Il 2020, segnato dalla pandemia, è stato un anno di grandi e diffusi sconvolgimenti sociali ed economici. L’AUR ha cercato fin dai primi mesi di applicare le proprie analisi al tentativo di comprendere l’impatto del coronavirus sul sistema socioeconomico regionale, attraverso una serie di contributi. Gran parte dei dati e delle riflessioni su questo tema sono confluiti in un documento consegnato al Governo regionale, che è stato utilizzato a supporto del Documento di Economia e Finanza Regionale 2021-2023.
Il report è diviso in tre parti: la prima contiene stime sulla perdita di valore aggiunto e occupazione a livello nazionale e regionale; la seconda suggerisce alcuni macro indirizzi sulle politiche ritenute più opportune per contrastare la tendenza divergente dell’Umbria rispetto al quadro nazionale; la terza riepiloga le principali criticità strutturali regionali, già presenti prima della pandemia.
In Umbria sono quasi 6.500 i posti di lavoro persi in un anno a causa del Covid con un tasso di caduta che ha penalizzato più la componente maschile rispetto a quella femminile (-1,9% contro – 1,7%). E’ quanto emerge da uno studio elaborato da Elisabetta Tondini per l’Agenzia Umbria Ricerche in cui sono stati analizzati gli effetti del virus sull’occupazione riscontrando che la “pandemia si è riversata sul mondo del lavoro con ripercussioni disomogenee per territorio, settore e categorie sociali per un impatto complessivamente negativo su livelli occupazionali e intensità lavorativa”.
A pagare le conseguenze più pesanti sono i giovani, i contratti a termine e di apprendistato, i livelli di istruzione più bassi, le attività considerate non essenziali, con effetti asimmetrici assai rilevanti per caratteri ed identità. In questo contesto, i segnali positivi che arrivano dal bollettino Excelsior di Unioncamere e Anpal, che parla di 15.260 assunzioni programmate per il trimestre maggio-luglio 2021, è ancora più significativo. Soltanto bar, ristoranti, discoteche, pizzerie e gelaterie hanno perso, nel corso del 2020, 3.661 lavoratori secondo una stima, su dati Inps, elaborata dall’Ufficio studi di Fipe-Confcommercio.
A pagare il conto più salato della crisi sono stati più che altro cuochi, camerieri, barman. Si tratta soprattutto di lavoratori stagionali o a tempo determinato, secondo l’analisi Fipe il 70% di loro ha meno di 40 anni. La pandemia e le relative misure restrittive imposte ai pubblici esercizi hanno fatto diminuire il numero degli occupati del 26.7%: erano 13.719 nel 2019, sono scesi a 10.058 nel 2020. A livello nazionale, l’occupazione è calata del 25.2% nei ristoranti, del 26.2% nei bar e addirittura del 57.4% nelle discoteche. Sono complessivamente 166 mila coloro che hanno perso il lavoro, il 54,9% di questi aveva un contratto a tempo determinato, il 40,7% un contratto stagionale.