di Bruno Di Pilla – Egoisti e parassiti i vecchi? A tirare energicamente le orecchie a Beppe Grillo, per l’infausta battuta sulla negazione del voto agli anziani, è nientemeno che Marco Tullio Cicerone, con il greco Demostene il più grande avvocato della Storia. Anche oggi ai rampolli del Terzo Millennio – molti dei quali campano alle spalle dei nonni – va insegnato quanto fervido e produttivo sia lo strutturato cervello dei “patres”, come già avveniva 5 secoli prima di Cristo nella polis ateniese di Solone e Pericle, fondatori delle moderne democrazie interclassiste, in cui proprio ai più attempati cittadini, saggi e lungimiranti, era affidata l’amministrazione della res publica.
Nel “De Senectute” l’illustre oratore arpinate, contestando il disfattismo del commediografo Terenzio, secondo cui la vecchiaia è già di per sé una malattia, esalta le virtù e la lucidità mentale del novantenne poeta ateniese Sofocle. Costui, tutt’altro che rimbambito, aveva appena terminato di scrivere la celebre tragedia “Edipo a Colono”, in cui il vecchio e cieco ex sovrano di Tebe, prima di morire, rivela a Teseo, re di Atene, il segreto utile per salvare la sua città dai nemici.
Per il 71enne Grillo, lui stesso tutt’altro che un ragazzino, è incomprensibile il suffragio concesso agli anziani, solennemente sancìto “erga omnes” dall’art. 48 della nostra Costituzione? Giuseppe Verdi aveva 80 anni quando compose il “Falstaff”. Piero Angela, ancor oggi inimitabile divulgatore scientifico, ne ha più di 90. Lo scrittore Andrea Camilleri ha pubblicato opere di successo “usque ad mortem”, sopraggiunta dopo 93 primavere. Tiziano e Picasso donarono al mondo capolavori pittorici anche durante la cosiddetta terza età. Altro che vecchi ormai paghi, insensibili e non più in grado di contribuire allo sviluppo della società. Tuttavia non mancano attenuanti per Grillo, per una vita attore comico prima dell’esordio in politica, avvenuto nel 2009. Quella ridicola esternazione sarà stato un freudiano ritorno alle origini?