Di Maurizio Verdenelli – La terra squassata dal terremoto ormai quasi 19 anni fa, ha fatto emergere dal proprio ‘ventre’ un tesoro di inestimabile valore, d’origine etrusca. A dimostrazione della presenza di questo popolo che tanto influenza ha avuto sulla civiltà romana nella Terra di mezzo per eccellenza nel Centritalia: l’Altopiano di Colfiorito.
Cesi, epicentro del sisma umbro-marchigiano del ’97, il comune di cui fu parroco don Cesare Grasselli l’indimenticabile ‘don Terremoto’, è significativamente il territorio dal quale sono venuti alla luce i tesori che a giugno saranno esposti al museo nazionale etrusco ‘Villa Giulia’ a Valle Giulia, nel cuore della Capitale: il più importante in riferimento alla civiltà che si fuse poi in quella romana.
Sono due corredi funerari di enorme rilevanza storico-artistica oggetto di una attenta opera di restauro disposta con fondi statali dalla Soprintendenza alle antichità delle Marche. In un primo momento sembrava che la mostra potesse essere organizzata addirittura per il periodo natalizio scorso, poi ragioni di carattere organizzativo hanno indicato la necessità di uno slittamento temporale di sei mesi. E adesso l’evento a ‘Villa Giulia’ si presenta come uno dei principali in assoluto nel lungo tortuoso cammino della conoscenza del popolo etrusco che tanti elementi di mistero ancora contiene. Il periodo della presenza dei ‘progenitori’ di Romolo e Remo sull’altopiano è ascrivibile intorno al 500/600 avanti Cristo (nel 396 c’è la conquista da parte dell’Aquila di Roma della città di Veio). Tracce etrusche che sono apparse evidenti agli archeologi che fino al 2014 hanno lavorato su questa Terra di Mezzo, tra Umbria e Marche, con i finanziamenti della società Quadrilatero. Due gruppi per ciascuna regione che si dividono da sempre l’altopiano, all’ombra della Basilica di Plestia, luogo fisico di demarcazione. Dice la dott.ssa Laura Picchiarelli dell’Ente Parco di Colfiorito: “La linea sottile di confine tra Foligno e Serravalle è una ‘lingua’ dentro il loggiato, che appartiene al comune umbro, avendo l’altro il resto della Basilica”.
Gli eccezionali ritrovamenti al centro della mostra romana, sono stati fatti nell’agro di Cesiin corrispondenza della nuova rotatoria che dalla superstrada immette nell’abitato di Colfiorito, a due passi dal MAC, il museo archeologico, una bellissima struttura tutta acciaio e vetro inaugurata nell’agosto del 2011. Ritrovamenti che si devono al lavoro dell’equipe in territorio marchigiano -la coop. Kora- che ha portato alla luce pure una splendida villa romana a Muccia, proprio in corrispondenza dello svincolo della superstrada la cui percorribilità in senso ascendente rispetto all’altopiano è bloccata per controlli, come noto, da tempo.
Al Mac aperto nel giorno di Pasquetta (a differenza del museo paleontologico di Serravalle di Chienti che conserva i resti di ippopotami, rinoceronti, tigri ed altri animali che abitavano la palude 700.000 anni fa) è stato intanto organizzato il secondo piano con alcuni dei bellissimi oggetti emersi dagli scavi coordinati dalle due soprintendenze regionali mentre a Casette di Cupigliolo l’archeologa Maria Romana Picuti ‘scopriva’ un bellissimo tempio e la strada romana parallela alla Valdichienti. I reperti venuti alla luce hanno riempito, per quanto riguarda l’Umbria i magazzini (allarmati) di Colfiorito e di Ponte San Giovanni, Perugia all’ipogeo dei Volumni e che meriterebbero d’essere restaurati, in presenza di idonei fondi, naturalmente. Un percorso questo attivato dalla soprintendenza marchigiana che a passi veloci pare aver colmato il gap che storicamente nei decenni scorsi la separava da Perugia: la testimonianza è proprio nell’evento romano. Al Mac per il momento ci sono alcune vetrine e le immagini della ‘misteriosa’, affascinante ‘Tomba del carro’ (leggi articolo, 2 ottobre 2014, La Preistoria di Colfiorito).
“Ho inviato diverse foto dei siti archeologici dove abbiamo lavorato anche in venticinque” dice il dottor Giorgio Franco Pocobelli, fiorentino, già a capo dell’equipe ‘umbra’, ora in attività di scavo nel Bolognese. “A Colfiorito sono tornato un’altra volta, ma di passaggio: la società Quadrilatero che ha dato impulso a questi lavoro ormai sta confluendo nell’Anas e quindi non penso che potrà pensare a finanziare un’ulteriore prosecuzione della campagna di scavo…”.
D. Che si prospettava promettente?
R. “Basta pensare che abbiamo operato su una striscia larga appena 15 metri e lunga 100. E che soltanto nei primi trenta e dunque in un’area ristretta, è emersa una necropoli di 75 tombe, tra le quali quella del Carro, appartenenti ad un periodo compreso tra il 550 e il 580 avanti Cristo. Può immaginare se ci allargavamo…”.