Per l’ex Fcu non c’è pace. Notizia dell’ultimora riferisce di una Rfi che annuncia il blocco della ferrovia centrale dal 9 giugno. La chiusura sarà di 15-30 giorni. La notizia è ufficializzata da Ferruccio Bufaloni, l’amministratore unico di Umbria tpl e mobilità, la società che nelle more della trasformazione in agenzia dei trasporti e della concessione della gestione del ferro a Rfi, è ancora titolare dell’infrastruttura.
Il fermo della linea Città di Castello-Ponte San Giovanni è legato a una necessità burocratica: il passaggio a Rfi prevede il transito in una nuova compagnia, Umbria ferro, che possiede le certificazioni dell’Agenzia nazionale di sicurezza ferroviaria. Ma Rfi non può utilizzarle subito.
Inoltre a questo si deve aggiungere il fatto che c’è un problema legato alla “formazione” di una parte dei 46 dipendenti che da Um confluiranno in Rfi. Una formazione che deve essere svolta prima del passaggio.
Si attendono peraltro interventi da parte di Rete ferroviaria italiana per rimuovere gli ostacoli che obbligano il direttore dell’esercizio Maurizio Fagioli a imporre limiti di velocità da 50 km orari a tratti negli interscambi in cui si procede a 10 km l’ora. I lavori per il collegamento alla stazione di Perugia Sant’Anna vanno avanti ma non vedranno la fine prima del 2020. Quelli per la parte sud, Ponte San Giovanni-Terni, non sono ancora iniziati. Non mancano spaccature in seno all’assemblea sul fronte della copertura delle perdite. La seduta straordinaria era stata chiesta dalla Provincia di Perugia uno dei soci per deliberare la riduzione del capitale sociale e coprire lo scompenso. La Regione e l’ex Atc di Terni hanno votato contro. A favore la stessa Provincia perugina e il Comune del capoluogo. Si è astenuto il Comune di Spoleto. Niente deliberazione. Il passaggio è stato rimandato a dopo chiusura del bilancio 2018. L’ente presieduto da Luciano Bacchetta aveva chiesto la convocazione dell’assemblea straordinaria “per la copertura perdite tramite riduzione del capitale sociale, considerato che l’attuale situazione finanziaria della Provincia non permette di accertare nel proprio bilancio la quota parte delle perdite registrate dalla società come imposto dalla normativa vigente”.
Come ricorda il Corriere dell’Umbria, il bilancio di esercizio al 31 dicembre 2017 della società, approvato nell’assemblea del 26 ottobre 2018, ha chiuso con una perdita di euro 3.230.286, a fronte della perdita d’esercizio 2016 pari ad euro 2.953.592. L’attuale capitale sociale di Umbria mobilità è pari a 26.491.374 euro, mentre il patrimonio netto risulta di 20.307.496 euro, sceso al di sotto del capitale sociale per effetto delle perdite registrimento per perdite società partecipate” la somma di 3.000.000 di euro di cui 820.508 euro, riferiti alle perdite non ripianate afferenti il bilancio 2016 di Umbria Mobilità e 2.179.492 euro, a titolo cautelativo a valere sulle perdite del 2017. La Regione nella delibera 354 del 25 marzo scorso ha messo nero su bianco che “Umbria mobilità è prossima all’approvazione del bilancio d’esercizio 2018 ed è oggetto di un percorso di integrale revisione e razionalizzazione, non solo nella configurazione giuridica destinata a divenire un’agenzia in house ma soprattutto con riferimento alla mission sociale e alle funzioni a caratura pubblicistica”. Questo percorso “è anche finalizzato al recupero di efficienza e redditività, con prospettive economico finanziarie di miglioramento della capacità di rimborso dell’esposizione debitoria complessiva”. Per questo, sostiene Palazzo Donini, non ci sono presupposti “per procedere con immediatezza ad una riduzione `facoltativa’ del capitale”. La riduzione del capitale sociale per perdite è obbligatoria quando queste sono superiori ad un terzo del valore del capitale stesso. Nella fattispecie la perdita registrata nei due anni è pari a 6.183.878 euro e, pertanto, non raggiunge il citato limite. Ma era comunque facoltà dei soci deliberare in uno o nell’altro senso: non c’è stata unanimità. La Corte dei conti ha ravvisato a più riprese l’opportunità che l’operato della società sia orientato attraverso determinazioni unitarie e coerenti dei soci, piuttosto che da indirizzi espressi singolarmente, i soci convengono sulla necessità di definire modalità di consultazione perindirizzare uniformemente le decisioni attinenti alla gestione societaria”. Così non è stato.