di Adriano Marinensi – Quando ti imbatti in una dichiarazione di elevato lignaggio amministrativo (gli altolocati non dicono, invece affermano, asseriscono, manifestano, palesano il loro illuminato pensiero) qual è quella che scriverò qui appresso, sentita a Terni, ti assale una incavolatura solenne. E’ stato dichiarato, in tale sommo consesso che “la movida rappresenta una risorsa economica, occupazionale e sociale per la città”.
Questa bestemmia ascolti esterrefatto, ti arrovelli di brutto e concludi sconsolato: Se, a Terni, che menava vanto per il suo impegno nel campo della tecnica industriale, non di rado parto della mente e della scienza (per esempio, l’acqua trasformata in forza motrice, Natta e il polipropilene, Picard e il batiscafo Trieste); se, a Terni, siamo al punto di sviluppo nel quale l’inutilità dei contenuti della movida diventa “risorsa economica e sociale per la città”, significa che la città è in braghe di tela. Se, per contrastare l’elevato tasso di disoccupazione, la panacea la andiamo a cercare nella movida, allora vuol dire che l’orizzonte s’è fatto cupo. Non soltanto la “Ternana calcio” è a rischio retrocessione, lo sono anche Terni e i ternani. L’anziscritta affermazione ho timore certifichi un pericoloso predissesto dei valori politici e dei progetti amministrativi. Altro che predissesto del bilancio municipale!
Siamo, quanto a “micragna” delle idee, qualche passo più avanti. E il popolo ternano dovrebbe venire colto da preoccupazione. L’impegno creativo, intellettuale, civile, soprattutto espressione del mondo giovanile, si è trasferito altrove. Ora, a Terni, la “risorsa occupazionale” si chiama movida. Credo si imponga una radicale rifondazione della cultura e del modo di fare cultura, della politica e del fare politica; in sintesi una ricostruzione della classe dirigente che sappia guardare in lontananza, abbandonare i sentieri costellati di piccole cose e mettere in campo veri, autentici “moltiplicatori dello sviluppo”. Altrimenti, se continuiamo a ciurlare nel manico della movida, sarà bancarotta. O, quanto meno, da dietro l’angolo l’ha già scritto, ma giova ripeterlo) potrebbe spuntare – al seguito dell’attuale inciampo istituzionale che sta interessando il palazzo di cemento di Corso del popolo – un secondo “fuoristrada della storia”, peggiore del primo, avvenuto nel giugno 1993.
Il messaggio che classifica la movida tra le risorse da tutelate e valorizzare, ci è giunto durante l’ennesimo dibattito scaturito dalla decisione della Giunta comunale di prorogare di un’ora la vita notturna, nei luoghi dello “stare insieme” in (rumorosa) allegria. Con i residenti in tali (sfortunati) luoghi, ridiventati minacciosi quanto un temporale d’agosto. E pronti addirittura ad adire le vie legali: lo scontro – così abbiamo sentito – sarà totale. Il “campo di battaglia”: i tavoli esposti fuori dei locali, che si rincorrono, gomito a gomito, lungo alcune strade e innescano una pesante intromissione nella privacy collettiva. Insomma, siamo alla dichiarata belligeranza di un bel po’ di amministrati contro gli amministratori dell’Ente locale. E, in termini di coesione civile, non appare per nulla una lieta novella. Si tratta di una partita aperta da lunga pezza, assurta ad interesse esagerato, vista la povertà del tema in discussione. Purtroppo, l’esito appare scontato se il “telecomando” rimarrà in mano agli appartenenti alla corrente filosofica che afferma, asserisce, manifesta, palesa quanto segue: “Il centro cittadino non è soltanto patrimonio di coloro che ci abitano”. A chi assiste impotente a tanto sconforto, resta da augurarsi che almeno la “Ternana calcio” si salvi dalla retrocessione.