Il Giudice ha accolto l’opposizione dei familiari e chieste ulteriori indagini da effettuare entro sei mesi
Il 26enne Nicola Romano venne trovato morto nel suo appartamento a Perugia i 17 marzo del 2013. All’epoca dei fatti il caso venne archiviato per morte causata da overdose. La famiglia è sempre stata convinta che il giovane fosse morto per soffocamento presumendo un possibile omicidio.
L’ archiviazione chiesta dal PM è stata rifiutata dal Giudice il 14 Novembre con la richiesta di un ulteriore approfondimento in particolare su alcuni elementi emersi.
Secondo le testimonianze della madre, Rico Teresa, quando si era recata nell’appartamento del figlio la notte del dramma, il ragazzo dall’interno e senza aprire la posta, le aveva detto di “stare tranquilla”.
Nella deposizione la madre avrebbe aggiunto di aver sentito, quella sera, più voci provenire dall’interno dell’immobile e di aver avvertito il figlio pronunciare il nome di un amico. Teresa Rico ha dichiarato poi il il colloquio avuto con il vicino del’abitazione di Nicola che le avrebbe detto di “avere sentito verso le due di notte un gran trambusto”. nella testimonianza resa al giudice,
Nella testimonianza resa al giudice la madre racconta,che nell’appartamento assieme al disordine era stata rinvenuta una siringa senza ago – mai ritrovato – ed una fiala e, nel lavello aveva notato tre bicchieri con del liquido. Il giudice ha chiesto un ulteriore approfondimento, in particolare su alcuni elementi emersi.
Questa notizia fa sperare i familiari del giovane Nicola, affinché si possa fare luce sul caso, a loro avviso, chiuso troppo in fretta. Inoltre a seguito di successive consulenze, i familiari ed il loro avvocato, hanno sostenuto che i segni, quali ad esempio i graffi sulle braccia del ragazzo, lasciano pensare a una aggressione subita. L’avvocato ha affermato che “esclusa scientificamente la morte per intossicazione, la ragione va cercata altrove”
La decisione del giudice
Il giudice ha così motivato il rigetto dell’archiviazione del caso “Si ritiene, tenuto conto anche delle indicazioni che erano state date in sede di riapertura delle indagini, di non accogliere allo stato la richiesta di archiviazione, ma che possano essere esperite alcune indagini suppletivi, quali l’escussione di quell’amico “circa i suoi movimenti la sera e la notte del decesso, o se era a conoscenza delle persone che potevano essere con lui”.
Il giudice ha chiesto infine di indagare ulteriormente e di “Provvedere all’analisi dei reperti in sequestro — laddove non distrutti — e quindi sulla siringa, sulla quale vi erano tracce ematiche, per verificare se il sangue sia riconducibile al Romano, o vi siano impronte digitali, nonché sulla fiala e sui bicchieri rinvenuti nel lavello, per verificarne il contenuto e, laddove possibile, estrarre Dna e impronte”
Con queste motivazione ha accolto l’opposizione dei familiari e dato mandato al pubblico ministero di provvedere ad effettuare le indagini suppletive indicate entro il termine di sei mesi.