Fu il D-Day: lo sbarco sulle coste francesi della Normandia
di Adriano Marinensi
Per comprendere appieno l’Operazione Overlord occorre fare un telegrafico riferimento alla Conferenza di guerra degli Alleati, svoltasi a Washington. In quella sede, i vertici USA si impegnarono ad attuare il pianoche prevedeva il concentramento di truppe ed armamenti americani in Inghilterra. Obiettivo, l’invasione dell’Europa per aprire un nuovo fronte contro Hitler ed il nazionalsocialismo, considerati i principali nemici da battere.
Nel Pacifico, c’era stata il 7 dicembre ‘41, l’aggressione giapponese alla flotta USA ancorata nella baia di Pearl Harbor e quindi il Presidente F. D. Roosevelt aveva ottenuto dal Congresso l’autorizzazione a dichiarare guerra all’Impero del Sol levante. Un conflitto titanico, durato sino alle atomiche di Hiroshima e Nagasaki dell’agosto 1945.
L’Operazione Barbarossa scatenata da Hitler contro l’URSS di Stalin il 22 giugno ’41, stava impegnando i sovietici in una difficile azione di difesa ad oriente. Era quindi necessario programmare l’apertura di un fronte di combattimento nell’Europa occidentale anche per liberare la Francia occupata. Si dovette allestire una forza da sbarco colossale, perché le difese naziste, installate lungo la costa francese della Manica, erano poderose. Ci volle molto tempo, ma fu organizzata una azione spettacolare.
Venne quindi il D – DAY, l’espressione in sigla che indica il giorno stabilito per l’inizio di un attacco militare. All’alba del 6 giugno ’44, di fronte a quattro spiagge della Normandia, si presentò una flotta aerea e navale mai vista prima. Fu la più grande invasione anfibia della storia militare, con una massa di fuoco dal mare per preparare lo sbarco. Addirittura vennero gettati migliaia di manichini vestiti da paracadutisti che esplodevano al contatto con il suolo per disorientare il nemico.
Erano state individuate cinque località costiere per creare altrettante teste di ponte dalle quali far partire l’offensiva lungo una fascia costiera di circa 80 chilometri. Un enorme contingente di uomini al comando del generale Dwight Eisenhower. Dagli aeroporti inglesi decollarono oltre 9.000 aerei carichi di bombe gettate sulle spiagge e nell’immediato entroterra ed una infinità di navi (circa 2.800). Assai difficile debellare le difese tedesche e le perdite furono notevoli. Alla fine della prima giornata, si fece un sommario conto dei caduti sulle spiagge e vennero fuori grandi numeri. Una testimonianza sta nel colossale cimitero di Colleville sur Mer che custodisce i caduti dell’intera operazione. Ci sono 9.378 croci e, sopra un muro, si leggono i nomi di 1557 soldati dispersi e mai ritrovati.
E’anche un segno del disprezzo della vita che guida le strategie in ogni guerra. La vittoria ad ogni costo. Lasciare sui luoghi di sbarco, in poche ore, coscientemente, migliaia di morti e feriti, somiglia ad una impresa suicida di massa. Comunque, sopra alle tombe di quei giovani d’oltreoceano, i cittadini liberi di molti Paese europei dovrebbero portare un fiore: Hanno fatto il sacrificio per sconfiggere i principi aggressivi di una ideologia delirante e criminale. Partì, il 6 giugno 1944, l’assalto finale al Terzo Reich. Grazie anche alla controffensiva dell’Armata rossa ad oriente che portò i sovietici ad entrare per primi a Berlino.
E proprio in un quartiere di Berlino, città quasi interamente devastata, nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1945, venne firmata la resa incondizionata della Germania nazista che pose fine al conflitto in Europa. Si continuò a combattere nel Pacifico, tra USA e Giappone, sino al 2 settembre 1945. Rimaneva soltanto di avviare la ricostruzione e rendere omaggio ai 50 milioni di morti militari e civili, vittime indiscriminate di sei anni di guerra.
Dunque, 80 anni fa, di questi giorni, l’azione che restituì a tanti europei la dignità d’essere liberi. Negli stessi giorni di 20 anni prima, in Italia, il fascismo, appena sorto, commise un atto d’infamia: Il delitto Matteotti. Accadde il pomeriggio del 10 giugno 1924, esattamente cento anni fa. Il deputato socialista stava andando a piedi in Parlamento quando fu aggredito da una squadraccia fascista, rapito e poco più tardi ucciso. Il motivo di tanta avversione stava nel discorso da lui pronunciato alla Camera, durante il quale aveva accusato il regime di brogli, intimidazioni e violenze compiuti durante le elezioni tenutesi lo stesso anno (6 aprile 1924).

Disse: “Contestiamo, in questo luogo, e in tronco la validità della consultazione. Nessun elettore si è trovato libero di decidere con la sua volontà”. Erano forse riecheggiate le aggressive minacce di Mussolini, in quale, in una allocuzione furente del novembre 1922, aveva ammonito: “Potevo fare di quest’aula sorda e grigia, un bivacco di manipoli. Potevo farlo, ma, almeno in questo primo tempo, non ho voluto”. Il clima, in Italia, era questo, e Matteotti dovette dar fondo al proprio coraggio per pronunciare quell’attacco al regime.
Coraggio che non piacque affatto a Mussolini ed ai suoi “arditi”, capitanati da tale Amerigo Dumini, che eseguirono la condanna politica. La scomparsa di Matteotti fece molto scalpore. Il suo corpo fu ritrovato per caso, dopo due mesi (16 agosto), non lontano da Roma, in località Macchia della Quartarella. Gli imputati, che non si erano troppo preoccupati di realizzare l’impresa in modo segreto, furono processati per omicidio preterintenzionale. Una beffa giudiziaria di regime. Dette l’occasione al difensore Roberto Farinacci di pronunciare, in Tribunale, una arringa teatrale. Gli costo il posto di Segretario del P.N.F. Aveva tradito la consegna che voleva silenziare l’eco del processo.
Invece a Mussolini, mandante dell’omicidio, consentì di esternare un altro arrogante intervento in Parlamento. Così si espresse: “Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, a me la colpa. Se il fascismo è stata una associazione per delinquere, io sono il capo di questa associazione per delinquere”. E giù tutta una serie di altezzose protervie al fine evidente di convalidare il metodo della sopraffazione che non consentiva dissenso a nessuno.
L’Italia di oggi ha reso un omaggio solenne alla memoria di Giacomo Matteotti nel centenario della morte. La Giorgia, nostra Presidente del Consiglio, ha affidato al suo Ufficio stampa una valutazione politica, riconoscendo che “quello di Matteotti è stato un omicidio fascista”. Oddio, dopo un secolo, non è parsa una storica rivelazione.