Di Adriano Marinensi – E’ quasi banale scrivere che il petrolio sia stato il grande mattatore degli ultimi cento anni. Nella sua distillazione è nascosta una molteplicità di derivati che ha invaso il campo di tanti prodotti poi subdolamente fatti diventare indispensabili per la quotidianità (Ricordate? Signora, guardi ben che sia fatto di moplen!). Sembra difficile quindi poter vivere in un mondo orfano del petrolio esaurito alla fonte. Considerati però i danni ambientali causati dal suo consumo esasperato, i benpensanti hanno cominciato a volgere altrove lo sguardo. Dopo averlo rivolto, inorriditi, alle ingombranti isole di plastica che galleggiano negli oceani ed attentano alla vista di tante specie marine,
La prima novità è intervenuta nel settore della circolazione veicolare, ipotizzando l’utilizzo, su vasta scala, delle cosiddette fonti rinnovabili. La principale e pure potente energia pulita è l’elettricità derivata dall’acqua, della quale l’Umbria è campione ed, a suo tempo, campionissima con il grande patrimonio di centrali costruite dalla Soc. Terni, quando la ragione sociale era per l’industria e l’elettricità. Ora nel mondo della ricerca e delle rinnovabili c’è grande fermento. Soprattutto dopo la grande illusione del nucleare che ci ha posto di fronte a due grandi pericoli: gli incidenti nelle centrali e lo smaltimento delle scorie. Così, il cambio delle carte in tavola. In particolare nel settore della mobilità privata e pubblica.
Il pensiero dominante, la sostituzione dell’ingombrante motore a scoppio con la silente batteria. Sul palcoscenico della circolazione stradale è comparsa una primadonna: l’l’automobile a motore elettrico. Lo scenario che pareva intoccabile ha cominciato a mutare, insieme al copione; sembra ormai lontano il tempo quando le teorie del risanamento ambientale si accapigliavano s’era migliore il diesel o la benzina. Quindi, ecco la buona nuova a mettere tutti d’amore e d’accordo. Persino a sconfiggere gli interessi ed il conservatorismo gattopardesco di taluni potentati su gomma. Pure i patiti del rombo acustico (brum, brum, brum, a smanettare sulla manopola o pigiare il pedale del gas) dovranno farsene una ragione. Ragazzi, è proprio tanto divertente armare tutto ‘sto baccano? Lo strumento principale di una civile mobilità è ormai la trazione elettrica, prevalentemente derivata da sorgenti rinnovabili a remota estinzione. E intanto è d’obbligo – appena un cenno, ma il problema è grosso – attuare una gestione più attenta e responsabile delle risorse del Pianeta.
La tecnologia della decarbonizzazione sta diventando protagonista nel nome di una condizione umana maggiormente vivibile. Il secolo dell’elettrico è cominciato e non potrà tornare più indietro. Anche perché è ormai convincimento generale che il progresso socio – economico non subirà mutamenti in perdita: a cambiare semmai sarà la cultura sociale, la sensibilità dei cittadini verso il rinnovamento di taluni costumi diventati insostenibili. Non avremo più uno sviluppo petrolio dipendente. Prevarrà la mobilità, amica del silenzio e avversaria dell’alterazione atmosferica. Il futuro diventa rapidamente presente e, se non operi con intelligenza, ti fa pagare il conto. C’è dietro l’angolo (e nelle aree di servizio) la messa in funzione di una rete di colonnine di rifornimento al posto dei distributori di benzina: speriamo in un processo di rapida realizzazione. Ci farà diventare, prendiamolo come auspicio positivo, un popolo di ricaricatori.
Ribadisco: tra gli obiettivi dell’amministrazione sostenibile, nazionale e locale, c’è la mobilità rispettosa della natura e della salute, al posto della più “praticata” ossessiva ed alienante. E’ stato calcolato che le vie terrestri (ed aeree) del nostro Pianeta siano frequentate da un miliardo di veicoli. Che hanno sempre più bisogno di nuove strade. Insieme alla esagerata espansione urbanistica, strade e palazzi si sono resi responsabili di aggressione al territorio che ha prodotto la deforestazione (chiamiamola così) di zone urbane: abbiamo allontanato la campagna dalla città e decimato gli alberi, i polmoni che respirano e ci fanno respirare. Ogni biodiversità naturale rimossa.
Nel recente periodo, l’epidemia ha ridotto la presenza del trasporto pubblico collettivo, ma non il suo ruolo, rimasto fondamentale nelle politiche amministrative locali. Va reso sempre più efficiente in parallelo con l’utilizzo dei mezzi alternativi da incentivare anche con la realizzazione delle piste ciclabili e pedonali. La riscossa della vecchia Italia in bicicletta. Oppure in monopattino che fa tornare bambini. Non posso esimermi dall’inserire un inciso per ricordare al signor Sindaco di Terni l’improrogabile esigenza di ripitturare le zebre pallide e morte, onde tutelare chi va a piedi e rispettare il codice della strada. E non soltanto – come ha dichiarato il cosiddetto Assessore al traffico – “gli attraversamenti pedonali che conducono alle scuole primarie e materne”. Forse sarà il caso di fargli sapere che le zebre non sono soltanto animali della savana, ma anche segnali stradali a tutti gli effetti di legge e della loro integrità il Comune è responsabile. E con questa è almeno la decima volta che lo scrivo. Fin’ora invano.
A Terni, è rimasto ormai solo nella memoria degli anziani, l’immagine di quando i “siderurgici” affollavano, pedalando in processione, il Viale Brin, richiamati in Acciaieria dalla sirena che scandiva i turni di lavoro e il tempo dell’intera comunità. In fabbrica, i velocipedi venivano appesi ai ganci dei posteggi, affiancati come le mezzene all’ “ammazzatora”. Poi, lo status simbol della classe lavoratrice è diventata l’automobile e pure le corse operaie sono scomparse. Non va dimenticata l’ “ingiuria” dei tantissimi punti di combustione industriali e domestici, difficilmente comprimibili: pure le loro emissioni agiscono come antagoniste della salute generale. In aggiunta – lo pongo in chiusura – vale la pena di segnalare la dimenticanza di una delle primarie fonti chiamata risparmio della quale non si parla più. Eppure, risparmiare energia è strategico.
Prendere atto e agevolare la mutazione in tema circolatorio (e di energia), è diventato un dovere: la frenesia di movimento, intesa come costume civile, sta frenando. Non esclusa quella legata ai flussi dell’economia, virata verso il nuovo sistema degli scambi virtuali. Si muove sempre più la tecnologia e meno la merce. Tra gli effetti positivi eccone uno: il modo nuovo di fare commercio, finirà per allentare la pressione del traffico pesante sulle strade. Rimane fermo il traguardo delle emissioni zero, pur se, al momento, appare non prossimo alla realtà. Almeno la realtà praticabile in tempi rapidi. Però, mettiamocela tutta.