di Adriano Marinensi – Erano coetanei l’italiano Marco Furlan e il tedesco Wolfgang Abel, due assassini seriali che, operando insieme, compirono una strage nel periodo dal 1977 al 1984- Una striscia di sangue lunga sette anni, durante i quali tutto rimase senza colpevoli; furono scoperti solamente per una loro criminale presunzione. Due “figli di papà”, appartenenti alla borghesia dell’austera Verona: Furlan laureando in fisica, Abel laureato in matematica a pieni voti. Si conoscono a scuola e insieme concepiscono un progetto di mostruosa e lucida follia: l’esigenza di ripulire il mondo dalla sporcizia rappresentata – a loro giudizio – da barboni, prostitute, omosessuali, drogati, preti viziosi.
Cominciano la squilibrata “missione” nell’agosto 1977. C’è un nomade che vive in una automobile e loro la incendiano con l’uomo chiuso dentro. Appena un anno ed è la volta di un omosessuale ucciso con 30 pugnalate. Saranno il fuoco e il coltello le armi ricorrenti (più tardi, il martello) e gli unici indizi a disposizione degli inquirenti. Altre coltellate a Venezia per un tossicodipendente; a Vicenza per una peripatetica (non seguace di Aristotele). A questo punto, forse pensano sia il caso di una prima rivendicazione: scrivono una lettera al quotidiano “Il Gazzettino”, firmandola Ludwig: “La nostra fede è il nazismo (non poteva essere altrimenti! n.d.a.), nostra giustizia la morte, nostra democrazia è sterminio”.
Di nuovo a Vicenza, se la prendono con due frati e li assassinano a colpi di martello. A Trento, con un sacerdote: gli conficcano in testa un punteruolo. Ora è tempo di entrare in scena alla grande. Danno alle fiamme il Cinema Eros (luci rosse), a Milano: 6 morti e 32 feriti. Il nord Italia e gli investigatori sono nel panico. Siamo ora alla strage e gli autori vanno fermati ad ogni costo. Ad Amsterdam verranno poi accusati dell’incendio ad un sexy club ed a Monaco di Baviera di altro incendio ad una discoteca, con morti e feriti.
Si arriva al 4 marzo 1984, in una discoteca di Castiglione delle Stiviere, una cittadina lombarda in provincia di Mantova. Dentro ci sono alcune centinaia di ragazzi che stanno festeggiando in maschera il Carnevale. Mascherato si introduce anche uno dei due criminali ed apre una porta nascosta al complice. Portano due taniche di benzina che svuotano sul pavimento e incendiano. L’intento è la grande mattanza a coronamento del loro “curriculum criminale”. Un addetto alla sicurezza riesce a domare le fiamme e la coppia diabolica viene arrestata dalla polizia che a stento la sottrae al linciaggio. E’ la fine dell’ incubo durato 7 anni, che ha causato – con la firma Ludwig – un vero e proprio massacro, frutto di un disegno perverso, andato ben oltre il delirio della follia. Grazie al riconoscimento della seminfermità mentale, evitarono per un pelo l’ergastolo. Le vittime accertate furono 10, quelle sospette 28. Oggi sono entrambi liberi per fine pena.
Le bestie di Satana – Ed eccola un’altra infamia. La televisione inglese definì i delitti commessi dalle Bestie di satana, “i più scioccanti della storia italiana del dopoguerra”. Chi erano le Bestie di satana? Un gruppo di giovani esaltati che trasformarono le loro fantasie in realtà. Poi diventarono una setta ispirata al culto del maligno, che agì, per diversi anni (1998 – 2004), nel territorio di Varese. Forse l’idea scellerata venne loro dalle azioni violente della family di Charles Manson che, alla fine degli anni ’70 del ‘900 inorridì l’America, soprattutto con lo scempio compiuto in una villa dove furono uccise sei persone, tra le quali l’attrice Sharon Tate, moglie del famoso regista Roman Polanski. Le Bestie di satana si dedicavano al sesso di gruppo ed alle pratiche divinatorie. Erano un branco di ragazzi disadattati, abituati all’uso smodato di droga. Cominciarono in tre, nel 1998: un idraulico di origine calabrese (Nicola Sapone), il commesso di un supermercato (Paolo Leoni), un disoccupato tossicomane (Andrea Volpe). Poi. gli adepti aumentarono in breve tempo.
Non erano molti a comandare, ma drastici nelle regole talvolta crudeli (per esempio, le procedure di affiliazione attraverso pericolose prove di coraggio). Al principio classificabili, le azioni, come una sorta di aberrazione giovanile, fenomeno di devianza mentale. Riti propiziatori, messe nere, simboli legati all’occultismo. Sin quando giunsero ad uccidere. Due giovanissimi, appartenenti al gruppo, finirono tra le persone “misteriosamente scomparse”. Si chiamavano Fabio Tollis e Chiara Marino. Un altro “satanista”, tale Mario Maccione, si mise a sostenere che Chiara incarnasse la Madonna. Presenza oltremodo inopportuna che quindi andava eliminata. Occorreva far tacere pure Fabio, il quale, dichiarandosi “schifato” dai comportamenti infami, intendeva riprendersi la sua libertà. Costituivano entrambi un pericolo per la segretezza dell’organizzazione.
Il primo tentativo di eliminarli, un po’ maldestro, non riuscì a dovere. Il secondo invece andò a cattivo fine. Con il pretesto di un rito sacrilego, i due ragazzi furono attirati di notte in un bosco, uccisi da Sapone, Volpe e Maccione, quindi sepolti (pare fossero ancora vivi) nella fossa scavata nei giorni precedenti. Al delitto, per fare da palo, avrebbe dovuto partecipare anche un altro adepto, Andrea Bontade. Non si presentò all’appuntamento. Quella colpa grave gli procurò una serie di minacce e vessazioni tali da indurlo al suicidio. Si arrivò al gennaio del 2004, quando Nicola Sapone dette ordine ad Andrea Volpe di uccidere la sua ex fidanzata Mariangela Pezzotta, diventata pericolosa testimone in quanto a conoscenza di tutte le malefatte e soprattutto dell’assassinio di Fabio e Chiara. Che loro dissero fuggiti insieme, non si sa per dove.
Volpe organizzò una cena a tre con Mariangela e la sua nuova ragazza Elisabetta Ballarin. Fu lui a sparare alla vittima, quindi i due seppellirono il corpo in giardino. Elisabetta salì sulla macchina di Mariangela per gettarla nel fiume, ma, “fatta” di stupefacenti com’era, andò a sbattere contro un muro. Ai Carabinieri, accorsi sul posto, raccontarono d’aver subito l’aggressione di alcuni balordi. Vista la condizione alterata di entrambi, una versione non credibile. Anzi fu proprio grazie alle ammissioni di Elisabetta, sotto l’effetto della droga, che si giunse alla scoperta del corpo di Mariangela. Andrea Volpe decise di parlare e consentì il ritrovamento della fossa dov’erano Fabio e Chiara. Il processo fu una sorta di saga degli orrori, in un clima da tregenda, persino con l’escussione di un esorcista (il P.M. disse di essersi portato in aula un Crocifisso). Accusa provata, tre omicidi e una induzione al suicidio, oltre alla lunga serie di altre morti sospette, attribuibili alla setta. Bastò per comminare due ergastoli a Nicola Sapone, uno a Paolo Leoni, 2O anni ad Andrea Volpe (grazie alle attenuanti per la collaborazione alle indagini), 19 anni a Mario Maccione. L’abisso del folle progetto nichilista aveva inghiottito le loro giovani vite sotto il peso di colpe brutali e imperdonabili.