Una delegazione del m5s con i deputati Tiziana Ciprini, Filippo Gallinella hanno incontrato a Capanne la direttrice del carcere dottoressa Bernardina Di Mario ed il comandante Andrea Tosoni.
Capanne è la prima tappa del percorso di conoscenza delle strutture detentive regionali da parte dei cittadini 5 stelle. L’obbiettivo che si propongono è impegnarsi a sostenere e promuovere soluzioni per i bisogni di tutto il personale e dei detenuti. Capanne sembra essere una realtà buona sopratutto per la conduzione intelligente e anche umana che la direttrice Di Mario ha attuato. Il patto di responsabilità tra detenuti e amministrazione è un fatto innovativo che dovrebbe essere di esempio per altre realtà carcerarie che vogliono essere virtuose. La dimensione della sussidiarietà orizzontale è forte e presente ma ad essa si contrappone una altrettanto pressante problematica, complessa, perchè si tratta di ciò che manca.
Occorre personale , occorrono progetti per la riabilitazione e rieducazione dei detenuti, occorrono sostegni agli operatori di supporto psicologico per l’attività fortemente stressante che svolgono, occorre un’ala per la degenza ospedaliera dedicata, quest’ultima in fase di progettazione dal 2004!
Alcune attività già sono in atto , il progetto Trerre promosso in collaborazione con Gest e con il Comune di Perugia, che prevede sei mesi di lavoro retribuito per costruire spazzole a tazza per le spazzatrici stradali e kit di sacchi per la raccolta differenziata. Ma le persone coinvolte sono troppo poche rispetto alla necessità di un carcere che contiene circa 500 individui detenuti. Inoltre la carenza di personale (223 poliziotti in servizio a fronte di 274 necessari) impedisce che altre attività si possano svolgere in condizioni di sicurezza, per cui non si gioca a calcio nel campo, non si possono fare attività all’aperto come coltivare orti, pur avendo la struttura gli spazi adeguati. Sono queste le richieste degli stessi detenuti che colloquiando con i deputati 5 Stelle a loro hanno rivolto, pagare il debito riabilitandosi con il lavoro anche non retribuito per dare un segno tangibile della volontà di essere di nuovo propositivi e accettati come membri della comunità.