Di Walter Leti – A palazzo Cesaroni si è svolto nella sala un incontro tecnico su un tema che in questi giorni sta coinvolgendo l’intero Paese a tutti i livelli, con un’intensità di dibattito raramente registrata in passato.
Parliamo del Referendum Costituzionale che il prossimo 4 Dicembre, qualunque sia l’esito del voto, segnerà un punto di svolta fondamentale per l’ordinamento delle nostre Istituzioni con rilevanti ricadute a livello politico. L’incontro, organizzato dall’Avv. Fiammetta Modena del Comitato per il No, si è proposto di fornire elementi di oggettiva chiarezza su una materia che si presta inevitabilmente a diverse valutazioni con conseguenti roventi polemiche.
Si inizia alle 18, la splendida sala Brugnoli è gremita oltre le previsioni: comuni cittadini, addetti ai lavori, figure istituzionali siedono attenti. Fra essi il giovane Sindaco di Perugia Andrea Romizi. Vengono presentati da Fioretta Modena i due relatori: l’Avv. Salvatore Sfrecola, già Presidente di Sezione della Corte dei Conti e il Dott. Daniele Cenci, Consigliere della Corte di Cassazione che ha illustrato gli aspetti più propriamente tecnico-giuridici del tema in oggetto. Dell’Avv. Sfrecola: la prima considerazione sul ruolo che la Costituzione riveste in quanto legge fondamentale del nostro ordinamento, una carta che rappresenta l’intera Nazione e ne esprime gli ideali e le conseguenti regole di civile convivenza. In quanto tale essa deve essere il frutto dell’apporto e condivisione dell’intera classe politica. La nuova Costituzione, continua l’Avv. Sfrecola, è ben lontana dall’avere questa irrinunciabile connotazione.
Gli stessi fautori del Sì ne riconoscono i limiti argomentando che, comunque, “è meglio di niente”. Un’assurdità, secondo l’oratore che ricorda come la stesura della vigente Costituzione fu approvata dall’Assemblea Costituente nel dicembre 1947 ed entrò in vigore nel 1948 grazie alla larghissima convergenza di forze politiche fra loro fieramente contrapposte. Ci si riferisce in particolare alla Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi e al Partito Comunista di Palmiro Togliatti. A quanto sopra occorre aggiungere il fatto che, essendo stato l’attuale governo eletto con la legge elettorale nota come Porcellum, dichiarata illegittima con sentenza n. 1 /2014 della Corte Costituzionale, il suddetto governo sarebbe dovuto rimanere in carica per il semplice disbrigo degli affari correnti. Altro che mettere mano alla riforma della Costituzione.
Passando alle tesi del Sì, l’argomento preferito dai fautori è che con la fine del bicameralismo perfetto si elimina quel ping pong Camera-Senato-Camera che comporta un iter faticoso e farraginoso per l’approvazione delle leggi. Si otterrebbe, inoltre, con l’abolizione delle attuali attribuzioni del Senato, una riduzione numerica dello stesso con un cospicuo risparmio sui costi della politica e una maggiore agilità e speditezza dell’iter legislativo. L’Avv. Sfrecola liquida l’argomento senza mezzi termini. “E’ una balla”, afferma. Poi spiega: Il bicameralismo è presente ovunque, è perfetto negli USA e in Svizzera, differenziato in altri Paesi. Non è vero che causi lentezza, altrove con due camere si decide in fretta , dipende solo dall’accordo. Quanto ai presunti risparmi sui costi della politica sono state buttate là delle cifre in libertà, prima un miliardo di Euro, poi 500 milioni mentre la Ragioneria dello Stato ha quantificato il risparmio in ragione di 50 milioni. C’è da chiedersi piuttosto, afferma Sfrecola, perché non sia stato ridotto il numero dei deputati. Sono 630, 200 in più rispetto agli Stati Uniti che hanno 381 milioni di abitanti.
Quanto al nuovo Senato, la critica si fa ancor più serrata. Sarà composto da brave persone, almeno si spera, elette per fare altre cose, vale a dire i Consiglieri Regionali o il Sindaco. Saranno soggetti che lavoreranno a mezzo servizio giungendo a Roma 2-3 volte a settimana pur avendo notevoli impegni a casa loro. Questi personaggi non rappresentano nessuno, non sono eletti dal popolo. Altro tema rilevante, fonte di forti divergenze fra le forze politiche, è il rapporto intercorrente fra la Legge Costituzionale e quella Elettorale, il cosiddetto “Combinato Disposto”. I sostenitori del Sì sostengono l’indipendenza delle due leggi negandone una significativa correlazione. I fautori del No, al contrario, parlano di “sistema” fra le due leggi. Ritengono, questi ultimi che, se si va a modificare sostanzialmente l’architettura del Parlamento, concentrando, in buona sostanza, in un’unica Camera il potere di emanare leggi, occorrerà prima avere chiarito in quale modo verrà determinata la composizione della suddetta Camera. Il meccanismo individuato è il seguente: il partito che supererà in prima battuta la soglia del 40% del consenso dei votanti avrà subito un premio di maggioranza che gli consentirà di acquisire il 54% dei seggi (340 parlamentari) in nome della governabilità. Una comoda maggioranza assoluta. Se nessuno dei partiti in lizza raggiunge la suddetta percentuale sarà il ballottaggio fra prima e seconda formazione politica a stabilire chi, sia pure con un esiguo 25% dei consensi totali, potrà accedere alla maggioranza assoluta con un numero di parlamentari largamente superiore a quanti scelti dal popolo. Un meccanismo che ridurrebbe sostanzialmente il tasso di democrazia nel nostro Paese. Prova della verità il prossimo 4 Dicembre. Non c’è quorum.