Si è svolta ieri pomeriggio alla sala dei Notari di Perugia la presentazione del Rapporto “L’economia dell’Umbria”, a cura di Banca d’Italia.
Ne emerge un quadro caratterizzato da forti contrasti.
Tutti gli indicatori rivelano senza ombra di dubbio come quelli appena passati siano stati dieci anni orribili. Una decade che ha visto l’intero comparto patire terribilmente.
Un lasso di tempo breve in cui la regione ha perso tanto, vale a dire il 14,6% per cento del suo Pil, con un 35% degli investimenti in meno; e ha assistito impotente ad un calo dell’8% dei consumi.
I rilievi parlano di una timida ripresa, ma è altrettanto evidente che ci troviamo di fronte ad un andamento lento della dinamica imprenditoriale. Imprese stremate da fisco e burocrazia, consumi stagnanti.
Lo studio di Banca Italia mette in risalto il fatto che nel 2017 le condizioni dell’economia umbra sono comunque migliorate, favorite dal consolidamento di consumi e investimenti e dall’espansione delle esportazioni. Le attese degli operatori prefigurano un’evoluzione positiva anche per l’anno in corso, seppure in un clima di maggiore incertezza.
Una crescita che si accompagna ad un aumento dell’eterogeneità degli andamenti aziendali: situazioni di difficoltà che ancora producono numerose uscite dal mercato coesistono con un nucleo di imprese solidamente agganciate alla ripresa; queste ultime, in prevalenza di medio-grandi dimensioni operanti nel perugino, realizzano investimenti, sono aperte ai mercati esteri e non risentono di vincoli finanziari.
Le imprese
La produzione di beni e servizi ha continuato ad aumentare. Tra i settori, i risultati migliori sono stati ottenuti dall’industria, che ha beneficiato dell’irrobustimento degli ordini interni ed esteri. L’accumulazione di capitale si è intensificata, seppure in misura poco diffusa. I nuovi investimenti sono stati favoriti dal rafforzamento della situazione economica e finanziaria delle imprese, dalla riduzione dei margini di capacità produttiva inutilizzati e dalle misure governative di incentivo. Il favorevole andamento dei consumi, specie di beni durevoli, ha sostenuto le vendite nel commercio; il turismo ha continuato a risentire del calo di visitatori a seguito degli eventi sismici, riassorbito solo a partire dai mesi finali dell’anno. Si è prolungata la contrazione dell’attività nell’edilizia sia pubblica sia residenziale, che non ha ancora tratto impulso dalle opere per la ricostruzione.
Nonostante il recupero di parte della flessione accumulata durante la recessione, la manifattura umbra si connota per livelli di produttività inferiori rispetto al resto del Paese in quasi tutti i comparti, con riflessi anche sulla competitività internazionale. Nell’ultimo decennio la quota di mercato delle esportazioni regionali è scesa in misura significativa, anche per la ridotta capacità degli operatori di adattarsi ai cambiamenti del commercio mondiale e per il forte orientamento alle destinazioni più mature, dove la domanda è cresciuta meno.
Il mercato del lavoro
Dopo il calo osservato nel 2016, lo scorso anno i livelli occupazionali sono rimasti stabili, a fronte dell’ulteriore crescita osservata nel Paese. È aumentato solo il lavoro dipendente, nelle forme contrattuali a termine. L’Umbria si caratterizza per una quota di popolazione laureata superiore alla media nazionale, a cui si associa una domanda da parte delle imprese più orientata alla ricerca di operai specializzati. Il tasso di disoccupazione è salito per l’aumento della partecipazione al mercato del lavoro, in particolare tra le donne e i giovani.
Le famiglie
Nel 2017 il reddito delle famiglie si è stabilizzato, dopo la crescita del biennio precedente. Il contestuale incremento dei consumi indica una quota inferiore destinata al risparmio; questo si è ancora diretto verso investimenti a basso rischio e prontamente liquidabili. La maggiore spesa è stata finanziata anche ricorrendo all’indebitamento: i flussi di credito al consumo sono aumentati a ritmi sostenuti per il secondo anno consecutivo; di contro, quelli relativi ai mutui sono tornati a flettere, in connessione con la diminuzione delle compravendite di abitazioni.
Il mercato del credito
L’espansione del credito erogato in regione riflette le accresciute istanze delle aziende di maggiori dimensioni per il sostegno di capitale circolante e investimenti e delle famiglie per l’acquisto di beni di consumo. Le condizioni di accesso sono risultate progressivamente più distese, anche se le banche hanno mantenuto politiche d’impiego selettive, garantendo disponibilità di prestiti alla clientela meno rischiosa. È proseguita la riconfigurazione della rete territoriale; al calo degli sportelli, in atto da tempo, è corrisposto un maggior ricorso all’operatività on line da parte della clientela.
La qualità del credito sta gradualmente migliorando, in connessione con la ripresa dell’attività economica; l’ammontare dei crediti anomali e i flussi di deterioramento sono ulteriormente diminuiti sebbene rimangano elevati nel confronto con l’Italia, specie per i finanziamenti all’edilizia.
La finanza pubblica
La spesa delle Amministrazioni locali umbre si è ridotta riflettendo l’andamento del costo del personale e degli investimenti; questi ultimi si sono contratti nonostante l’allentamento dei vincoli di bilancio. Ha invece continuato a incrementarsi la spesa sanitaria, la cui qualità si è confermata soddisfacente. Il grado di avanzamento dei Programmi operativi finanziati con fondi strutturali europei risulta molto contenuto. Le entrate correnti degli enti territoriali sono cresciute, per effetto dei maggiori trasferimenti dallo Stato; l’onere della fiscalità locale per le famiglie è rimasto invariato, su livelli inferiori alla media delle altre regioni. L’ammontare del debito a carico delle Amministrazioni locali è tornato ad aumentare.
