Angelo Izzo, l’autore dei delitti del Circeo e di Ferrazzano
di Adriano Marinensi
Il metronotte, quella sera d’estate settembrina, stava arrancando con la sua bicicletta lungo Via Pola, a Roma, impegnato nel monotono lavoro di controllo alle saracinesche dei negozi. Tutto ciò che vedeva intorno era come gli altri turni di guardia. Anche le solite macchine parcheggiate accanto al marciapiede, seppure non sempre le stesse, stavano in buon ordine. Come sempre. Invariato il lavoro, quasi deserte la strada e la notte. Di diverso udì un lamento. Gli parve il solito gatto innamorato. Però, ascoltando meglio, più gemito di persona che di animale.
Veniva da una delle automobili in sosta. Si avvicinò, guardò nell’abitacolo e non c’era nessuno. Eppure la lamentazione s’udiva distintamente. Mise un orecchio sopra il portabagagli: Si, il richiamo, come d’aiuto, aveva origine proprio da li dentro. Subito la telefonata alla Polizia che accorse con rapidità e forzò il portabagagli. Ciò che videro creò un sobbalzo di forte stupore : li dentro, stipati e ritorti, stavano due corpi. Uno si lamentava ancora, l’altro era morto.
Quello vivo disse di chiamarsi Donatella Colasanti, romana, anni 17. L’ amica accanto a lei era Rosaria Lopez, romana anch’essa, di anni 19. All’ospedale, una volta ripresasi, Donatella raccontò la vicenda vissuta, insieme alla morta, quand’era viva, un paio di notti prima, tra il 29 e il 30 settembre 1975. Avevano conosciuto due coetanei, entrambi studenti universitari, mostratisi persone dabbene, di garbo e dai modi signorili. I due si erano presentati così: Angelo Izzo, molto piacere e Gianni Guido, onoratissimo. Dopo qualche giorno, l’invito: Un amico dava una festa tra ragazzi, in una casa a Lavinio. Era l’occasione per godersi qualche ora lieta e stringere maggiore intesa. Dunque, nulla di azzardato. Il pomeriggio stabilito, Izzo e Guido prendono le ragazze in macchina per andare alla festa. Però, invece della strada verso Lavinio, percorrono quella per San Felice Circeo, dove un altro amico ha una villa, disponibile per passare ugualmente la bella serata.
Adesso faccio un attimo il saputo. Per dire che Circeo, il promontorio laziale, deriva da Circe, la maga che trasformò i compagni di Ulisse in maiali. Ai tempi dell’Odissea, stava di casa, nei pressi, sull’isola di Eea (con due e) e ci abitavano pure il Re Alcinoo (con due o) e la figlia Nausicaa (con due a). Invece, l’amico di Izzo e Guido, padrone della villa al Circeo, si chiamava Andrea Ghira e li raggiunse subito. Racconterà Donatella al processo: “Improvvisamente, uno di loro tirò fuori la pistola, dicendo che erano appartenenti alla Banda dei Marsigliesi”. A quel punto, ha inizio per le due ragazze la salita verso il calvario. Violenze inaudite, fisiche e sessuali, brutalità d’ogni tipo. Trascorrono 36 ore di inferno durante le quali Rosaria finisce annegata nella vasca da bagno e le estreme condizioni di Donatella la fanno apparire morta ai tre aguzzini.
Quindi, la decisione di caricare entrambe nel portabagagli, tornare a Roma e cercare un posto per disfarsi dei cadaveri. Così fanno. Giunti nella capitale, parcheggiano l’auto e vanno a mangiare al ristorante per concludere allegramente l’orgia vissuta. E’ a quel punto che casualmente entrano in scena il Metronotte e poi le Forze dell’ordine. Poco tempo è sufficiente per trarre in arresto (1 ottobre 1975) Angelo Izzo e Gianni Guido, mentre Andrea Ghira riesce a scappare e far perdere le tracce. Tutti e tre, Ghira compreso, erano aderenti a movimenti neofascisti. Insomma, un trio di malviventi molto giovani, però già collaudati come malavitosi di razza.
Si aprì presto il processo ai due arrestati ed al terzo latitante. Ergastolo per Izzo e Guido, senza alcuna attenuante, tenuto conto dell’efferatezza del crimine commesso. Andrea Ghira aveva trovato rifugio in Spagna, sotto falso nome, arruolato nella Legione straniera iberica. Lo espulsero perché tossicodipendente. Morì nel 1994 per overdose e fu sepolto con il nome di Massimo Testa de Andres. La sentenza di primo grado fu modificata in Appello soltanto per Guido (30 anni), mentre per Izzo e il contumace Ghira, i Giudici confermarono l’ergastolo. Guido riuscì ad evadere e scappare a Buenos Aires, dove fu riconosciuto e arrestato. In attesa dell’estradizione, altra fuga, questa volta in Libano. Lo ripresero a Panama e definitivamente estradato in Italia. Ha finito di pagare il debito con la giustizia e, nel 2009, è tornato in libertà. Donatella Colasanti, la sopravvissuta per miracolo, è morta, nel dicembre 2005, a soli 47 anni.
E Angelo Izzo? La sua sciagurata attività di mostro non è finita al Circeo. Nell’agosto 1993, gli venne concesso – non si sa per quale merito – un permesso premio e lui ne approfittò per fuggire in Francia. Fu ripreso e tornò in carcere in Italia. Passò il tempo impegnato in alcuni processi minori (diffamazione, calunnia) e compilando memorie. E’ testimone di se stesso e dei complici, quando scrive: “Gli stupri furono una specie di hobby al quale ci dedicavamo molto volentieri”.
Ad Izzo non erano bastate le feroci malefatte del Circeo. E quando gli venne “elargita” addirittura la semilibertà, mentre era recluso a Campobasso, aggiunse altri due omicidi al suo curriculum di assassino. S’era fatto amico in carcere un recluso accusato di far parte della Sacra corona unita. Fece visita alla moglie ed alla figlia giovanissima e le uccise entrambe. L’evento criminoso passò in cronaca come il delitto di Ferrazzano che procurò all’uomo nero (la definizione è sua) il secondo ergastolo. Perché un delinquente di tale spessore andasse in giro liberamente, se ne attribuirono la responsabilità, in un grottesco rimpallo, le Procure di Campobasso e Palermo.
Nel 2010, lo stupratore pluriomicida se lo prese per marito una giornalista, Donatella Papi, dichiaratasi pubblicamente innamorata cotta. Matrimonio breve, durato appena un anno. Valle a capire certe donne! Ci fu per Angelo il terribile, un’altra parentesi di notorietà quando dichiarò d’essere a conoscenza dei retroscena relativi al rapimento e all’uccisione (agosto 1975) di una giovane ch’era in vacanza con la famiglia in Friuli. I Magistrati di Perugia non gli dettero ascolto. Così come poca credibilità ebbero le altre rivelazioni relative ai fatti del “mostro di Firenze”, dei legami con la Massoneria e il medico Francesco Narducci, il corpo del quale venne rinvenuto sopra un pontile del Lago Trasimeno e, secondo Izzo, sostituito con altra persona morta.
La macabra storia vissuta da Angelo Izzo, il criminale dagli occhi demoniaci (degli attuali 68 anni, più di 40 li ha trascorsi in galera) è tornata in auge poco tempo addietro per l’uscita di un libro che ritiene di svelare il profilo recondito della sua indole, accreditando segreti fin’ora sconosciuti e, sembra, contenuti in una serie di appunti dal carcere. Dicono sia uno scoop editoriale.