di Francesco Castellini
La Spoleto Credito e Servizi, dopo il fallimento decretato dal Tribunale di Spoleto il 29 dicembre scorso, passa al contrattacco.
Il presidente Giorgio Heller (IL VIDEO) ha convocato un incontro nella sala riunioni del ristorante Zengoni di Spoleto per mettere in chiaro le intenzioni della società cooperativa che conta circa 21mila soci e che per anni è stata azionista di maggioranza della Banca Popolare di Spoleto.
Quella della Scs è davvero una storia tormentata e controversa che sembra non avere fine, per ora culminata il 2 gennaio scorso con un atto giudiziario che ha portato a dire al presidente Heller: «C’è necessità di fare chiarezza e di raccontare a chi fosse interessato l’incredibile vicenda che ha avuto come epilogo temporaneo il fallimento della Scs, proprio quando era tutto pronto per la ricapitalizzazione e il rilancio della società».
Heller ha dunque illustrato carte alla mano quanto è stato fatto in questi mesi, per poi annunciare le iniziative che intende intraprendere dopo il fallimento.
Il Cda guidato da Giorgio Heller sta infatti valutando varie azioni legali contro la sentenza.
«Perché era pronta una ricapitalizzazione dal valore di 20 milioni di euro, che sarebbe dovuta passare al vaglio dell’assemblea dei soci prevista per il 13 gennaio. E tutto sembrava essere appianato.
All’udienza del 15 novembre 2017 era stato chiesto tempo ed il collegio sembrava disposto a volerlo concedere. Poi l’improvvisa decisione».
«Eppure – continua Heller – il concordato preventivo, avviato davanti al Tribunale di Spoleto dall’ex presidente Massimo Marcucci, con l’obiettivo di bloccare i creditori ed evitare proprio il fallimento, rilanciando la Scs, prevedeva la messa a disposizione dei creditori delle attività immobiliari della società, costituite da fabbricati del valore comunicato di 4.803.000 euro, oltre che del complesso delle attività mobiliari detenute e costituite, nel limite di 20.079.000 euro, da partecipazioni societarie di vario tipo, nel limite di 1.464.000 euro, da arredi di prestigio e opere d’arte figurativa e non, nel limite di 3.277.980 euro, da ragioni creditorie, queste ultime tutte già esigibili, conservate nei confronti vuoi di privati, vuoi dell’erario, oltre che da disponibilità finanziarie per un valore complessivo di 260.291 euro. In più a tutela dei creditori principalmente ci sarebbero state le partecipazioni in altre società, oltre ad un importante patrimonio, fatto di edifici ma anche di preziosissime opere d’arte, fra le quali un dipinto di Alberto Burri stimato 1,5 milioni di euro. Non solo. Secondo il piano, l’attività di impresa della Scs contempla l’assistenza resa a terzi per l’ottenimento di agevolazioni connesse a bandi europei, per attività di formazione in materia bancaria, per attività di formazione dei giovani destinate a favorirne l’inserimento nel mondo del lavoro. Attività che secondo le stime avrebbe dovuto portare in 5 anni altri 641mila euro nelle casse».
Il Tribunale, tuttavia, non ha aspettato, nonostante i giudici fossero stati portati a conoscenza del provvedimento in arrivo, che avrebbe cambiato completamente le carte in tavola.
Il collegio civile composto dal dottor Roberto Laudenzi, presidente relatore, e dai giudici Simone Salcerini e Francesco Salerno, ha dunque sancito: “la componente dell’attivo concordatario riconducibile a partecipazioni societarie sarebbe indefinita, anche per il rischio di un ordinario giudizio di cognizione civile”.
In altri termini: “la sua reale funzione, secondo il tribunale, sarebbe riconducibile soltanto alla percezione di dividendi (quelli della Banca Popolare di Spoleto in particolare) e l’incasso di canoni di locazione, che però da soli non rappresenterebbero una continuità dell’attività d’impresa. Né “nessuna prova della effettiva conservazione delle attività di assistenza ai soci sia stata dalla società debitrice assicurata, ed anzi in altri documenti presentati al giudice si evidenziava proprio l’interruzione dei servizi che la Scs offriva precedentemente”.
“Ritenuto quindi – concludono i giudici – come nessuna continuità possa oramai ipotizzarsi con riferimento a ogni attività d’impresa dalla Spoleto Credito e Servizi già condotta e come ciò comporti il venir meno delle ragioni che hanno prodotto l’ammissione della medesima Scs alla procedura di concordato preventivo da essa richiesta con la sentenza, viene revocata l’ammissione al concordato”.
«Ruolo centrale in questa vicenda – è stato ricordato – lo ha assunto il commissario giudiziale Eros Faina, nominato dal tribunale due anni fa quando la Scs era stata ammessa alla procedura di concordato preventivo. A lui è spettato redigere la relazione depositata il 12 dicembre 2016. Ed è lui che, con un altro ruolo, quello di curatore fallimentare della Scs Gestioni Immobiliari (partecipata dalla Spoleto Credito e Servizi e dichiarata fallita a fine 2015), ha presentato istanza di fallimento per 75mila euro. Proprio Faina, infine, insieme a Paolo Sambuchi, è stato nominato curatore fallimentare della stessa Scs».
E così, alle 9 pagine della sentenza di revoca del concordato fa seguito quella fallimentare, emessa dal collegio civile composto dal presidente e relatore Simone Salcerini e dai giudici Francesco Salerno e Tommaso Sdogati. Procedimento che fa riferimento a due istanze di fallimento: una presentata dal curatore fallimentare della Spoleto Credito e Servizi Gestioni immobiliari srl in liquidazione, Eros Faina, a cui è stato riunito quello proposto dal procuratore della Repubblica di Spoleto; un’altra dai membri del vecchio cda, guidato da Massimo Marcucci (oltre a lui Pier Francesco Graniti, Sandro Martinelli, Daniele Betti, Francesco Zeppadoro, Cecilia Venturi e Angelo Mariani).
«Questi ultimi – ha sottolineato Heller – in realtà avevano visto nelle ultime settimane saldate le loro spettanze».
«Per tutte queste ragioni – ha quindi affermato Giorgio Heller – ora verrà presentato un ricorso davanti alla Corte d’Appello, chiedendo l’annullamento del fallimento e si stanno anche valutando gli estremi per agire giudizialmente contro tutti coloro che si sono resi responsabili dei danni inestimabili arrecati alla Spoleto Crediti e Servizi».
Il tribunale, oltre a nominare il giudice delegato (il dottor Roberto Laudenzi) ed i curatori fallimentari (i commercialisti Eros Faina e Paolo Sambuchi), ha quindi fissato l’adunanza dei creditori per il 3 maggio 2018 alle ore 10 per l’esame dello stato passivo. I creditori dovranno costituirsi entro il 31esimo giorno dalla prima dell’udienza. Non è chiaro se potranno farlo anche i circa 20mila soci della cooperativa. La normativa non sembrerebbe contemplarlo. Di sicuro per loro conseguenze economiche dopo il fallimento della Scs ce ne sono, non in ordine alle responsabilità nell’ambito del fallimento, ma per le ovvie possibili perdite di quanto investito negli anni.