Il dovere di ascolto misurerà il livello democratico del Governo
di AMAR
Ai tanti NO maiuscoli già piovuti a grandine sull’Autonomia regionale di stampo celodurista, si sono aggiunte le “osservazioni” non benevole di ulteriori due pezzi grossi che è impossibile trascurare: Confindustria e Banca d’Italia. Non si tratta di Cric e Croc e s’io fossi seduto nelle poltrone del Governo non farei orecchie da mercante.
I rappresentanti della stampa specializzata che hanno esaminato gli interventi, dicono che si tratti di paletti piantati con garbo, però robusti e non contestabili. Sostengono le forze produttive – parte eminente dell’economia nazionale e quindi aventi grossa voce in capitolo – la necessità di una rivalutazione riguardante i trasferimenti alle Regioni di materie come i trasporti, il commercio internazionale, le infrastrutture primarie, l’ambiente. Anche in qualche altra (sono in tutto 23 materie) oggetto di delega, sono necessari fondamentali ristrutturazioni.
Il disaccordo di Confindustria…
Pensare di trovarsi di fronte ad una ventina di poteri autorizzatori (regionali) in settori strategici, fa perdere la serenità, invece indispensabile per presidiare una economia, qual è quella italiana, per alcune carenze resistenti, ancora fragile. I rischi di introdurre cause destabilizzanti attraverso una riforma frettolosa, non sono affatto marginali Parola di Confindustria.
C’è pure – è stato osservato – il problema delle capacità di gestione a livello tecnico dei nuovi compiti affidati alle Regioni che sconsiglia pericolose fughe in avanti. Quindi – ulteriore censura – la questione legata al reperimento delle risorse per assicurare a tutti, i famosi LEP, ritenuti fondamentali in termini di giustizia sociale. Ci sono infatti Regioni con basse capacità fiscali che rimarrebbero nell’attuale inferiorità di sviluppo. Significa che i temi della perequazione e sostenibilità finanziaria meritano un attento riesame.
…e quello della Banca d’Italia
Sull’aspetto sostanziale dei costi legati indissolubilmente alla riforma, hanno ragionato nelle stanze autorevoli della Banca d’Italia. L’impatto tecnico – politico delle rilevanti cessioni di competenza, contenute nel progetto Calderoli, evidenzia una rivoluzione pesante nei rapporti Stato centrale – Organismi decentrati. Ci sono i conti pubblici da tutelare e su tale incombenza, la sensibilità dell’Istituto di Palazzo Koch ha il dovere di esprimere parere vincolante. Ed è pari alla responsabilità del Governo sulla riduzione del debito pubblico che l’U. E. continua a sollecitare. Da non trascurare l’opinione dubitativa espressa da un’altra “voce politica” energica: l’Ufficio parlamentare di bilancio, che, tra l’altro, ha ribadito l’assoluta garanzia della parità dei LEP.
Mancano i giudizi favorevoli
Ora le “osservazioni” sopraindicatesi sono aggiunte alle numerose precedenti (e successive), per nulla bilanciate da commenti favorevoli che non abbiamo ascoltato. Messi insieme (la riforma, in termini separatisti, non s’ha da fare!) i dissensi impongono all’Esecutivo il dovere di ascolto. Altrimenti si dovrà mettere in discussione il livello di sensibilità democratica ed istituzionale dell’intera compagine di maggioranza.