I due pini abbattuti li hanno visti in pochi, tanto veloce è stato il loro sbriciolamento. Pure qualche foto è stata fatta e non è confortante, sarete d’accordo, vedere due tronchi secolari, perfettamente sani al loro interno, giacere a terra dopo un incomprensibile e immotivato abbattimento. L’azienda agraria proprietaria del terreno in cui sorge la Villa del Cardinale della Corgna potrà motivare quello che vuole, ma il comitato- osservatorio degli abitanti di Borgo Giglione ha già espresso e formalizzato le sue perplessità. Che sono poi le nostre. Poiché tutto quello che avviene nelle vicinanze e nelle pertinenze ambientali della Villa del Cardinale è legato al decoro e alle funzionalità paesaggistiche di un ambiente artistico unico nel suo genere.
Poiché unica è la villa, il solo manufatto cinquecentesco ancora presente nell’intera nostra regione, una emergenza architettonica che ci viene intatta dal Rinascimento e che, in altre realtà sarebbe già un museo che funziona a pieno regime. Per ora il Cardinale si apre per qualche sporadica manifestazione, forse anche per i matrimoni “d’autore”, e stenta a trovare una sua identità. C’è una nuova responsabile, una amabile studiosa, Ilaria Batassa, che si trova a gestire una pertinenza del Mibac.
Ci sono da affrontare cose di normale amministrazione, come i 16 alberi abbattuti all’interno di un bosco che sta diventando l’antro della “Bella e la bestia” e un prato che va tagliato quattro volte all’anno. Quando si passa di notte davanti alla muraglia che racchiude quella selva oscura, si teme sempre che ne esca un licantropo, tanto è folta e corrusca. Non è un bosco all’inglese: è una selva dantesca intricata e non regolata. Di giorno poi, si rischia di essere travolti dai camion che scendono come forsennati dalla prospiciente cava di breccia. E si parla anche di qualche incidente d’auto.
Tutto questo invece dovrebbe manifestare la originale destinazione che il cardinale Fulvio della Corgna, rettore del marchesato nella minorità di Diomede, progettò, alla fine del 1500, forse il 1584, per una dimora che doveva essere un atlante di virtù morali per i cadetti della stirpe. C’era una profonda dottrina esoterica alla base delle statue poste nella selva intricata: con l’intento di rendere i giovani rampolli della stirpe marchesale degni della loro funzione si proponeva loro una serie di immagini legate a temi “virtuosi” come il significato della solitudine, la necessità della meditazione, il raccoglimento, il silenzio, la filosofia, la forza morale, Erano praticamente dieci stazioni di virtuosità laiche, una sorta di percorso educativo e formativo all’interno di una dimensione naturale e di una consistenza paesaggistica che oggi potrebbe essere ripristinata come un parametro di una civiltà, quella rinascimentale, a cui noi italiani dobbiamo per forza fare continuo riferimento.
Gli Oddi Baglioni, subentrati della proprietà della villa, ci inserirono una collezione di antichità etrusco-romane che oggi si tenta di ricostruire dopo la loro dispersione. I Cesaroni, i Parodi e i Monaco di Lapio, successivi padroni della villa, sopraffatti dalla modernità e dai costi di gestione si sono fatti da parte per investire il Mibac di una responsabilità di gestione che risulta non indifferente.
Per chi si chiede cosa fare di Villa del Cardinale, c’è oggi un progetto di recupero che lega gli ambienti elegantissimi della dimora cinquecentesca a uno stanziamento nelle antiche stanze di un vero e proprio museo del suono del pianoforte storico. Non si tratta di concerti ma di un vero e proprio programma scientifico da connettere alle realtà culturali italiane, in particolare alle Università e ai Conservatori di Musica.
Si vorrebbe portare nelle silenziose stanze almeno sedici strumenti musicali, dell’ Accademia dei Musici, tastiere di pianoforte che spaziano dal 1700 all’età di Liszt e Debussy, per creare un vero e proprio percorso sonoro e acustico di cosa è stata l’evoluzione del pianoforte da quando Bartolomeo Cristofari lo fece udire al Granduca Ferdinando di Toscana. Nel primo decennio del 1700. Potrete anche non credervi, ma il pianoforte lo abbiamo inventato noi italiani, poi, come sempre, ci siamo fatti sfuggire i primato e le positive ricadute.
