Di Marina Sereni – Pochi avrebbero scommesso sulla possibilità di fare in questa legislatura la riforma del Parlamento. Il risultato elettorale del 2013, con una delle due Camere priva di una maggioranza certa, segnalava una crescente sfiducia e protesta verso la politica e le istituzioni, in un Paese fortemente provato dalla crisi economica e sociale.
I primi passaggi dopo il voto rischiarono di precipitare il Paese in una crisi istituzionale senza precedenti, mostrando la difficoltà non solo a formare un governo ma addirittura ad eleggere il nuovo Capo dello Stato. Quando, dopo molte sedute senza esito, la maggioranza dei Grandi elettori rivolse il suo accorato appello al Presidente Napolitano, il quale accettò la rielezione dimostrando eccezionale spirito di servizio e amore per le istituzioni, in un'Aula tesa e sollevata per lo scampato pericolo, ascoltammo un discorso severo e inequivocabile.
Era il 22 Aprile 2013 e forse a qualcuno servirebbe risentire le parole che il Presidente Napolitano pronunciò in quella occasione.
A chi oggi mostra di avere la memoria corta dobbiamo ricordare quei momenti perché davvero il sistema istituzionale italiano ha rischiato l'implosione e la ragione di fondo della riforma costituzionale che oggi abbiamo definitivamente approvato sta tutta qui.
La democrazia moderna deve affrontare varie sfide: la globalizzazione, che ha indubbiamente indebolito gli strumenti politici su scala nazionale; i nuovi mezzi di comunicazione, che spingono le opinioni pubbliche a chiedere, e le leadership a dare, risposte immediate anche di fronte a problematiche che necessiterebbero tempi medi di riflessione e processi profondi di cambiamento; l'emergere di scandali e fenomeni di corruzione che logorano la credibilità delle classi dirigenti; l'acuirsi delle disparità tra chi ha troppo e chi ha troppo poco, figlie della più lunga crisi del modello capitalistico nel dopoguerra… In Italia a questi fenomeni si aggiungono i detriti lasciati dalla lunga transizione iniziata con la fine della Prima Repubblica: una partitocrazia senza partiti, una personalizzazione spinta della politica senza regole e strumenti adeguati, una contrapposizione ventennale tra berlusconiani e antiberlusconiani che ha di fatto impedito le riforme di cui il Paese aveva estremo bisogno per crescere di più e diventare più semplice e moderno. Ecco, in un momento di grande difficoltà, nel momento di massimo disagio nel rapporto tra i cittadini e le istituzioni democratiche, l'Italia riesce finalmente a varare una riforma del sistema parlamentare di cui si sta discutendo da decenni. Finalmente una sola Camera politica, un Senato delle autonomie, meno parlamentari, un percorso delle leggi più semplice e rapido, più chiarezza nei rapporti tra Stato e Regioni, abolizione di enti superati nei fatti come il CNEL e le province. E' una riforma che si muove nel solco di posizioni lungamente discusse non solo nel centrosinistra ma anche negli altri schieramenti e che solo un pregiudizio polemico può considerare tutta negativa. Come hanno giustamente ricordato il presidente Renzi e il capogruppo del PD Rosato sappiamo che può non essere la riforma perfetta. Ma è senza dubbio una svolta storica e positiva per la vita istituzionale del nostro Paese e all'appuntamento con il referendum siamo convinti che i cittadini italiani sapranno accogliere con favore questo importante cambiamento.