di Monia Rossi – La carenza di iodio è un problema di portata mondiale che l’OMS definisce “fame nascosta”, in quanto non si rende manifesta in alcun modo arrivando a creare danni talvolta irreparabili legati allo sviluppo delle patologie della tiroide (iper o ipotiroidismo, gozzo tiroideo).
Per gli esperti, la soluzione al problema sarebbe relativamente semplice e consiste nella sostituzione del sale comune ad esclusivo favore del sale iodato, cioè sale fortificato con 30mg di iodio per chilo che ha una differenza di prezzo insignificante (pochissimi centesimi) e nessuna differenza di gusto rispetto al sale comune. In altre parole, in Italia basterebbe applicare compiutamente una legge nazionale sul sale destinato al consumo diretto che già esiste dal 2005 e che, come in altri paesi europei (Svizzera, Scandinavia), porterebbe all’eradicazione delle malattie da carenza di iodio.
È proprio in tema di iodioprofilassi che l’Umbria si conferma all’avanguardia, in particolare nel distretto Alto Chiascio della USL Umbria 1, dove – dimostrata la presenza di una endemia gozzigena grazie ad uno studio pilota condotto su studenti tra gli 11 e i 14 anni – dalla metà degli anni ’90 è stata avviata una intensa e pluriennale campagna di iodioprofilassi finalizzata ad incrementare il consumo di sale iodato. La campagna, nata dalla collaborazione tra USL Umbria 1, Università di Perugia, Comuni del comprensorio, istituti scolastici, associazioni di volontariato e Grande distribuzione, si è rivelata estremamente efficace, raggiungendo e, in alcune aree, stabilizzando fino al 90 per cento le vendite di sale iodato, che sul territorio nazionale si attestavano al 55 per cento nel 2013. In particolare, il monitoraggio delle vendite effettuato nel 2015 ha rilevato i seguenti dati di vendite di sale iodato: In Umbria il 74 per cento (su 1.277.016 confezioni), nei territori della USL Umbria 1 il 75 per cento (su 829.431 confezioni), nel solo Distretto sanitario dell’Alto Chiascio il 78 per cento (su 117.037 confezioni). Non a caso i successivi studi hanno dimostrato che durante i sei anni di implementato consumo del sale iodato la prevalenza del gozzo era significativamente diminuita passando dal 29 per cento del 1995 all’8 per cento del 2001.
Carenza di iodio e iodioprofilassi. L’apporto giornaliero di iodio necessario per una corretta funzione della ghiandola tiroidea è stimato in 150 ug/giorno ed è garantito solo dall’alimentazione (e non per via respiratoria, al mare, come comunemente si è portati a credere). Poiché la presenza di questo elemento negli alimenti (pesce di mare, verdure…) e nelle acque è molto variabile e spesso troppo scarsa rispetto al fabbisogno umano (più elevato per le donne in gravidanza e i bambini), in tutto il mondo viene promossa l’adozione di programmi di iodoprofilassi che in alcuni paesi europei come la Scandinavia e la Svizzera (dove sin dal 1921 viene prodotto, venduto e consumato solo sale iodato) ha già portato alla completa eradicazione del gozzo tiroideo.
Dati epidemiologici. Nonostante alcuni casi esemplari, l’Europa rimane una delle aree a più basso consumo di sale iodato nelle famiglie (27 per cento contro il 90 per cento delle famiglie statunitensi). In Italia si ammalano di gozzo circa 6 milioni di persone, più del 10 per cento della popolazione generale e almeno il 20 per cento della popolazione giovanile, con un impatto economico stimato in oltre 150 milioni di euro all’anno. Si stima che un neonato su 3mila nasce con una forma di malattia tiroidea. In età adulta le donne sono molto più soggette alle malattie tiroidee (il 20 per cento di possibilità in più) rispetto agli uomini.