Seminò il terrore a Genova e dintorni
di AMAR
Il titolo non l’ho tratto da un libro giallo: il soggetto esiste in carne ed ossa (più ossa che carne, essendo morto lo scorso anno). Si chiama Donato Bilancia, di professione serial killer, in attività di servizio tra il 1997 e il 1998. Roba da record in campo criminale. Una motivazione impossibile per tanta violenza. Se non fosse banale, si potrebbe scrivere una bilancia starata, scassata, bastarda. Per un orco di tale bestialità, diventa inapplicabile persino l’art. 27 della Costituzione che stabilisce “le pene devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Donato nasce a Potenza, nel 1951 e approda a Genova, con la famiglia, quando ha appena sei anni. Mi piace vederlo crescere in uno dei vicoli, vicini al Porto antico, nella umanità promiscua dei carruggi, tra palazzi grigi e malinconici ed altri di nobile fattura, appiccicati tra loro, la comare che, dal ballatoio esterno, quasi stringe la mano all’altra di fronte. Una stratificazione sociale di tipo complesso, nata intorno all’anno mille. L’economia plurima delle botteghe vecchie di decenni, gomito a gomito persino con la professione più antica del mondo. La ragazza sull’uscio ad ammiccare (Marinella di De Andrè). E i Quattro amici al bar, cantati da Gino Paoli, paiono seduti in un locale tipico di quella parte di città.
L’odore del pasticcere si mischia a quello della friggitoria che ti offre la famosa farinata. Il commercio e l’artigianato all’insegna della tradizione marinara, riportato nella toponomastica: il Vico degli Orefici, degli Indoratori, dei Pollaioli, dei Caprettari. Tante le edicole sacre sui muri. Culture e lingue diverse, dove però prevalgono le cadenze vocali di Gilberto Govi. Gente che camminando si sfiora nella sede stradale esigua e di poca luce pure a mezzogiorno. Nel dedalo di viuzze, ci trovi anche piccole piazze, ardue scalette munite di corrimano per alleviare l’ascesa ed equilibrare la discesa. Le numerose Chiese espongono immagini, spesso magnificenti, della devozione e dell’arte. A Genova, i carruggi sono così, da secoli.
Forse lì è diventato ragazzino discolo Donato Bilancia, già in competizione con la legge a 15 anni quando viene arrestato per furto. Ladro e giocatore d’azzardo in gioventù. Ma lui guarda in grande, altro che ladruncolo di borgata. Comincia a sparare pistolettate, quasi fosse al tiro a segno. Un tale biscazziere viene rinvenuto in casa, il 16 ottobre 1997, a Genova, morto per arma da fuoco, dice il rapporto della Polizia. Pare un suicidio. Sarà, alla fine della fiera, Bilancia stesso a dire di averlo ammazzato lui. Quel mese di ottobre, per Donato spara lesto, è esemplare: la settimana appresso altro biscazziere e la moglie eliminati: entrambi i croupier – sostenne – lo avevano truffato al tavolo verde.
Passano appena tre giorni e rieccolo al lavoro. Entra in casa di un orefice per rapina, lo fa fuori insieme alla consorte e sottrae 13 milioni. Bottino più sostanzioso (45 milioni) ai danni di un cambiavalute ucciso a Ventimiglia. All’inizio del 1998, è la volta di un metronotte eliminato per semplice rivalsa contro le Forze dell’ordine che, tra l’altro, ancora non hanno formulato alcun sospetto a suo carico. Nel mese di marzo infatti, Bilancia opera ancora da tragico professionista del crimine: sei morti sparati ed un trans (Lorena) sfuggito per caso. Nel suo curriculum entrano 3 prostitute, un cambiavalute e un metronotte, alcuni eliminati sul treno.
Ora le cronache sono invase dalle orripilanti gesta del mostro della Liguria. Ai cittadini di un’ampia zona, il Procuratore della Repubblica raccomanda di viaggiare in ferrovia soltanto se strettamente necessario. Intanto, Donato fa in tempo a rapinare un benzinaio e ad ucciderlo. Le indagini cominciano a trovare i primi indizi: il bandito usa una Mercedes e le impronte lasciate dalle ruote su alcune scene del delitto. La svolta arriva quasi per caso: un tale Pino, amico di Donato, gli ha venduto un’auto senza riuscire a regolarizzare il passaggio di proprietà. Va a sporgere denuncia in Questura, riferendo anche di alcune multe ricevute per mancato pagamento di pedaggi in autostrada. La dettagliata descrizione del bruto fatta da Lorena, permette di tracciare un preciso identikit, somigliante, come un gemello, proprio a Bilancia, possessore di una Mercedes nera.
Il mostro della Liguria viene arrestato il 6 maggio 1998 e diventa subito reo totalmente confesso. Con sentenza definitiva in Cassazione, si prende 13 ergastoli più anni 16 di reclusione (in omaggio!) per il tentato omicidio di Lorena. E’ morto, quasi settantenne, di Covid, nel 2020, rinchiuso nel penitenziario di Padova. Aveva sulla coscienza – ammesso che ne avesse una – 17 morti senza causa, tranne la sadica indole di killer seriale. La solita TV nazional popolare non poteva farsi sfuggire il ghiotto polpettone: Michele Soavi regista, Giulio Scarpati e Carlo Cecchi attori hanno messo in scena Ultima pallottola, miniserie raccontata, con tanto di batticuore. All’italiana.