiva, lavoro nero, mancata tutela dei consumatori.
Nato sull’onda della Sharing Economy, il sommerso nel turismo si sta configurando invece come Shadow Economy, sfuggendo così a qualsiasi registrazione e controllo. Nel corso di una conferenza stampa, Federalberghi Umbria ha presentato oggi l’indagine condotta da Incipit Consulting, che per la prima volta fotografa il fenomeno in ambito regionale. Alla conferenza stampa hanno partecipato il presidente Federalberghi dell’Umbria Giorgio Mencaroni, il vice presidente Federalberghi della provincia di Perugia Andrea Barberi, Maria Stella Minuti di Incipit Consulting. “Di fronte a dati così eclatanti – solo il portale Airbnb offre in Umbria quasi 4.200 alloggi – occorre intervenire subito sia sul fronte normativo che su quello dei controlli, per ristabilire certezza e parità di condizioni”, sostengono i rappresentanti di Federalberghi Confcommercio. “Tocca alla Regione Umbria – hanno aggiunto – dare un primo segnale importante, dettando regole ed istituendo controlli volti ad arginare l’illegalità e la concorrenza sleale in uno dei settori tra i più importanti per l’economia nella regione. Ma i soggetti interessati a questo fenomeno sono tanti: Guardia di Finanza, Questura, Comuni, associazioni dei consumatori…
Il sommerso nel turismo è infatti giunto a livelli di guardia. In barba alle leggi che obbligano il gestore a risiedere all’interno dei bed and breakfast, ad esempio, la stragrande maggioranza degli annunci presenti su Airbnb è riferita all’affitto dell’intera proprietà (72,5% dei casi, che in Umbria arriva addirittura all’88,9%) ed è pubblicata da inserzionisti che gestiscono più di un alloggio (57%; in Umbria 58%). Chi si nasconde dietro questi nomi amichevoli che gestiscono un patrimonio miliardario? Di certo non si tratta di persone che affittano una stanza del proprio appartamento per integrare il reddito familiare.Il consumatore è ingannato due volte: viene tradita la promessa di vivere un’esperienza autentica e vengono eluse le norme poste a tutela della salute e della sicurezza. Le piattaforme on line fanno finta di non vedere il traffico sospetto che transita attraverso i propri canali. Mentre l’evasione fiscale e la concorrenza sleale danneggiano tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza”.
IL QUADRO NORMATIVO IN UMBRIA Dal 2013, il Testo Unico del Turismo, per esigenze di semplificazione amministrativa, ha eliminato la tipologia “case/appartamenti locati ad uso turistico” i cui dati non vengono più rilevati. L’Umbria, al momento, non ha dunque una normativa che inquadri il fenomeno delle locazioni turistiche brevi. Questa carenza determina conseguenze pesanti: * crea nuovi soggetti imprenditoriali che sfuggono ad ogni controllo, e gestiscono gli affitti a nome degli host, attraverso le piattaforme peer to peer, e che si occupano di offrire la gamma completa di attività di un host: gestione degli immobili, negoziazione del prezzo, consegna delle chiavi, pulizia, informazioni di carattere locale ed altri servizi; * sottrae una parte del sistema di offerta turistica alle politiche dirette ad assicurare qualità, trasparenza delle informazioni, sicurezza e salute del consumatore e a quelle di prodotto e di promozione turistica. Incide negativamente, quindi, anche sulla capacità di governance della destinazione Umbria; * impatta negativamente sull’applicazione dell’imposta di soggiorno e, soprattutto, di tutti gli altri obblighi fiscali a cui sono soggette le imprese ricettive; iniduce l’efficacia delle rilevazioni statistiche su arrivi e presenze.
OBIETTIVI DELL’INDAGINE – L’indagine voluta da Federalberghi Umbria e condotta da Incipit Consulting intende fare luce, con riferimento alla regione Umbria, sul fenomeno dell’offerta turistica sommersa, rappresentata dall’ospitalità alternativa fornita in alloggi non rilevati dalle statistiche ufficiali e, dunque, non registrata e quantificata.
Sviluppatesi sull’onda della diffusione di istanze di condivisione, partecipazione e autenticità proprie della “Sharing Economy”, e anche per la necessità di trovare forme di integrazione saltuaria del proprio reddito in anni di crisi, queste forme di ospitalità alternativa sono aumentate a dismisura. Seppure molte delle offerte attualmente in rete presentino ancora questi caratteri originari, molte altre ne sono del tutto prive, configurandosi, spesso, come attività imprenditoriali vere e proprie, quantitativamente rilevanti e capillarmente diffuse, che sfuggono ai controlli delle Regioni, competenti in materia di attività turistiche e di garanzia della trasparenza e qualità dell’offerta, e del Fisco, sottraendo risorse economiche sia alla fiscalità generale che a quella turistica (imposta di soggiorno). Dato il loro ruolo preminente nel processo di diffusione dell’affitto temporaneo a fini turistici, l’indagine analizza l’offerta ricettiva in Umbria presente nelle principali piattaforme di prenotazione online, focalizzandosi in particolare sull’analisi di Airbnb che, detenendo la quota più rilevante del mercato dell’affitto turistico in rete, è il portale che consente di intercettare questo fenomeno in maniera più completa, seppure non esaustiva.
LA SITUAZIONE ATTUALE IN UMBRIA – La maggior parte degli annunci su Airbnb si riferisce ad appartamenti interi che sono, per la quasi totalità (88,9%), disponibili per oltre sei mesi all’anno per l’affitto turistico, andando ben oltre la media italiana (81,5%). Più della metà degli annunci su Airbnb (58%) sono pubblicati da inserzionisti (host) che gestiscono più alloggi: una inserzione su cinque è riconducibile a host con più di 5 alloggi in gestione. La dimensione media degli alloggi Airbnb in Umbria è di 4,9 posti letto. A livello territoriale disaggregato, la distribuzione degli alloggi posti in locazione su Airbnb si caratterizza per una maggiore concentrazione nei comprensori del Perugino e dell’Assisano, dove i due comuni capoluogo detengono un ruolo di assoluto primo piano. Seguono, sempre in rapporto all’ampiezza territoriale, i comprensori dello Spoletino e del Tuderte, con gli alloggi concentrati, anche in questi casi, nei due comuni capoluogo, e il Trasimeno, dove invece si riscontra una maggiore distribuzione tra i vari comuni. Vengono poi due comprensori della provincia di Terni, Orvietano e Amerino, con Orvieto e Amelia che ospitano circa il 50% degli alloggi dei loro comprensori. Di fatto, solo tre comprensori evidenziano un numero di inserzioni inferiore a quello degli esercizi ricettivi autorizzati (Eugubino, Alta Valle del Tevere e Valnerina).