Ora questo museo esiste realmente, a Fabriano ed è proprietà dei du fratelli ternani Veneri, Valerio, architetto, e Claudio, pianista e docente di Conservatorio. Il Museo che appartiene all’Accademia dei Musici, è attualmente presente nella città di Fabriano, ha sede nel convento di san Benedetto, e ha Riccardo Muti come presidente onorario e Piero Angela come testimone scientifico. La realtà di questo poderoso contenitore di musica consiste in quasi sessanta pianoforti d’epoca, tutti perfettamente funzionanti, che sono qualcosa che non esiste nel mondo. Su quelle tastiere si può ricostruire e ripercorrere la storia delle musica da Mozart a Ravel, attraverso Rossini, Clementi e Verdi, il cui pianoforte utilizzato per una rappresentazione dell’Aroldo a Rimini è stato recentemente assicurato per un milione di euro. Collocare almeno sedici dei tanti pianoforti dei Veneri nella Villa del Cardinale, vorrebbe dire non solo assicurare un mare di musica permanente, ma anche di attivare una collaborazione di carattere scientifico con le Università e i Conservatori, per un flusso ininterrotto di presenze di studiosi in acquisizione di crediti per le discipline di studio del suono e dell’acustica. Villa del Cardinale potrebbe diventare un piccolo politecnico della bellezza del suono e del suo studio, qualcosa che interesserebbe non solo gli amanti della musica, ma anche una più vasta utenza legata all’interesse per l’acustica nelle sue forme storiche. Data la completezza dei materiali messi in esposizione, sarebbe qualcosa di unico al mondo.
Il progetto Accademia dei Musici-Villa del Cardinale è così esaustivamente esposto dai fratelli Veneri:
Accademia dei Musici al presentato al Mibac, proprietario della villa, il progetto di valorizzazione, consistente nel Museo del pianoforte storico e del suono, con le relative Mostra del Laboratorio di restauro pianoforti, Etichetta discografica ed Editoria musicale, integrato con attività concertistiche, didattiche, convegnisti che e di spettacolo, correlate ovviamente alle esposizioni museali.
Questi progetto, perfettamente in linea con la storicità del sito e incentrato sulla musica classica, più di ogni altro, donerebbe a questa Villa quella specificità dinamica di cui ha bisogno: solo la musica, per la sua trasversalità di interessi ed applicazioni, è in grado di fornire poliedriche vivacità di offerte artistico-culturali rivolte a tutti.
Ovviamente in questo progetto si manifesta la consapevolezza che così com’è la Villa non è pronta a recepire la proposta:
La Villa, dal canto suo, deve completare il proprio percorso di restauro. Spesso si equivoca sul concetto di restauro. La vera filosofia del restauro è quello di reinserire il bene del passato nella vita sociale attuale, assegnandogli una rinnovata idonea destinazione d’uso per la quale esso è vocato, e da essa esaltato. Valerio e Claudio Veneri, fondatori dal 2007 della loro Associazione no profit, propongono la presenza di Accademia dei Musici a Villa del Cardinale in un perfetto connubio fra “prestigioso contenitore ed eccellente contenuto”.
Le garanzie offerte da Accademia di Musici non sono sole le eccellenze dei citati Muti e Angela. Ci sono la recente presenza scientifica alla mostra rossiniana, con strumenti esposti e suonati nelle sedi espositive di Pesaro, Urbino e Fano garantite dalla competenza dei due creatori, l’architetto Valerio Veneri, formatosi alla scuola di Bruno Zevi e Giulio Carlo Argan e Claudio, primo responsabile di una cattedra di pianoforte storico nel Conservatorio di Perugia e attualmente titolare di un dottorato di ricerca presso l’Università di Camerino per “Scienza, arte e tecnologia del pianoforte nella storia”.
La “divina” villa di Colle del Cardinale potrebbe ospitare un patrimonio di sedici pianoforti storici originali in un percorso museale sceneggiato con impronta didattico-culturale-artistico-scientifica, con la possibilità di percepire il suono come lo avevano pensato i compositori dell’epoca della sua costruzione. Ci sono pianoforti progettati da Clementi, i Broadwood di Beethoven, i Pleyel di Rossini, gli Erard di Liszt e di Chopin. Si verrebbe a creare così uno spaccato storico sulla “macchina pianoforte” fornendo le condizioni della evoluzione acustica della sua costruzione. Insomma un unicum non presente in alcune realtà museale del mondo.
Con la attenzione della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia e l’interesse dell’Ateneo, il patrocinio della Fondazione Perugia Musica Classica e della Fondazione Ranieri di Sorbello, l’Accademia dei Musici ha cominciato ad acquisire preziosi supporti nella esposizione della sua proposta.
Potrebbero esserci tempi lunghi di allestimento funzionale degli spazi, ma certamente la Villa del Cardinale potrebbe al terrnine porsi come Polo Museale musicale internazionale atto a creare una forte attrattività turistica, culturale, artistica e scientifica. E produrre di conseguenza una notevole ricaduta di redditività e di forza lavoro. Cari perugini non lasciamoci sfuggire questa bella possibilità.
Per concludere ricordiamo che i due pini abbattuti erano stati piantati nel 1900, in omaggio alla figura di re Umberto, dopo il suo assassinio. La comunità di Colle del cardinale volle intitolarsi al suo nome, nonostante le cannonate di Bava Beccaris. Gli abitanti piantarono molti pini nelle pertinenze di una paesaggio agricolo di forte connotazione georgica. La Villa ne era l’ombelico filosofico. Oggi abbatterne due senza motivi di sicurezza è un attentato al paesaggio e alla nostra identità.
Stefano Ragni