Di Alberto Laganà – Il Sole 24 Ore di oggi riporta un’esaurientissima analisi del fallimento economico dell’Umbria gestita sempre dai soliti volti della sinistra. E non si può tacciare il quotidiano di Confindustria di partigianeria perché sulle cifre c’è poco da discutere.
I dati del pil presi in esame sono quelli degli ultimi 17 anni e si riferiscono alla crescita o alla diminuzione rispetto alla media europea, compresi i paesi dell’Est, notoriamente molto più indietro del nostro… ma che rischiano di raggiungerci.
Il fallimento delle politiche nazionali d’austerità non hanno risparmiato neppure regioni un tempo ritenute benestanti, ma seguire pedissequamente i diktat dell’Ue hanno fortemente penalizzato l’Italia.
Per avere comunque un quadro più accurato conviene tornare un po’ più indietro nel tempo, afferma l’articolista del Sole, partendo per esempio dal 2000 che è il primo per cui Eurostat rende disponibile la propria serie storica.
Allora le regioni al di sotto della media europea erano “solo” sette, ma da quella data al gruppo si sono aggiunte Umbria e Marche, le incrollabili regioni rosse.
Ma tornando alle cifre, vediamo la debacle dei nostri governanti regionali illuminati: nel 2000 il pil dell’Umbria era al 116% rispetto alla media europea, vale a dire 16 punti sopra l’asticella. Nel 2017 siamo a 84%, vale a dire in 17 anni siamo riusciti a perdere ben il 32%, allo stesso livello del Sud Italia.
Se invece di una regione i nostri politici stessero dirigendo un’azienda privata sarebbero stati licenziati in tronco. Ma poiché sono sempre rimasti a galla per clientelismo ed altre pratiche ancora meno nobili siamo al punto di non ritorno, come ben sanno i moltissimi giovani scappati all’estero.
I nostri governi ‘tecnici’ sono stati un disastro, né meglio né peggio di quelli di destra e di sinistra quindi c’è da sperare che la nuova formula messa in campo dia risultati migliori.