di AMAR – Credo capiti a molti, come è capitato a me, di leggere i giornali e imbattersi in vocaboli, che hanno invaso il parlare quotidiano, dei quali è incerto il significato.. Allora, invece di farlo di volta in volta, per alcune di queste parole sono andato a fare un giro tra le pagine dell’enciclopedia, per cogliere un numero limitato di esempi. Innanzi tutto, cosa significa COVID – 19? E’ l’acronimo che sintetizza l’espressione CO rona VI rus D (in inglese D isease – malattia), 19 l’anno di inizio delle mondiali disgrazie. Poi, l’altra espressione regina, usata ed abusata, cioè lockdown. Va divisa in due parti: lock uguale chiave e down che vuol dire giù; nello specifico, la traduzione prevalente è confinamento, ad indicare la condizione di difesa totale dal virus.
E il virus si porta appresso la pandemia (dal greco pan – demos) a specificare una epidemia grave e contagiosa, estesa in una pluralità di Paesi e Continenti. Un “modello” calzante e a noi prossimo, può essere la “spagnola” (1918 – 20) che uccise milioni di persone, riducendo del 10% l’aspettativa di vita. A differenza di oggi, colpì soprattutto giovani e adulti in buone condizioni fisiche. Una catastrofe che fece vittime persino nelle isole sperdute del Pacifico e piccole comunità dell’Artico.
Le conseguenze di una aggressione sanitaria, subito dopo quelle riguardanti la salute, sono di carattere economico. Il significato della parola inflazione è abbastanza noto; un po’ meno deflazione, il suo contrario, che si realizza con l’abbassamento dei prezzi di beni e servizi. Costringe le aziende a comprimere i costi di produzione, compreso il costo del lavoro. Nel caso si rischia la recessione quando il PIL, anziché crescere, diminuisce e la tendenza al ribasso è confermata per più mesi. Quando si parla di imprese e di occupazione, compaiono le parole produzione e produttività: sembrano sinonimi, invece no. La produzione è l’insieme delle merci fabbricate, mentre la produttività misura la quantità di lavoro necessario per produrre l’unità di un bene. Nei discorsi sull’economia entra sovente il PIL (Prodotto Interno Lordo). E’ costituito dal valore complessivo dei beni e servizi prodotti da un Paese durante un certo intervallo di tempo. Costituisce fattore rilevante, spesso posto tra gli indicatori dalle Agenzie di rating. Le quali, se ti abbassano il rating, come accaduto talvolta all’Italia, te la passi male.
Dicesi rating (alla Fantozzi) il principale metodo utilizzato per indicare l’affidabilità dei titoli obbligazionari emessi da un Paese. Quando scende il rating, aumenta il premio per il rischio e quindi occorre pagare uno spred maggiore. Ecco appunto lo spred. E’ scritto in inglese e si traduce in italiano con “ampiezza”; misura la differenza tra i rendimenti dei Titoli di stato di due Paesi. Nel nostro caso, tra i decennali di Germania e Italia. Emettere una quantità notevole di BOT, CCT, BTP comporta l’aumento del debito pubblico. Se non si riesce più ad onorare il pagamento degli interessi ed a rimborsare i titoli alla scadenza, lo Stato può finire in default. In economia, è l’incapacità patrimoniale di un debitore di soddisfare le obbligazioni contratte con soggetti finanziari d’ogni genere compresi i cittadini risparmiatori. Ed emerge l’immagine indecorosa dello Stato bancarottiere.
C’è una attenzione da segnalare. Nei periodi di crisi economico – finanziaria, come l’attuale, entrano in campo i soldi sporchi delle organizzazioni criminali in pronto soccorso usuraio (alias “cravattaro”) alle azienda entrate in difficoltà. Organizzazioni che, in Italia, hanno appellativi atavicamente folkloristici. Oltre alla mafia, conosciuta in mezzo mondo, da considerare la “casa madre”, noi abbiamo la camorra in stile partenopeo, la ‘ndrancheta di origine calabrese e ancora la ‘ndrina, termine derivato (forse si, forse no) da malandrina. Quanto ad armamenti, nell’epoca moderna, hanno fatto passi avanti, sino ad abbandonare il fucile simbolo, da sempre la “lupara” che deriva il suo nome (però questa è solo una mia idea) da “lupara disu”, dove lo schioppo a canne mozze in tanti ne ha mandati, spesso e volentieri.
Sopra il piramidale grado di idiozia accreditabile ai signori negazionisti del virus, che vanno in piazza a difendere la libertà (lasciatela strare che è valore nobile!), meglio stendere un pietoso lenzuolo bianco. Anche sopra coloro che si infiltrano tra le fila dei protestanti legittimi: sono i professionisti della gazzarra violenta. Per loro, al pari dei cretini, la mamma è sempre incinta. Sia si chiamino black bloc, sia no global, sia no tav; senza escludere i no vax da ricovero psichiatrico urgente. Stava per sfuggirmi il ritorno di fiamma del coprifuoco notturno che ha eliminato tanti perdigiorno. Richiama la pratica intelligente di mia nonna che, la sera copriva i carboni ardenti nel grande camino di casa con la cenere e, al mattino, li scopriva per riattizzare il fuoco.
Oltre alla malavita più o meno organizzata, sempre in momento di crisi, potrebbe entrare in campo pure la “burocrazia deviata”. Quella che ci mette poco a commettere reati di pessima moralità: corruzione e concussione. Differiscono appena tra loro, ma caratterizzano colpe gravi nella P. A. La corruzione si ha “quando il Pubblico ufficiale, per compiere un atto contrario al dovere d’ufficio, riceve denaro o altra utilità”; la concussione si concretizza da parte del Pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio che, abusando della propria posizione, costringe il cittadino a dare o promettere denaro. Denaro illecito è pure quello che dorme indisturbato nei paradisi fiscal, i Paesi della cuccagna, molto attraenti per i capitalisti con il vizietto della frode fiscale. L’attrazione consiste nell’offerta di rendite privilegiate oppure custodie insindacabili che pongono il malandrino al sicuro dall’Erario “domestico”.
Finiamola qui, perché voglio lasciarmi lo spazio per segnalare una notizia recente: “E’ operativo il gasdotto TAP” (Trans Adriatic Pipeline). Si tratta dell’ultimo rospo ingoiato dagli ortodossi del Movimento 5 Stelle, i quali pure a questa grande opera hanno fatto la guerra e l’hanno persa. Il Tap è il segmento finale di un tubo lungo 3.500 km che porta il gas dal Mar Caspio al “tacco” del nostro stivale e di li in Europa. La proprietà del gasdotto – 10 miliardi di mc l’anno, per 7 anni di lavoro – appartiene a Italia, Inghilterra, Spagna, Svizzera e Azerbaigian. Un’opera destinata ad alleggerire la dipendenza dell’Occidente dai giacimenti russi.
I penta stellati, avevano pronunziato un NO maiuscolo e altisonante. Invece è stato SI. Lo stesso NO e lo stesso SI che ha riguardato la TAV Torino – Lione: come il matrimonio tra Renzo e Lucia, dissero, “non s’ha da fare” (assolutamente!), invece si sta facendo. Anche l’altro tra Atlantia ed Autostrade andava “divorziato” subito e al posto dell’ex ILVA di Taranto ci volevano fare un parco verde. Nulla, sin’ora è accaduto. Insomma, i rospi (politici) tanti, le ranocchie poche. Cari 5 Stelle dovrete farvene una ragione: il tempo dei “vaffa boy” è passato. Gli italiani non vi amano più.