di Francesco Castellini – Una serata indimenticabile quella offerta dalla 71ª Sagra Musicale Umbra al Teatro Morlacchi di Perugia sabato 10 settembre. Sul palco la grande Martha Argerich, icona del pianismo internazionale e interprete straordinaria, che ha dato il meglio di sé perfettamente affiancata dai giovani musicisti della Youth Orchestra of Bahia diretti da Ricardo Castro.
Il concerto è stato tutto un incedere ipnotico, condotto dalla Filarmonica con un esotismo che sembrava provenire direttamente da mondi lunari. Ancora una volta i giovani professori hanno dato prova di un disegno orchestrale organico e di una esperienza concertativa di alto profilo. Suono mai metallico, sempre caldo e sinuoso, dove la qualità timbrica non è stata mai sacrificata ai facili sensazionalismi. E quando la musicista ha affrontato da sola e per la gioia del pubblico, lo spumeggiante “Concerto in sol maggiore per pianoforte” di Maurice Ravel, c'è da dire che questo cavallo di battaglia dell’argentina, si è ancora una volta caratterizzato per il tocco elegante che solo lei sa infondere alla musica, fino ad innestare un sensuale dialogo tra la tastiera e l’énsemble, in un susseguirsi di temi jazzistici e di altri d’ispirazione iberica, sempre alternando i registri in chiave dello stile raveliano, tra brillanti pennellate e microcosmi lirici di grande effetto.
E c'è poi da sottolineare che nessuna come Martha sa trasformare questa semplice e aristocratica melodia in un inno alla felicità, con una delicatezza e una purezza dinamica senza eguali. Come quando nel canto del pianoforte s’inserisce il tema del flauto, con quella placida e puerile tenerezza che solo i capolavori raveliani possono trasmettere. E dunque c'è da sottolineare come il sussurrato dialogo tra i legni e lo strumento solista riesce perfettamente ad alternarsi agli arpeggi e ai cristallini trilli del pianoforte che sempre sanno infondere un’atmosfera come di soffusa e disincantata tranquillità sull'intera sala.
La grandezza della Argerich allora, e anche l'altra sera l'ha dimostrato, non solo sta racchiusa nella sua ineguagliabile capacità tecnica, ma anche e soprattutto nelle sue doti interpretative. Semplicemente divina, capace di vivere e trasmettere emozioni uniche e speciali. Basti dire che ogni espressione del suo volto dialoga con la stesura del ricchissimo spartito, non a caso concepito da Ravel al culmine della sua maturità artistica. E se è vero che, come diceva Magda Olivero, il compito di un artista è far rivivere al pubblico quello che l’autore provava, si può ben dire che la Argerich ha pochi rivali su questo fronte.
Il tutto poi ancora più enfatizzato perché condito e potenziato da una cornice straordinaria. Basterebbe fermarsi un attimo a quel terzo movimento, quando nel dominare quei rigorosi accordi, l’incedere percussivo del pianoforte si alterna alla frenesia metrica e alla vivacità espressiva dell’orchestra. I temi jazzistici e le liete fanfare degli archi ritornano in un continuo incrocio di zampilli e trasformazioni ritmiche, ed è tutta una magia che ha il potere di far vivere a tutti i fortunati presenti una favola bella.