di Ciuenlai – Le cronache parlano di 40/50 persone nella lista nera del Ministro Madia. L’obiettivo “esuberi zero”, proclamato dall’Assessore Regionale Bartolini, con due anni e mezzo ancora a disposizione, sembra dunque a portata di mano, per concludere nel migliore dei modi l’operazione “Ricollocazione” del personale delle Province.
Ma questi signori, propugnatori a spada tratta della tesi del Sì al prossimo referendum costituzionale, non ce la raccontano mica tutta. Mi direte, ma che c’entra il voto di ottobre con i dipendenti delle province? C’entra, c’entra, eccome se c’entra. Se vince il no resta tutto come adesso, sia sul piano istituzionale che su quello finanziario. Ma, se le previsioni vengono rispettate e la Controriforma della Costituzione (fatemela chiamare, per una volta con il nome giusto), viene approvata, le Province vengono definitivamente abolite. Avete capito bene, non riformate, ma abolite. Questo vuol dire che la legge Delrio, che le regolava sulla base della vecchia Costituzione, non è più valida. E quindi oltre a scomparire Presidenti e Consigli, scompare pure l’istituzione.
Di conseguenza i suoi dipendenti non hanno più una sede certa nella quale recarsi ogni mattina. 50 esuberi? Magari! Parliamo invece di 700 potenziali esuberi. I dipendenti delle attuali Province, più i 50 vigili non ancora ricollocati. Qualcuno obietterà “Vabbè non ci sono più, ma i servizi restano e quindi il personale che li erogava dovrà farlo anche dopo nell’ente (Regione, Unioni o Comuni) al quale verranno assegnati. Già, ma se questo è parzialmente vero per chi opera nella viabilità, nella scuola e nell’ambiente, la cosa non vale per tutti gli altri. Quelli che lavorano ai servizi generali (Personale, organi istituzionali, Affari generali, ragioneria, economato ecc.) potrebbero non essere tutti o in parte necessari ai nuovi proprietari delle competenze. Occhio, parliamo di un altro centinaio di persone che potrebbero finire negli appositi elenchi del Ministero. Insomma questi poveri disgraziati non hanno ancora finito la lunga maratona per riconquistarsi un posto di lavoro che si ricomincia.
Qualcuno ha già trovato la soluzione. Una soluzione che sa tanto di zuccherino e che fa a cazzotti con gli obiettivi della controriforma e con la questione risorse. E’ una specie di uovo di Colombo. Si crea un ente di area vasta che potrebbe lasciare le cose come sono. Prima obiezione: potrebbe ma non è previsto nella nuova Carta. Come unità intermedia tra Regione e Comuni c’è solo la Città Metropolitana che in Umbria è inapplicabile perchè nessuno degli enti ha i requisiti necessari per chiederne la costituzione. E allora di cosa parliamo? Parliamo di due nuove agenzie della Regione, modello Arpa, o forestazione, comandate da un Direttore Generale, che funzionerebbero un pò come le Aziende Sanitarie. Una cosa simile tradirebbe la nuova impostazione Costituzionale dei poteri locali. Perchè si cambierebbe solo nome a questa istituzione, con l’aggravante antidemocratica di non poter più eleggere chi la gestisce, ne direttamente e ne indirettamente come si fa oggi attraverso la platea dei Consiglieri Comunali. Diventerebbero, quindi, un nuovo e pesante strumento a disposizione della tecnocrazia politica, quella che comanda ormai tutto e che ha la prerogativa di essere inamovibile (guardate i nomi dei dirigenti e dei manager regionali e vi renderete conto che da perlomeno 3 lustri sono sempre quelli). Ma azienda o non azienda, con la nuova Costituzione la Provincia scomparirebbe anche nell’articolo che obbliga lo Stato a fornire i mezzi necessari a Regioni ed Enti Locali per esercitare le loro funzioni.
Domanda: I pochi soldi di adesso restano o le spese vanno a carico di chi assume le competenze della Province? Parliamo di qualcosa che vale, solo in Umbria, circa 200 milioni di euro l’anno, mica bruscolini. Dunque se le Province vengono abolite lo Stato continuerà a trasferire le stesse risorse di adesso? Non credo! E allora oltre ai servizi ridotti già all’osso, chi ci rimetterà, chi si accollerà l’onere di coprire il buco? La scure potrebbe abbattersi di nuovo, sui dipendenti che sono la parte debole della catena. E senza che questo costituisca, come si continua a propagandare, una reale semplificazione del quadro istituzionale. Anzi l’abolizione delle Province potrebbe rappresentare una specie di tana libera tutti. Le vie della moltiplicazione degli enti e delle poltrone potrebbero diventare infinite.
Il futuro dell’Umbria, se non cambiano le odierne impostazioni, secondo fonti ben informate di Palazzo Donini, sarebbe così : una Regione due aziende Provincia, almeno sei Unioni dei Comuni (Provincette ad uso e consumo dei ras locali), l’immensa pletora di enti intermedi per Acqua, Rifiuti, Sanità, con la marea di aziende pubbliche ad esse collegate, istituti e aziende settoriali come gli Atc e i trasporti ed infine gli enti regionali “storici” (Sviluppumbria, Arpa, Arusia, Auser, Arulef, Adisu e chi più ne ha, più ne metta). Sono andato a braccio, e sicuramente me ne sono dimenticato qualcuno. Comunque solo quest’elenco dà l’idea di cosa sia un sistema di potere che deve alimentare gli appetiti di migliaia di persone ad esso legate. E soprattutto quante risorse brucia senza servire alla collettività, ma solo per determinate oligarchie. Una corretta gestione di governo, metterebbe gran parte di tutta questa amministrazione attiva in mano ad un’unico ente, eliminando una quantità industriale di Presidenti, Giunte, Assessori, Direttori, Segretari regionali, Segreterie ed Apparati vari. Invece, mentre a Roma, un giorno si e l’altro pure, i dirigenti del Pd parlano di semplificazione istituzionale, di riduzione dei costi della politica e di taglio delle poltrone a Perugia (ma non solo a Perugia) i potentati locali fanno l’inverso. La crisi del Pd, oltre ai valori e all’identità, fa tappa anche qui.