Gli 800 infermieri che assistono i pazienti Covid anche a domicilio lamentano il fatto che devono fare i conti con la carenza di presidi di protezione individuale, vale a dire mascherine e guanti. In più chiedono una vera e propria sorveglianza sanitaria programmata su chi è in prima linea: vale a dire almeno un tampone ogni quindici giorni, non un tantum.
A dare voce alle richieste è Palmiro Rinagelli, presidente dell’ordine delle professioni infermieristiche della provincia di Perugia, che chiede ulteriori misure di protezione per i suoi colleghi. “Ci sono numerosi operatori positivi”, spiega sulle colonne del Corriere dell’Umbria. “Il numero in costante aumento ci fa pensare che qualcosa di più deve essere fatto. Il dato di oltre 112 operatori sanitari contagiati in Umbria deve far riflettere. Probabilmente verrà allargato il perimetro dei dei tamponi e questo è un ulteriore elemento di sicurezza. Ma serve soprattutto un monitoraggio continuo dei nostri operatori. Non risultare infetto oggi non vuol dire che non lo si possa diventare nei giorni a seguire. Se, come dicono gli esperti, non ha senso fare un tampone prima di 96 dal contatto, così come dopo 16 giorni, noi infermieri chiediamo di poter fare un tampone ogni due settimane, in modo costante nel tempo, a prescindere dai contatti, per tutti gli operatori che si occupano di pazienti a rischio. Per il bene loro, delle loro famiglie e degli stessi assistiti”.