di Francesco Castellini – Gli umbri sono diventati dei giocatori d’azzardo incalliti. Forse perché hanno a che fare da troppo tempo con una crisi asfissiante e con sempre minori opportunità lavorative; sta di fatto che amano sempre più sfidare la sorte e sperare che la Fortuna strizzi loro l’occhio e li catapulti in un attimo in un mondo dove il denaro non e più un problema.
In Umbria, dati dei Monopoli alla mano, nel 2016 se ne sono andati oltre 1,345 miliardi in gioco d’azzardo, circa 1 miliardo nella sola provincia di Perugia e 335,5 milioni in provincia di Terni.
Una montagna di denaro sottratta all’economia reale, sana e produttiva, e che purtroppo arriva da quella parte di società a volte in difficoltà o in crisi. Miliardi di euro che finiscono in un settore ben poco produttivo. danneggiando la povera gente, il commercio e l’indotto di piccole imprese virtuose.
I valori medi per l’intera regione rilevano che abbiamo una spesa per ogni abitante pari a 1.513 euro e ben 3.493 euro a famiglia, cioè 291 euro al mese per ogni nucleo familiare.
Il confronto con la spesa ordinaria è perfino imbarazzante, se si considera che per l’Istat, la spesa ordinaria mensile delle famiglie umbre nel 2016 era pari a 2.250 euro, dei quali il 21,7% in alimentari e bevande (488 euro).
E cosi risulta che viene speso in azzardo più della metà di quanto speso in alimentazione e bevande.
Non ingannino le cosiddette “vincite”, gran parte di quanto “vinto” rientra dalla porta come un gatto uscito dalla finestra. È sperimentato che chi “vince” in gran parte rigetta subito in azzardo le somme illudendosi di poter “sbancare”. A questo vanno poi aggiunti i costi socio-sanitari, come la mancata Iva per beni di consumo (chi “butta” denaro nell’azzardo non spende per altri beni). C’è poi un altro dato che bisogna considerare e che è sintomatico del triste fenomeno in atto.
In tutto il territorio regionale gli esercizi per il gioco d’azzardo sono passati dai 111 del 2016 ai 126 dello scorso anno. Un +13,5% che significa andare a una velocità doppia del resto d’Italia. Lo rivela il rapporto redatto dalla Camera di Commercio di Milano, Monza, Brianza e Lodi.
I numeri del registro imprese raccontano, infatti, che tali attività sono salite da 80 a 89 nella provincia di Perugia, +11,3%, mentre nel territorio di Terni il balzo e stato ancora maggiore, +19,4%, da 31 a 37. Per avere un termine di confronto è sufficiente sapere che la variazione a livello nazionale è stata del +6,9%.
A fornire maggiori dettagli a questo quadro c’è poi il focus tematico numero 6 divulgato lo scorso maggio dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio. Secondo questo report nel 2017 in Italia c’era un punto gioco ogni 220 abitanti maggiorenni. Nella regione questo valore scendeva fino a quota 1 ogni 152 umbri con più di 18 anni.
Dando uno sguardo alla parte economica, poi, scopriamo che la raccolta pro capite nel 2016 aveva raggiunto il valore di 1.416 euro, mentre la spesa effettiva (vale a dire la somma che resta agli operatori una volta ridistribuite tutte le vincite) era stata pari a 355 euro per ciascun cittadino.
Numeri che hanno portato le Istituzioni e la politica locale a prendere una serie di provvedimenti per evitare che il gioco, da semplice passatempo, possa trasformarsi per alcuni individui in un problema grave, che può portare alla totale rovina personale e della propria famiglia.
E cosi dal gennaio del 2017 i trattamenti per la ludopatia sono entrati a far parte dei “Lea” (Livelli Essenziali di Assistenza).
È stato attivato un numero verde cui rivolgerci anche solo per chiedere informazioni e, contemporaneamente, è stata promossa una campagna di comunicazione alla quale gli esercizi del settore devono contribuire esponendo dei materiali informativi.
Nella città di Foligno, è stato predisposto il Centro di riferimento Regionale per il trattamento del Gioco d’Azzardo Patologico. Iniziative che vanno ad affiancarsi a quelle che gli stessi operatori autorizzati dall’Adm, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, devono adottare.
Ad esempio su netbet.it affinché il gioco sia responsabile e rimanga un passatempo lo stesso utente ha la possibilità di impostare delle limitazioni sia per quanto riguarda i depositi delle somme, sia per le ore da trascorrere online.
Non solo, è attivo anche un servizio d’assistenza tramite contatto telefonico, via chat, oppure messaggio di posta elettronica. Inoltre, poiché il gioco è consentito ai soli maggiorenni, all’apertura di un profilo utente sono effettuati dei controlli per la verifica dell’età del giocatore.
Fra i servizi attivi c’è un numero verde regionale per ascolto e consulenza, la riorganizzazione dei servizi sanitari per la presa in carico di giocatori patologici e loro familiari, formazione di operatori e volontari, attività di promozione della salute nelle scuole, corsi di formazione obbligatori per addetti ai locali da gioco, avvio di una campagna di comunicazione per la sensibilizzazione dei cittadini, un marchio “No Slot” per esercizi commerciali liberi da apparecchi per il gioco.
«Il numero verde (800.410.902) – evidenzia l’assessore regionale alla Salute, alla Coesione sociale e al Welfare, Luca Barberini – è stato attivato nel marzo 2016, come servizio associato al Centro di riferimento regionale per il trattamento della dipendenza da gioco d’azzardo problematico, istituito nel 2014 presso il Dipartimento dipendenze della Usl Umbria 2 a Foligno. In un anno sono state 89 le chiamate pervenute, di cui 50 direttamente dal giocatore, 37 da familiari o amici e 2 da associazioni. Dei 50 giocatori che hanno chiamato 35 sono maschi e 15 femmine, 22 sono umbri, 26 di fuori regione e 2 non qualificati. La maggior parte hanno tra 40 e 49 anni, seguono giovani fra 20 e 39 anni e persone fra 50 e 60 anni. Dati che dimostrano come la ludopatia sia un fenomeno diffuso e trasversale. Secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio regionale sulle dipendenze, si stima infatti che in Umbria siano circa 10mila le persone con profilo di gioco problematico: il 5,6 per cento della popolazione fra i 15 e i 74 anni. Un dato in linea con la media nazionale, che nel 2015 ha visto gli umbri spendere circa 1.029 milioni di euro nei giochi autorizzati dai Monopoli».
Per quanto riguarda l’attività condotta dal Centro di riferimento regionale aperto a Foligno, Barberini evidenzia che «il modello clinico e organizzativo per il trattamento della ludopatia sperimentato dal 2014 è stato valutato positivamente e verrà applicato nel resto della regione, con una rete di servizi integrata che garantisca un approccio multidisciplinare e omogeneo. Tutto questo mentre in entrambe le Usl sono già stati attivati punti per l’accoglienza e la presa in carico dei giocatori patologici e delle loro famiglie, in quasi tutti i distretti sanitari del territorio regionale».
«Particolare attenzione – conclude l’assessore – è stata rivolta ai giovani, con attività di promozione della salute svolte nelle scuole attraverso programmi di formazione specifica sul tema delle dipendenze, rivolti a studenti, docenti e operatori socio-sanitari, con una partecipazione di 721 persone nell’anno scolastico 2016/2017».
(Servizio pubblicato sul numero 8 del periodico Umbria Settegiorni)