E’ stato firmato l’accordo per la realizzazione sul tetto del Museo paleontologico di Piegaro di un impianto fotovoltaico da 32 KW, donato da Enel. Si tratta di un intervento previsto dal protocollo d’intesa del 2019, finalizzato al contenimento dei costi energetici.
Lo hanno annunciato i sindaci di Panicate, Giulio Cherubini, e di Piegaro, Roberto Ferricelli nell’ambito della presentazione da parte della multinazionale dell’energia del progetto di potenzia mento dell’impianto di Pietrafitta.
«Intanto riferiscono i primi cittadini come Enti locali stiamo facendo la nostra parte, lavorando alla completa riconversione dell’area che abbraccia la vecchia centrale, oggi di proprietà di Valnestore Sviluppo. In particolare, attraverso il Consorzio Consernegia Green abbiamo creato uno strumento di dotazione finanziaria e di progettazione che contribuirà al rilancio dell’area».
Museo Paleontologico – Pietrafitta
Il Museo Paleontologico “Luigi Boldrini” di Pietrafitta conserva al suo interno un’importantissima collezione di fossili, tesoro di inestimabile valore scientifico, soprattutto per il numero di specie rinvenute e considerata uno dei più ricchi e importanti patrimoni paleontologici a livello europeo.
La struttura ospita i resti fossili rinvenuti nel bacino che circonda l’alta valle del fiume Nestore.
Il Museo prende il nome di colui che negli anni sessanta, ispezionando sistematicamente e continuamente gli scavi, in qualità di assistente capoturno di Miniera, iniziò a costituire la prima raccolta paleontologica, Luigi Boldrini; la cui passione può essere pienamente colta dai suoi stessi scritti: “Capii subito che erano ritrovamenti interessanti e così cominciai ad appassionarmi alla ricerca e al recupero dei fossili. Quando riaprì la miniera di Pietrafitta, ritornai al mio lavoro con la qualifica di assistente Capo Turno di miniera. Lo feci con un altro spirito, con l’occhio sempre fisso sui banchi di lignite dove lavorava la macchina escavatrice per individuare qualche resto fossile.”
La collezione di resti fossili delle ligniti quaternarie di Pietrafitta, è ora costituita da alcune migliaia di campioni ed è divenuta nel suo genere una della più importanti raccolte attualmente conosciute in Europa. L’attività mineraria sviluppatasi nel Bacino di Pietrafitta, con il suo bagaglio di “archeologia industriale”, intesa non solo come storia delle opere e dei macchinari utilizzati dall’industria, ma soprattutto come vicende di quanti hanno lavorato nella miniera e quindi storia sociale di un particolare ambito industriale e geografico, costituisce un ulteriore elemento a riconferma dell’importanza culturale dell’area.
Pietrafitta e i suoi fossili – Secoli di storia
Le ligniti di Pietrafitta sono parte della successione del Bacino di Tavernelle che circonda l’alta valle del fiume Nestore, nella parte centro-occidentale della Regione Umbria.La deposizione delle ligniti ebbe inizio durante il Pleistocene inferiore, probabilmente in seguito ai movimenti tettonici che causarono l’elevazione del delta del paleo Nestore e la conseguente formazione di molti piccoli bacini caratterizzati da facies di acque dolci stagnanti.
I depositi lignitiferi sono in gran parte costituiti da materiale erbaceo, tra cui predominano i rappresentanti delle famiglie Cyperaceae e Graminaceae. Il paleoambiete deposizionale, era probabilmente costituito da aree paludose, sviluppate ai margini di un bacino lacustre e caratterizzate da un’abbondante produzione di materiale organico (marshland).
Verso la fine del Pleistocene successive attività tettoniche causarono la fine della sedimentazione palustre e l’inizio di un ciclo erosivo.I depositi organici di Pietrafitta hanno restituito numerosi resti fossili di vertebrati, invertebrati, macroflora e materiale pollinico. I mammiferi rappresentano attualmente la parte più cospicua della collezione, con una grande varietà di specie. Inoltre, sono abbondanti i resti di varie specie di uccelli, tra le quali ricordiamo in particolare Anatidi del Genere Cygnus e Somateria, e di rettili (ad es. Emys orbicularis) ed anfibi (Genere Rana e Bufo). Recentemente sono stati recuperati anche tracce e resti di insetti (Coleotteri, Odonati, Neurotteri e Lepidotteri). L’associazione a mammiferi può essere riferita all’Unità Faunistica di Farneta, Pleistocene inferiore (1,6 – 1,4 milioni di anni fa).