di Francesco Castellini – Il libro “Airone 1. Retroscena di un’epoca”, scritto dal generale dei Carabinieri Antonio Cornacchia (curatore Giannelli Benvenuti A. – Sometti Editore), è stato presentato in Senato.
Nella prestigiosa Sala Capitolare c'erano numerose personalità ed autorità ad ascoltare le parole di uno dei principali protagonisti della più recente storia italiana, per molti aspetti ancora inedita, quella dei terribili anni di piombo che hanno caratterizzato un ventennio della Prima Repubblica, conclusasi con il rapimento e l'uccisione dell'onorevole Aldo Moro.
A discutere di quest'opera che ha il merito di evidenziare alcuni aspetti fondamentali di quelle vicende terribili, c'era il comandante Generale di Corpo d'Armata Tullio Del Sette; il presidente dell'Anc, Generale di Corpo d'Armata Libero Lo Sardo; il presidente dell'Onaomac (ente morale che si interessa all'assistenza degli orfani dei carabinieri) Generale di Corpo D'Armata Cesare Vitali e il vicepresidente Stefano Orlando. Fra i massimi rappresentanti dell'Arma c'era il colonnello Roberto Saltalamacchia, ufficiale dei carabinieri addetto al Senato.
Fra i relatori: l'onorevole Vincenzo Scotti, più volte ministro, presidente della Link Campus University; Tito Lucrezio Rizzo, capo servizio della Presidenza della Repubblica, nonchè responsabile della sicurezza, docente all'università di Tor Vergata. Il dottor Antonio Aricò ha introdotto l'opera soffermandosi sulla importanza di discutere tematiche di così grosso spessore e di importanza fondamentale in uno dei luoghi più “sacri” dello Stato. E' stata dunque sottolineata la necessità di analizzare e comprendere quei fatti, a partire da elementi conoscitivi raccontati dagli stessi protagonisti di una storia drammatica e sconvolgente.
All'introduzione di Aricò è seguito l'intervento di Tito Lucrezio Rizzo, il quale, dimostrando di aver letto attentamente il volume, citando alcuni pezzi a memoria si è soffermato sul coraggio e la temerarietà dimostrata dall'autore nel riferire e raccontare certi episodi.
L'onorevole Scotti dal canto suo ha evidenziato del libro il messaggio politico, e l'importanza che certe questione vengano finalmente dibattute e approfondite, «per ricercare una verità che ci appartiene».
E dunque è stato ricordato ancora oggi la “notte” della Prima Repubblica è avvolta da tenebre, da lunghe ombre, come se non ci fosse stato mai modo di uscire da quel tunnel buio e infinito. Oscurità dove impazzano mille fantasmi e dove col sigillo “segreto di Stato” si è posta una pietra tombale sulla verità.
Il Generale Antonio Cornacchia. «Il mio libro – ha ribadito nell'occasione il generale Cornacchia – narra di “assurdità inspiegabili”, di “comportamenti inconcepibili” da parte di coloro che all’interno del Ministero degli Interni, invece di spingere e incentivare le indagini, agivano per impastoiarle».
«Basti dire che molte inchieste non riuscimmo a portarle a termine. Ci fu precluso di servirci dei propri impianti per le intercettazioni telefoniche, costretti a utilizzare, con intuibili difficoltà, le centrali Sip. Fu necessario il sequestro Moro per arrivare a farci nuovamente autorizzare a far uso, come in precedenza, di uno strumento investigativo efficace che rendeva più agevole il nostro operato, il nostro impegno. Sempre abbiamo dovuto operare con il freno a mano tirato, ingessati da lacci e laccioli burocratici e politici. Si poteva fare di più. Perché non si è fatto?».
Un esempio fra tanti. «Nel dicembre del 1970 la relazione del prefetto Mazza di Milano metteva in guardia contro imminenti attentati, sollecitava l’allora Ministro dell’Interno Franco Restivo, ad intervenire in fretta e a non perdere tempo. La relazione fu ignorata e tenuta nascosta fin quando una “manina” la tirò fuori dal cassetto per essere pubblicata sul “Giornale d’Italia” e sul “Messaggero”. Restivo si giustificò scaricando la colpa sull’alleato di Governo, quel Psi che in quei giorni chiedeva il disarmo della Polizia nelle manifestazioni di piazza».
«E così – ha spiegato infine Cornacchia – ci fu un’Italia che rimase macellata, disseminata di martiri e di eroi. Ci sono famiglie che a distanza di 40 anni ancora non hanno avuto giustizia. Ma il libro non vuol solo dare un quadro negativo del nostro Paese. Da una parte c’è una denuncia, una critica, ma dall’altra restano le tante testimonianze di uomini coraggiosi che non si sono mai tirati indietro di fronte alle minacce, che non si sono mai arresi e tantomeno si sono lasciati sopraffare dalla paura. Il futuro migliore sarà quello in cui ognuno di noi, perfettamente consapevole del nemico che ha di fronte, nel rispetto del compito e del ruolo che è chiamato a svolgere, si assumerà in pieno le proprie responsabilità».
Parlarne a scuola. E su questo fronte fa ben sperare il progetto su quale sta lavorando il Ministero dell'Istruzione, con il quale si vuol portare nelle scuole la storia di quei terribili anni di piombo.
L'idea è quella di ricucire uno strappo, ricolmare un vuoto, dando voce ai protagonisti di quell'era difficile e ripercorrendo con articoli e libri, un capitolo colpevolmente ignorato.