Economista post-keynesiano di orientamento euroscettico, allievo di Paolo Savona e docente universitario, Antonio Maria Rinaldi ha ricoperto incarichi di rilievo in diversi Istituti bancari e prestigiosi Enti pubblici. Eletto Eurodeputato Lega nel 2019, è risultato il secondo candidato più votato dopo Matteo Salvini.
Onorevole Rinaldi, in merito alla riforma del Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità) di cosa si discuterà il 16 marzo?
«Il 16 marzo è prevista la riunione dell’Eurogruppo, ovvero si riuniscono i ministri economici di 28 Paesi per dare il via libera all’unanimità, ovvero, se vi sarà accordo, inizierà l’iter di approvazione che avrà durata di un anno e potrà condurre alla ratifica definitiva da parte dei parlamenti nazionali. Si tratta del primo degli step previsti, quindi siamo soltanto all’inizio».
L’Italia ha un’allocazione di risparmi e capitali molto concentrata sui titoli di stato nazionali. Con la scusa dell’effetto contagio banche-governo, c’è un tentativo di smontare questa situazione?
«In effetti il discorso è molto più complesso. Il fatto che gli italiani abbiano storicamente una propensione all’accumulo del risparmio è fuori di ogni dubbio. Però, nella fattispecie, a proposito del Mes, non stiamo parlando di un nuovo strumento, bensì della revisione, con regole mutate, del precedente omonimo disposto. Il punto focale è che si vuole rafforzare l’ennesimo meccanismo automatico, cioè, alla fine i governi nazionali appaiono esautorati da qualsiasi forma di intervento, tanto che i propugnatori vanno avanti per la loro strada, anche in presenza di eventi straordinari quali il Coronavisus. Che i governi nazionali siano attualmente preclusi da qualsiasi tipo di intervento, è assolutamente da evitare, ma la scusa a sostegno di ciò è sempre l’impossibilità di riuscire a trovare un accordo comune: questa è la contro- risposta ad ogni obiezione! E’ quindi opportuno che si cerchi di prevedere una sorta di “freno a mano” per rallentare nel caso la strada non sia più dritta, come per l’appunto in casi del genere. Tornando al Mes, ci sono degli elementi fortemente critici in questo meccanismo che pone l’Italia – terzo paese per valore economico nell’Unione Europea – nella situazione paradossale di dover contribuire fino un massimo di 115 miliardi. Importi che, dietro richiesta, il nostro Paese dovrà rendere disponibili con un termine di 7 giorni, mentre, per le condizionalità previste dal trattato, non potrà mai accedere ai benefici previsti dallo stesso. È come un cane che si morde la coda! Speriamo che ora possa succedere qualcosa di nuovo a Bruxelles, in modo che il tutto sia rinviato».
Questa opzione costringe inoltre il Parlamento italiano ad approvazione di una legge finanziaria secondo il placet imposto da una “società privata”. Si tratta di un colpo inferto alla Costituzione?
«Non si tratta di un fatto nuovo del Mes, ma tutta l’architettura dell’Unione Europea si regge su questo principio; in realtà, in Italia, come negli altri Paesi aderenti, non esiste più la cosiddetta “camera” – che da noi è composta da Camera e Senato – ma esiste una “terza camera”, che non è certo il “Porta a Porta” di Vespa o il Parlamento europeo. La “terza camera” va intesa come quell’entità, composta dal Consiglio Europeo e dalla Commissione, che attualmente comanda in Italia, mentre Camera e Senato, ancora eletti dal popolo, non sono altro che i certificatori di quanto viene scelto dal terzo soggetto».
Tornando al cenno da lei fatto precedentemente alla contingenza del Coronavirus, qualora il sistema Mes divenisse effettuale, anche le spese per l’emergenza sanitaria agli altri Stati risulterebbero a carico dei risparmiatori italiani, i quali – paradossalmente – non riescono neppure a pagare le proprie?
«L’Unione europea ha fatto un’apertura in merito all’emergenza epidemica e lo stesso Dombrowski, vice presidente esecutivo della Commissione europea e “tutore” di Gentiloni, ha detto: “nei confronti dell’Italia terremo conto delle esigenze del Coronavirus”, ovvero vi pagheremo le mascherine (poi nemmeno quelle). Quello del Coronavirus, a prescindere dal problema sanitario, si configura come un’emergenza economica enorme e noi pagheremo i danni dovuti al blocco totale del Paese chi sa per quanto tempo! Studi americani di altissimo profilo dicono che in Italia, se dovesse perdurare ancora per un mese, un mese e mezzo questa situazione, il Pil scenderebbe a -5%! A questo punto i danni sono incalcolabili in moltissimi settori e non solo nel campo del turismo, quindi bisogna rimboccarsi le maniche e pensare a una moratoria – chiamiamola così – dei vincoli europei che ci bloccano con deficit al bilancio risibili rispetto a quello che serve veramente al Paese».
Esiste dunque il tempo e la possibilità di poter scongiurare la ratifica definitiva del Mes, nella sua forma attuale?
«Lunedì 16 marzo inizierà l’iter, ma è un percorso complesso, di cospicua durata e nel frattempo può succedere qualsiasi cosa, anche in funzione della crisi epidemica che oramai investe Europa e il Mondo intero. Siamo soltanto all’inizio e, quindi, possiamo aspettarci di tutto».
Marco Nicoletti