La manifestazione di sabato 4 marzo, con il Vescovo e il Sindaco
di Adriano Marinensi
La solidarietà è il valore umano che guida l’attività sociale dell’Associazione S. Vincenzo de’ Paoli. A Terni, si esprime anche attraverso l’Emporio bimbi, istituito nel 2016 e ideato dalla coordinatrice Antonella Catanzani. Lo scopo è sostenere i bambini durante i primi anni della vita e della scuola, con interventi concreti come la distribuzione di cancelleria, abbigliamento e l’attivazione di laboratori didattici e creativi. Insomma, un rilevante impegno di carattere sociale che affianca famiglie e figli di nazionalità diverse, per costruire loro una strada comune, senza distinzioni identitarie.
La manifestazione di sabato scorso, organizzata dalla San Vincenzo, con la collaborazione del Comune, ha avuto per scopo l’inaugurazione della Bacheca della Pace, con i disegni dei bambini ucraini, che frequentano l’Emporio. E’ stata collocata nell’area verde sotto i giardini della Passeggiata. Ha visto la partecipazione del Vescovo diocesano mons. Soddu, del Sindaco di Terni Latini, dell’Assessore Ceccotti, del Presidente S. Vincenzo di Terni Roberto Reale, della V. Presidente nazionale Monica Galdo, del Coordinatore pastorale giovanile don Luca Andreani. Rientra – ha spiegato Catanzani – nel Progetto di accoglienza dei bambini ucraini e delle loro mamme (i padri e mariti stanno combattendo in difesa della libertà, n. d. a.).
Mi hanno invitato a parlare, come testimone, di alcuni fatti luttuosi accaduti a Terni, durante il 2° conflitto mondiale. Li ho definiti uguali a quelli visti – da un anno a questa parte – sulle televisioni, accaduti e continuano ad accadere in Ucraina. Immagini di morte, distruzione, violenza che sono tipici della guerra, di tutte le guerre. L’identico parallelo tra la realtà odierna e quella di 80 anni fa che mi toccò vivere quando fui bambino anch’io.
Soprattutto i bombardamenti. Ho parlato di ciò che vidi dopo il primo, il più devastante, quello dell’11 agosto 1943, che ridusse la città in macerie. Restarono, le macerie, per lungo tempo a simboleggiare il disastro umano e materiale, inferto alla popolazione e alla comunità innocente. La casa dell’operaio, del metalmeccanico, costruita con enormi sacrifici, che stava lì e dopo un attimo non c’era più. Ci sta invece, addossata alla parete esterna della Chiesa di San Francesco, a Terni, una grande lapide di ferro che fa memoria di un migliaio di cittadini – vecchi, donne, minori – uccisi dalle bombe.
Ho raccontata la vicenda con ciò che scrisse, qualche giorno dopo, il Prefetto di allora nel rapporto al Ministero. Scrisse: “Le perdite, sino ad ora accertate, possono indicarsi in circa 500 morti, estratti e seppelliti (in fretta – ho aggiunto io – perché era d’agosto e c’era il solleone). Proseguì il Prefetto. Ci sono stati 493 feriti. Non può precisarsi il numero delle vittime che si trovano sotto le macerie. Data l’elevata quantità di case distrutte, si calcola che vi siano almeno altri 500 morti. Sono state sganciate sulla città oltre 500 bombe”.
Questa fu la fotografia – sintetica e tragica – di Terni, soltanto dopo la prima incursione aerea. Si creò una nuova categoria sociale: Gli sfollati. Cominciò subito la fuga dalla città di intere famiglie per paura di altri bombardamenti. Che ci furono anche se non disastrosi come il primo. Sino al mese di giugno 1944, quando arrivarono i “liberatori” che ci avevano bombardato sino a qualche giorno prima. Trovarono una condizione da cataclisma. Quasi tutti i ponti fatti saltare dai tedeschi in ritirata, le centrali elettriche rese inefficienti, l’Acciaieria saccheggiata.
Ho raccontato l’esistenza, alle porte della Valnerina, dello stabilimento che produceva carburo di calcio. Era prezioso a quell’epoca, il carburo, perché, combinato con l’acqua, creava un gas illuminante, indispensabile sostituto dell’energia elettrica. Ed anche perché si poteva fare il batatto con i contadini: Se davi loro un chilo di carburo, potevi rimediare un paio di polli oppure qualche chilo di farina. Generi alimentari di prima necessità, in quanto c’era il razionamento. La tessera con i bollini: un bollino, un etto di pane. Nel nostro tempo, vai al supermercato e compri ciò che vuoi. In periodo di guerra,no.
Ho voluto citare anche il coprifuoco e l’oscuramento. Il coprifuoco vietava di uscire di casa dalle 9 della sera alle 5 successive. Traeva il significato dalla tradizione rurale. La brava donna di casa copriva con la cenere le braci del camino, per riattizzare il fuoco all’indomani. L’oscuramento di notte: nessun raggio di luce doveva trapelare all’aperto. Sui muri, il manifesto con sopra effigiato il volto dell’uomo truce, il quale con l’indice eretto dinnanzi alla bocca, ti ordinava Taci, il nemico ti ascolta.
La manifestazione della San Vincenzo si è svolta dinnanzi ad uno dei rifugi antiaerei dell’epoca di guerra. Allora ho descritto quello che sta sotto casa mia, in campagna: 50 metri circa di gallerie ad altezza d’uomo, scavate sottoterra, con pala e piccone, sino ad una profondità di oltre 10 metri dal livello del suolo. Capienza, una trentina di persone. Sta conservato tal quale ad allora, con in più soltanto l’impianto di illuminazione elettrica. Gli aerei nemici colpivano ovunque. Persino quel piccolo cimitero che sta lungo la strada, da Terni verso Marmore. Ci caddero alcune bombe una mattina d’estate. Varcai il cancello divelto, il pomeriggio con mio padre. Vidi cose orrende che non ho potuto raccontare.
Ho concluso facendo riferimento all’Ucraina: C’è qualcuno che minaccia di usare, in quell’aggressione, armi atomiche. E’ un criminale di guerra. Allora la memoria del racconto è andata a quanto accadde in Giappone, nel 1945. Due aerei soltanto, due bombe soltanto, due città, Hiroshima e Nagasaki, distrutte, 200 mila morti all’istante. E chissà quanti dopo, a causa delle micidiali radiazioni. C’è una pietra nel museo di Hiroshima. Sopra quella pietra si vede stampata la figura di una persona. E’ quanto rimane di un corpo a seguito dell’esplosione nucleare: un’ombra, solamente un’ombra.
Perciò, il mio invito di sempre, rivolto ai tanti giovani presenti dinnanzi a me (in battaglia muoiono soprattutto i giovani!): Siate Partigiani della pace. E’ una delle ricchezze da tutelare, insieme alla libertà ed ai diritti umani. Spargete amore, non odio, non violenza.