Le accuse sono di peculato e falso, continuati e in concorso, per il magistrato Antonella Duchini e i due esponenti dell’Arma, tutti indagati, per fatti dal 2002 al 2009.
“I soldi delle consulenze redatte con firme false, uscivano dalla Procura e passavano dal un carabiniere all’altro. “Conferite” dall’ex procuratore aggiunto Antonella Duchini alla compagna di un militare del Ros, Fabio Sinato. Poi finivano in parte al collega (all’epoca) Orazio Gisabella, “sentimentalmente legato” a Duchini”.
E’ questa la ricostruzione della Procura di Firenze per uno dei quattro casi di peculato ipotizzati nella terza (in ordine di tempo) inchiesta fiorentina a carico di Gisabella, oggi in congedo per motivi di salute, e Duchini, trasferita dal Csm alla Corte d’appello di Ancona.
La ricostruzione arriva dopo il primo fascicolo per abuso e rivelazione di atti d’ufficio, leggi “faida Colaiacovo”, e il secondo sulla presunta corruzione nel caso Rizzuto.
I pm fiorentini Luca Turco e Leopoldo De Gregorio hanno chiesto di sentire Sinato il 24 dicembre scorso. Il militare, difeso dall’avvocato Emma Contarini, ha chiesto e ottenuto un rinvio. Le
Indagini procedono.
La procura di Firenze, guidata dall’Aggiunto Luca Turco, contesta ad uno dei suoi ex luogotenenti, Orazio Gisabella e alla stessa Duchini, il reato di falso commesso da pubblico ufficiale e di peculato, proprio in relazione a somme versate a dei consulenti, vale a dire ad un chirurgo estetico, parente dell’ex luogotenente Orazio Gisabella e alla compagna, di professione estetista, che avrebbero corrisposto all’ex Ros parte dei pagamenti per 400mila euro complessive delle consulenze affidate loro da Antonella Duchini, all’epoca pm e poi procuratore aggiunto a Perugia.
I mandati sarebbero stati firmati anche con firme apocrife, dopo che Gisabella aveva indicato i consulenti e predisposto tutti gli atti necessari per gli incarichi.
Sarebbero stati gli stessi consulenti individuati dai magistrati fiorentini a disconoscere le firme in calce ai mandati e a spiegare il meccanismo illecito nascosto dietro le prestazioni lavorative per la procura perugina. Compensi che sarebbero andati da 216mila a 19mila euro.
Nelle varie tranche dell’inchiesta sono sono indagati altri due carabinieri, oltre allo stesso Gisabella, alla Duchini, all’avvocato Pietro Gigliotti e all’imprenditore Valentino Rizzuto.
Al nome di quest’ultimo è legata l’accusa di corruzione in atti giudiziari. L’accusa più grave contestata al magistrato umbro. Secondo la ricostruzione accusatoria Rizzuto avrebbe corrisposto 108mila euro, oltre a viaggi costosi all’estero, al luogotenente mentre l’allora procuratore aggiunto avrebbe compiuto atti contrari ai propri doveri d’ufficio attraverso «la favorevole definizione per il Rizzuto» del procedimento a suo carico per associazione per delinquere e truffa e per «l’aver facilitato la favorevole definizione per il Rizzuto» del procedimento per bancarotta, pendente presso la procura di Roma. Uno strano intreccio di memorie tra pm, avvocati e coindagati finito nel mirino della procura fiorentina.