Di AMAR – Questa prima parte di buona stagione, a differenza di altre in anni passati, ha offerto al racconto vicende, episodi e notizie, tante degne di un richiamo, seppur fugace, alla memoria. La precedenza assoluta spetta al Moscagate che sta inguaiando le “camicie verdi” (da qualche tempo tendenti al nero) e il loro Demiurgo platonico. Lui, il Demiurgo, in principio, ha tentato di buttarla sull’ironico, mettendoci una pezza a colore, risultata però più vistosa del buco.
La calunnia sarà pure un venticello, ma se i fatti fossero veri, sarebbe un dissestante tsunami politico. Che, alla prossima occasione di voto, potrebbe far ricredere molti elettori,almeno quelli di parte cattolica, i quali hanno dato incauto sostegno al sovranismo sciovinista. Che anacronismo bizzarro! Professare una fede che ha tra i suoi valori la fratellanza, la solidarietà, la pari dignità d’ogni persona ed origine ecc., ecc. e poi simpatizzare per chi lancia anatemi assoluti contro gli invasori (neri) dei sacri confini della patria. Insomma, l’acqua santa si è messa a tifare per il diavolo. Sull’argomento, il gesuita Padre Bartolomeo Sorge si è espresso così: “Come le leggi razziali del 1938 furono accolte da un clima di indifferenza collettiva, così anche il Sicurezza bis e la politica delle chiusure – entrambi apprezzati da alcuni credenti – mostreranno in futuro la loro disumanità.” Dentro lo scontro tra il Capitano verde e la Capitana Carola, si è inserito, di sguincio, il Sottosegretario Spadafora, giudicando sessisti gli insultanti epiteti del Vicepremier e promotori di un clima di attacco ai diritti delle donne. E il Capo politico dell’alleato di Governo a chiedere la nomina di una Commissione per fare chiarezza sull’ingombrante impiccio con l’orso russo.
Dalle parti di Arcore e sulla testa impomatata del signor Cavaliere spirano venti di fronda. L’ex delfino Giovanni Toti si è messo in proprio e pare intenzionato a rivoltare il partito azzurro come un pedalino. Tanto da annunciare una nuova rivoluzione d’ottobre (il prossimo ottobre). Ha convocato una convention numerosa, nient’affatto gradita all’anziano “capoccia”. Ad ascoltare l’irrequieto, c’è andato pure Vittorio Sgarbi. Ha concluso lapidario : “Meglio Totti che Toti.” Per Silvio una gatta da pelare. Da scuoterlo alla stregua della stangata tra capo e collo capitatagli all’indomani del divorzio da lady Veronica Lario. Dovette scucire fior di milioni e fu un salasso economico doloroso. Surclassato da quello che, nei giorni scorsi, ha investito il proprietario di Amazon, Jeff Bezos: dopo 25 anni ha licenziato la consorte con una buonuscita valutata circa 38 miliardi di dollari. Non è caduto in povertà, perché di miliardi gliene sono rimasti un centinaio.
La Roma dei Cesari, della storia civile e dei richiami d’arte, si è presentata, durante le recenti settimane, in una veste non certo adatta alla promozione culturale e turistica: accerchiata dalla putrida “monnezza”, sopra la quale brulicavano ratti più grossi dei gatti, risaliti a centurie dalla cloaca massima. Il trionfo dell’incapacità amministrativa che si è messa, con impegno, a danneggiare l’immagine della capitale italiana e, conseguentemente, dell’intero Paese. Con i gabbiani a farla da padroni nel cielo dalla Caput mundi ormai inselvatichita anche nei rapporti umani. Uccelli gagliardi e sibilanti, naturalmente amici del mare, convenuti a pastura su quella immensa discarica municipalizzata, onde aggiungere un tocco di colore al panorama faunistico capitolino. Per dirla in breve: la grande bellezza diventata la grande, degradante vergogna.
Un po’ di fortuna l’hanno avuta i romani abitanti lungo le strade percorse dal corteo di Vladimir Vladimirovich Putin, in visita ufficiale. Rifiuti ovviamente spariti, per offrire bellavista al corteo delle trenta auto al seguito dell’eccelso Uomo di Stato, sceso a Fiumicino dall’aeroplano presidenziale, valutato 70 milioni di euro. L’auto dell’augusto ospite qualcuno s’è presa la briga di misurarla: circa sei metri di lamiere corazzate. Un bunker ambulante a prova di lanciafiamme.
A Montecitorio, nell’aula della Camera (alta) è andato in scena un siparietto (basso). Un deputato di Fratelli d’Italia si è tolta platealmente la giacca, contravvenendo all’atavica etichetta ed alla solennità del luogo. Era un atteggiamento provocatorio per rivendicare le pari opportunità alla rovescia. Nella calura, imparimenti combattuta persino dall’aria condizionata, l’Onorevole contestava l’abbigliamento di talune colleghe che – a suo dire – “si presentano in aula come se andassero in uno stabilimento balneare a chiedere due sdraie e un ombrellone.” Per dirla alla maniera di Cicerone, versus le Catiline scostumate: “Quo usque tandem abutere patientia nostra?”
Intanto l’Italia, all’esame europeo, è stata rimandata a settembre come s’usava fare, nei lontani miei tempi liceali. Chi finiva sotto giudizio per carenze in qualche materia, doveva studiare durante le vacanze e ripresentarsi al giudizio dei professori. Poteva essere promosso in seconda battuta oppure bocciato definitivamente. Per un Paese, un Governo ed un Popolo che si ritrovano nel ruolo analogo degli studenti poco studiosi e costretti a riparare in autunno, non è certo lusinghiero nel quadro della credibilità internazionale. Pare sia stato decisivo l’impegno assunto dal Governo giallo – verde a rispettare il buon costume amministrativo. Cioè, in futuro “studieremo” di più.
A proposito di Unione Europea e di nuove nomine nelle sommità istituzionali, il Bel Paese (che di incarichi ne aveva tre e di elevato prestigio) per poco non rimaneva a piedi scalzi. Un alto seggio l’ha beccato con Davide Sassoli, eletto alla Presidenza dell’Europarlamento. Ai sovranisti – populisti ringhiosi di casa nostra, recenti assaltatori delle urne al grido (nostalgico) di: l’Europa a chi? A Noi! A costoro, praticamente è andata – almeno al primo giro – quasi buca. Fabio Castaldo, cui hanno assegnata una Vice Presidenza è un 5 Stelle e Sassoli rappresentante del P. D. Emilio Fede avrebbe detto: “Che figura di …” E si, i pifferai che scesero per suonare, rimasero suonati.
Però, che “soggetti” curiosi questi sovranisti italici, tutti impegnati a favore (e a parole) del popolo più svantaggiato e grandi amiconi del boss russo e dell’altro americano, entrambi presenti nella classifica dei “paperoni” più ricchi del mondo. La plebe povera, da che mondo è mondo, se la cerchi, a pregare nelle “cattedrali” di destra, ce ne trovi poca. Qui parliamo addirittura di roba (e robetta) destrorsa, in parte persino estrema. Con velature sconsolate (e atteggiamenti revancisti) per certo bene perduto. “L’oligarchia fondata sul denaro – ha scritto giorni fa Michele Serra – è il sistema politico vigente nella Russia derubata da poche migliaia di lestofanti, dopo la caduta del comunismo.” Nell’America a guida biondo scapigliato e un po’ duce supremo, al momento presente, non pare sia in voga il trionfo della democrazia, intesa quale governo del popolo. E’ pur vero che i parenti non ce li possiamo scegliere, ma gli amici si. Allora scegliamoci i migliori.