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LA GOVERNATRICE CATIUSCIA MARINI
“Il rapporto offre una lettura dell’Umbria in cui accanto gli elementi positivi (investimenti, la crescita dei consumi, i dati sul credito sia pure in alcuni casi a macchia di leopardo) si accompagnano alla evidenza di nodi strutturali da affrontare”. E’ quanto ha affermato la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, intervenendo alla presentazione del Rapporto.
“Il tema su cui infatti siamo chiamati in parallelo con il livello centrale anche come governi locali ad operare è quello della produttività ben rappresentato nel contesto del rapporto 2018 – ha detto la presidente -. Non possiamo infatti più permetterci quel trend che ha portato la produttività totale dei fattori – una misura del progresso tecnico e dei miglioramenti nella conoscenza e nei processi produttivi – ad una lenta quanto inesorabile regressione (-0,3% medio annuo nel periodo 1995-2014), mentre ha continuato a progredire nei Paesi europei a noi più vicini, come Francia e Germania. Con un divario con i maggiori competitor europei si è progressivamente allargato, e ha raggiunto i 15 punti percentuali. Nella misura raggiunta da questa distanza sta tutta l’esigenza e l’urgenza di dare continuità al sentiero riformista, aggredendo i fattori strutturali che impediscono alla nostra produttività ed al sistema delle imprese di crescere.
Ovviamente non solo per l’Umbria ma per l’intero paese, anche se in Umbria il tema della produttività risente in maniera determinante della composizione settoriale dell’economia regionale oltre che della collocazione delle filiere produttive regionali lungo la catena del valore che in gran parte genera valore dal lato della committenza nazionale ed internazionale”.
“Lo sforzo delle politiche regionali – ha sottolineato Marini – si concentra in questo senso su alcune direttrici chiave che sono la crescita dimensionale del sistema imprenditoriale; una migliore allocazione del capitale finanziario; superare il ritardo nella digitalizzazione del sistema produttivo; guardare ai mercati internazionali. Dobbiamo infatti uscire dalla sola logica della contendibilità dei mercati domestici, per consentire a tutte le imprese di cimentarsi sulla dimensione internazionale ed infine qualificare le risorse umane”.
“L’articolato piano di interventi previsto per l’area di Terni e Narni individuata come area di crisi industriale complessa – ha ricordato la presidente Marini – individua una modalità originale di integrazione tra politiche industriali nazionali e regionali. Siamo infatti in presenza di un’area che sta sperimentando un’interessante transizione verso nuovi paradigmi industriali nell’industria di base dalla chimica alla metallurgia guardando anche alle imprese resilienti del sistema produttivo locale”.
“A due mesi dalla sottoscrizione dell’Accordo di programma, oltre all’avviso nazionale relativo alla legge 181/89 con una dotazione di 20 milioni di euro ed agli avvisi regionali per il sostegno agli investimenti, possiamo registrare anche altri risultati importanti, quali l’attivazione di un accordo di sviluppo con Alcantara per la realizzazione di un investimento di 150 milioni di euro; un accordo di innovazione in fase di sottoscrizione con AST per la verticalizzazione di produzioni della siderurgia grazie ad un programma di ricerca che sarà realizzato per circa 14 milioni di euro ed un ulteriore accordo di innovazione con una rete di imprese locali per un grande progetto di ricerca e sviluppo sui temi dell’energia per la mobilità sostenibile”.
“Più in generale – ha affermato la presidente – penso che in Umbria abbiamo tutte le condizioni per andare in una direzione coerente ed integrata con quella nazionale. Da un lato ci sono i grandi progetti di ricerca che stiamo finanziando con 26 milioni di euro e che hanno visto la partecipazione di decine di imprese con investimenti in ricerca che ammontano ad 80 milioni di euro da un lato. Dall’altro le innovazioni in tema di politiche attive del lavoro e di politiche sulle competenze con l’esperienza del progetto CRESCO – che sulla base delle esigenze espresse dalle imprese ci ha consentito di rispondere alle esigenze di aziende che ampliano il proprio organico attraverso una filiera integrata di politiche attive fatta di accompagnamento al lavoro di soggetti disoccupati, formazione mirata, esperienza di tirocinio ed incentivi all’assunzione che sta generando 1000 nuovi posti di lavoro – e gli ottimi risultati raggiunti dalla Fondazione ITS Umbria proprio sui temi delle competenze proprie dei tematismi del piano nazionale impresa 4.0”.
“Il rapporto di Banca d’Italia ci offre anche la possibilità di un confronto positivo e proficuo sullo stato di salute della finanza pubblica nella nostra Regione. Ci fa piacere dunque il riconoscimento della solidità dei bilanci e dei conti della Regione che sicuramente consente di avere un impatto positivo sul sistema fiscale e dunque di non gravare molto sui cittadini. Questa solidità tra l’altro, ci permette anche di sostenere politiche pubbliche per il miglioramento dei servizi e gli investimenti. La missione che ci compete in questa fase di transizione – ha concluso la presidente Marini – è quella di dare una prospettiva di medio lungo periodo all’Umbria nel quadro di un rinnovato rapporto con le parti sociali attori del processo e su questo l’impegno è di rilanciare una visione condivisa dello sviluppo che parli alla società regionale ed in cui gli impegni siano chiari e misurabili”.