di Adriano Marinensi – Giacomo Porrazzini, nel mensile LA PAGINA del mese di maggio, ha espresso un giudizio severo sul metodo di costruzione tecnico – politico del PNRR, in Umbria. A suo giudizio non si è tenuto conto delle indicazioni e degli obiettivi presenti nell’Agenda ONU 2030 per una corretta base conoscitiva delle necessità regionali. E’ pure mancato “un processo partecipativo e decisionale democratico ed espressione di interessi generali”. Ha poi spiegato quali siano i meccanismi di indagine oggi esistenti nell’Agenda per verificare il grado di validità di un progetto. Era questo l’intento esplicitato su un alto livello di informazione.
La mia intenzione è cercare di capire quale fine abbia fatto, a Terni, il processo partecipativo del quale l’ex Sindaco giustamente parla. Quell’innovazione fu idea e metodo usati per conoscere esigenze e proposte delle componenti sociali e dei cittadini, al fine di dare profilo popolare agli atti amministrativi locali ed alla legislazione regionale. Sono andato a rileggere un documento approvato, nel lontano 1985, dal Consiglio comunale di Terni, quando ebbi la ventura di farne parte: ha per titolo Carta della democrazia, dei diritti e dei doveri. Facciamo allora un esame di quanto è rimasto attuato della Carta e dei principi che animarono quello che chiamammo il metodo nuovo di fare politica.
E valutare l’esistenza e l’efficacia del confronto permanente tra Amministratori e amministrati che, a Terni come altrove, deve dare contenuto alla democrazia, in un tempo di trionfo dei mezzi di comunicazione. Si tratta di capire se, ancora oggi, il Governo dell’Ente locale mantenga quel filo diretto con la cittadinanza che si chiama appunto collaborazione e in quale misura le proposte avanzate dalle forze attive, dal mondo culturale e del lavoro, dalle componenti giovanili, dalla base sociale entrino a far parte dell’attività di pubblica amministrazione. Valutare se il rapporto tra il Palazzo (Spada) e la platea generale sia efficace e produttivo oppure il Palazzo, dal punto di vista in oggetto, sia diventato un Castello medievale con il fossato attorno e il ponte levatoio alzato.
Non è peregrino affermare, sulla base di una attenta analisi dello stato dell’arte, che, da qualche anno ad oggi, a prevalere sia la seconda ipotesi. Se l’intento, del quale appena sopra ho fatto cenno, era di trasformare le situazioni di disimpegno civile in una collettività protagonista del suo sviluppo complessivo, questo obiettivo, a Terni, non sembra raggiunto; anzi da esso ci siamo allontanati. Per di più, mentre il baccano nelle strade è aumentato, regna altrove un “peccaminoso” silenzio delle classi dirigenti nel fare politica ed amministrazione. Certo è che per dare qualità alle forme di attuazione della democrazia è indispensabile sensibilità ed esperienza, oltre a notevoli aperture intellettuali. E capacità di guardare oltre i confini del Municipio ed essere costruttori di coesione per sollecitare nuove coscienze comunitarie.
Uno dei mali della politica, che, alla lunga, diventa incurabile, è la tolleranza della mediocrità, causa prima di accidia di fronte ai problemi e incapacità di soluzione. Nella Carta appena citata vengono sanciti i diritti ed i doveri che favoriscono la gestione partecipata in diversi campi di attività come i servizi pubblici sul territorio, la tutela dell’ambiente e della sanità, le forme associative, la solidarietà e tanto altro ancora. Un sistema di coinvolgimento che accresce l’efficienza della macchina pubblica, pure attraverso aperture di natura intellettuale. C’è anche l’esigenza di garantire al popolo sovrano il diritto di controllo sulle attività del governo locale che non sia ridotto al giudizio espresso, una tantum, nell’urna.
La situazione attuale impone un monitor sempre acceso sulle conseguenze del terremoto sociale generato dalla crisi economica conseguente alla emergenza sanitaria: in questo forte impegno l’Ente locale è chiamato a svolgere un ruolo che massimizzi l’apporto di tutte le forze in campo, attraverso accelerazioni che rendano la politica protagonista nobile. Per esempio, ci saranno rilevanti riconversioni nel settore dell’occupazione per alleviare l’impatto negativo sul tenore di vita di tante famiglie: ad assumere una dimensione strategica sarà la formazione professionale che avrà bisogno di interventi non marginali nell’applicazione delle tecnologie. Si tratta di un salto in alto che ha bisogno di strumenti formativi di avanguardia, raccordati con le esigenze del marcato del lavoro locale, oltre che con l’alta cultura, semmai si dovesse decidere il rilancio del Polo Universitario e della ricerca scientifica a Terni. Ma questa è soltanto una citazione.
Nel complesso, abbiamo di fronte salite arcigne da scalare e una impresa straordinaria da compiere. Le nuove sofferenze sociali chiedono immediato soccorso; però in maniera programmata e non solo assistenziale. Si impone una proposta di adeguato livello, disponibile al sistematico confronto con la città e tutte le sue componenti; un metodo certamente diverso dall’attuale che mostra aspetti di debolezza progettuale ed esecutiva. Occorre rimuovere ogni ostruzione (pure burocratica), sempre provocata da insufficienza di idee e alimentare invece la spinta mutualistica in grado di restituire significato alla partecipazione responsabile. In tutto ciò, il Governo locale (e non di meno i Partiti) è soggetto di importanza primaria e protagonista. Non siamo vicini alla meta e per questo mi sono permesso di estremizzare l’immagine scrivendo che il Palazzo (Spada) sembra un Castello con il ponte levatoio alzato.