Due suggestivi momenti musicali

Diventa sempre più complesso districarsi negli eventi musicali che tendono a sovrapporsi con periodicità ricorrente, costringendo l’ascoltatore a fare scelte o comunque a districarsi tra proposte spesso allettanti. Dopo la preinaugurazione, due giorni fa, dell’auditorium di san Francesco e la serata-Varasano al teatro Bucini, ecco ieri pomeriggio il coro della Comunità Ebraica di Roma e, poco dopo, la messa in ricordo di monsignor Francesco Spingola, il musicista-sacerdote dal sorriso immenso che per anni ha sostenuto le attività dell’Auditorium Marianum. Dove la musica avrebbe comunque avuto la sua parte di importanza.

Posti esauriti per ascoltare i canti del popolo dell’Arca dell’Alleanza, circostanza prevedibile perché il coro Ha Kol da alcuni anni è presente nella programmazione dei concerti che la Sagra Musicale Umbra organizza nell’aula magna di palazzo Gallenga. E ogni volta le proposte musicali, nel contesto di un coro che è comunque amatoriale, assicurano momenti di autentica tensione morale. Soprattutto quando le imminenti celebrazioni per la Shoah coincidono con i macelli umani che si consumano in questi giorni in quella che dovrebbe essere la culla delle religioni.

Con la compostezza e lo stile che assicurano i cantori romani il concerto si è snodato con una fluidità programmatica sostenuta da un ottimo narratore al microfono che introduceva i singoli brani, dagli iniziali canti tradizionali arrangiati da Angelo Spizzichino, alla musica di Heinrich Schalit per il Libro XXXI dell’Esodo, all’Osè Shalom l’invocazione di pace che conclude la festa del Kaddish. Ci vuole molto rispetto per ascoltare queste antiche testimonianze musicali e si rendeva necessaria una concentrazione impedita dal via vai dei curiosi che salgono dalla piazza e, dopo aver sbirciato, escono sbattendo rumorosamente la porta. In occasioni del genere il decoro civico vorrebbe che chi concede l’uso della sala dei Notari ne sostenga anche un minimo di rispetto per chi canta e chi vorrebbe ascoltare. Sulla inciviltà della gente, poi, è inutile discorrere.
Il livello alto della musica subiva una ulteriore impennata quando il coro intonava i due Salmi raffinatissimi che Benedetto Marcello, nell’età di Vivaldi, scrisse per la comunità ebraica di Venezia. Il momento della costernazione del dolore e del silenzio di Dio si è raggiunto con il canto di due melodie significative, l’Inno Sapienziale Enosh, e l’Ani Maamin, il simbolo assoluto dell’atto di fede. La commovente poesia di Hanna Senesh, musicata da David Zehavi voleva poi ricordare un donna che volontariamente affrontò il sacrificio di sé consapevole di dare la vita perché il mondo sapesse dell’orrore dei campi di concentramento. Poi, alla fine, il relatore ha ricordato che molti ebrei di tutto il mondo celebrano il loro matrimonio a Roma, consapevoli della bellezza del rito che si pratica nella capitale. E quindi si sono sentiti gli accordi gioiosi del Salmo-Halleluja, del Baruch Abbà e del conclusivo Salmo 82 che, nel lontano Rinascimento, un musicista mantovano, Salomone Rossi, intimo dei Gonzaga musicava nello stile del coevo madrigale monteverdiano.
Appena finito il concerto una rapida discesa per sant’Ercolano per raggiungere l’auditorium Marianum, la culla della scuola diocesana di musica sacra che fu voluta da monsignor Pietro Squartini, pronuba l’attenzione di donna Alba Buitoni, e che ebbe per decenni nel prete musicista don Francesco Spingola il degno continuatore.

Uomo religioso come può essere un figlio della Calabria bizantina, sacerdote mite e umano, musicista raffinato e competente, monsignor Spingola, insignito negli ultimi anni della dignità di Cavaliere del Santo Sepolcro, è scomparso appena tre anni fa, lasciando un vuoto che non può essere colmato, semplicemente perché non esistono più figure come la sua. Negli anni dopo la creazione del coro polifonico san Faustino, messo insieme quando quella porzione di città ancora non esisteva, Spingola ha propiziato imprese enormi come il completamento dell’opera omnia di Bach realizzata sul Mascioni da Jimmy Goettsche, ha dato vita a una serie di concerti che erano seguiti da un pubblico fedele, ha creato una prezioso rivista musicologia, Studi e documentazioni che per almeno un decennio ha garantito ha informazione ricca di preziose ricerche e, soprattutto, ha creato un concorso pianistico per bambini, il Piccole mani, che faceva convergere ogni primavera, in coincidenza del suo compleanno, frotte di giovanissimi, adolescenziali esecutori. Con risultati duraturi come ci ricorda Gloria Campaner, una esile ragazzina che si è fatta donna e suona in tutto il mondo. Recentemente anche da noi al Morlacchi, il Concerto di Grieg.
C’erano moti vecchi amici alla messa celebrata da don Francesco, a cominciare dalla storia segretaria dell’Auditorium Teresa Vagniluca e dal vecchio amico Odoardo Bussini, coinvolto nelle celebrazioni casimiriane del lontano 1982. Un sostegno musicale ha corredato il ricordo ecclesiale con l’organo di Patrizia Vescovo e due incredibili voci, il soprano Damiana Pinti e il basso Roberto Scaltriti, attuale docente al Morlacchi, una voce che gli ascoltatori dei grandi teatri hanno più volte sentito risuonare. Commozione all’uscita dalla celebrazione, quando il fratello Emanuele ha consegnato a tutti i i presenti una copia del libro celebrativo che un discepolo calabrese di don Ciccio, Leonardo R. Alario, ha voluto dedicare al musicista, allo studioso e all’uomo di fede. Quella panchina che mani amiche hanno voluto collocare nello spazio antistante l’auditorium deve ricordare a tutti alcune pagine di una storia che non si ripeterà.
Stefano Ragni