di Francesco Castellini – Il canto di Abir Nasraoui ha il potere di carezzare l'anima. La sua voce, strumento sofisticato e perfetto, è modulata da mille sfumature, e sempre mantiene in sé la forza inarrestabile di un fiume in piena, carico di emozioni. Bello il suo “Au choeur du Soufi”, che fa viaggiare l'ascoltatore in mondi paralleli, teletrasportandolo in un lampo lì dove le differenze fra gli uomini non esistono, dove il male è sconosciuto, dove regna solo la bellezza di quel suono che tutto avvolge e che fa sentire tutti più buoni e vicini.
Forse per questo il concerto tenutosi nella chiesa di San Bevignate a Perugia è uno dei più belli di questa 71esima Sagra Musicale Umbra. Proprio perché il più rappresentativo dello spirito stesso di un Festival nato sotto il segno dell'amore fraterno, che fin dal suo esordio ha puntato a dare voce alla forza che unisce, liberando quelle onde sonore che avvolgono e trasportano la mente in una dimensione bella, quanto ambita, quanto sconosciuta, quella che in altri termini è definita “la materia con cui sono fatti i sogni”.
Un canto che è dunque un peregrinaggio nel luogo dove tutto è sacro, immacolato, innocente e puro, dove gli uomini sono tutti figli di un Dio unico padre, misericordioso, generoso e grande. Nella bella cornice della chiesa templare sabato è risuonata così la musica dello spirito, note tratte direttamente dal patrimonio Arabo e Occidentale, ispirate direttamente dalla tradizione Sufi, a cui Abir ha saputo aggiungere quel tocco che le rende universali, patrimonio pregiato dell'umanità intera.
Lei, nata a Tunisi in una famiglia molto musicale, ha dedicato tutta la sua vita al canto, e dopo aver conseguito il baccalauréat ha proseguito i suoi studi al Conservatorio Nazionale di Tunisi, dove ha approfondito le tradizioni secolari della musica sefardita arabo-andalusa, sempre alla ricerca di orizzonti più ampi. Poi, trasferita a Parigi, dove si è diplomata alla Sorbona in etnomusicologia, ha continuato a perfezionare e a raffinare le sue doti naturali, fino a che, il contatto con le tradizioni di mondi musicali tra i più diversi ha indotto l’artista a sviluppare uno stile espressivo molto particolare, un “amalgama” che rappresenta un punto d’incontro tra le varie culture, le varie coste sudorientali del Mediterraneo e lidi ancora più lontani. Musiche e suggestioni che hanno trovato un'eco perfetta tra le affascinanti e storiche mura della chiesa templare di San Bevignate.