Di Adriano Marinensi – Ci sono, a volte, nella vita e nella storia criminale, fatti realmente accaduti che riescono ad oscurare la fantasia del miglior giallista. Episodi di cronaca nera che più nera non si può. Come quelli accaduti in Emilia Romagna, quando, da poco (anno 1940), il capo del regime pennacchiuto aveva proclamato tronfiamente, dall’affaccio di Palazzo Venezia: L’ora delle decisioni irrevocabili è suonata sui cieli della Patria (e sui Colli fatali di Roma).
A Correggio, un borgo di poche migliaia di anime, tra Parma e Reggio Emilia, l’esistenza scorreva anonima, secondo le sane e pacifiche costumanze contadine. Traeva la sua notorietà antica dall’aver dato i natali al pittore Antonio Allegri, detto appunto il Correggio, del quale si conservano capolavori in diversi musei del mondo. La nomea, cioè fama negativa, il paesello la trasse dalle cronache dell’epoca. La celebrità del pennello divenne discredito del coltello.
La spiegazione è nella quotidianità di allora. Ha per “starring” indiscussa tale Leonarda Cianciulli, classe 1894, nata dalle parti di Avellino, titolo di studio terza elementare, madre di quattro figli viventi e di un’altra decina morti poco dopo la nascita. Per le sue imprese grandguignolesche, si conquistò un soprannome ch’era una sorta di carta di identità del crimine: la saponificatrice. Era andata ad abitare, da qualche anno, a Correggio, in una dimora che divenne la sua fabbrica degli orrori.
Leonarda ha bisogno, per programmare le sciagurate imprese, d’essere creduta, nell’immaginario collettivo, un’abile spicciafaccende. E siccome, quando il paese è piccolo, la gente mormora, in giro prende credito il suo profilo di divinatrice tuttofare. Per campare, commercia in abiti usati e palesa qualche inclinazione alla millanteria ed alla truffa. Sempre, a Correggio, abita una popolana sulla settantina, la quale, seppure in età quando la natura dovrebbe aver sopito le frenesie amorose, mostra di aver urgente bisogno di un marito. Leonarda l’ha rassicurata in precedenza con un accattivante “si può fare”. Occorre però “ungere” a dovere l’arco di Cupido, cosicché la freccia prenda la giusta direzione. Quindi presentarsi a casa Cianciulli, di buon’ ora, in assoluta segretezza e … bussare con i piedi.
Così fa Faustina Setti, l’anziana da maritare, portandosi appresso adeguate risorse finanziarie per facilitare il delicato compito della mezzana. Però, al posto dell’arma di Eros, trova una affilata accetta con la quale viene uccisa e fatta a pezzi. Nel “memoriale” firmato Cianciulli, si racconta – scusate la crudezza dei termini – che il sangue della vittima le servì per fare dei biscotti per le comari del vicinato. E le carni le fece bollire nel pentolone con allume di rocca, pece greca, soda caustica e l’aggiunta di acqua di colonia, ricavandone – scrisse – profumate saponette. Infatti in quella macelleria umana vennero rinvenuti accette bene affilate, coltelli di grossa dimensione e un caldaio per la cottura. Fine del primo atto.
C’è un’altra compaesana di Faustina in cerca di un posto di lavoro. La premiata Ditta Cianciulli vanta una specializzazione per matrimoni, pene d’amore, malocchio e pratiche di varia ciurmeria. L’interessamento esoterico di Leonarda poteva quindi essere utile anche per Francesca Soavi che, munita del solito malloppo, il 5 settembre del 1940, decide di fare visita alla faccendiera. Trova ad attenderla il solito coltellaccio e la solita ascia assassina. Finisce anche lei in tocchi e nel pentolone.
Trascorre solo qualche settimana e, il 30 settembre, ecco varcare la soglia di casa Cianciulli una terza compaesana. Si chiama Virginia Cacioppo, ha appena superato la cinquantina, è una cantante lirica in disarmo e intende trovare al più presto la scrittura in una compagnia di spettacolo. Che problema c’è? Leonarda, guarda caso, ha per le mani proprio una richiesta artistica in quel di Firenze. Dunque, cara Virginia, venga a prendere il caffè da noi stasera e se ne può parlare. Come al solito, essenziale è portarsi appresso un po’ di denaro ed altre utilità. Era una signora dolce la Virginia ed i biscottini risultarono migliori delle altre volte.
Non fu facile, per gli inquirenti, venire a capo delle sparizioni. La titolare dell’ “ammazzatora” però – come il Commissario del vecchio “Carosello” – commise un errore. Mise in circolazione un Buono del tesoro regalatole (si fa per dire) dalla Cacioppo. La polizia seguì quella traccia, la trasse in arresto (insieme ad un figlio con lei convivente che stranamente del tanfo da bollitura non aveva mai annusato alcun fetore). Lei rese ampia confessione, giurando di aver fatto tutto da sola. Per dimostrarlo si dichiarò disposta a ripetere l’operazione di taglio e bollitura, davanti al Giudice. Era nata la prima serial killer italiana del XX secolo.
Il processo si aprì il 12 giugno 1946, a Reggio Emilia (prima non fu possibile per motivi bellici). Entrò in scena il solito strizzacervelli che concluse per l’incapacità totale dell’imputata. Tempo un mese (20 luglio 1946), il Tribunale emise la sentenza: Leonarda Cianciulli è riconosciuta seminferma di mente, però colpevole dei reati ascritti, cioè triplice omicidio, sottrazione di beni delle vittime, vilipendio di cadavere, e condannata a 3 anni di internamento in manicomio criminale, oltre a 30 anni di reclusione. In aula sostenne, a sua discolpa, di aver avuto in visione una Madonna Nera. Le predisse la morte dei suoi figli se non avesse versato il sangue di alcune persone innocenti. Una tesi strampalata, alla quale aggiunse: “Non ho ucciso per odio e avidità, ma soltanto per amore di madre”. Si sa, di mamma ce n’è una sola e “i fiji so’ piezze ‘e core”. Prima di adempiere alla doverosa incombenza, per parlare con l’al di là, aveva dovuto studiare materie difficili quali la divinazione e lo spiritismo.
E’ morta nel manicomio di Pozzuoli, il 15 ottobre 1970, quando aveva 76 anni. Di lei dissero le altre detenute: “Preparava dolci gustosissimi, però nessuna si azzardava a mangiarli”. E ti credo, considerata la “ricetta” precedentemente usata! Fu sepolta nel cimitero dei poveri, perché nessuno reclamò le sue ossa. Dal 1949, gli “strumenti di lavoro” di Leonarda (martello, seghetto, mannaie, coltelli e il treppiede per il pentolone), sono conservati nel Museo Criminologico di Roma. Il regista Mauro Bolognini, nel 1977, ha dedicato al mostro di Correggio un film dal titolo “Gran Bollito”, interpretato da Shelley Winters. Anche il teatro ne ha ricordato le sadiche gesta con “Amore e magia nella cucina di mamma”, per la regia di Lina Wertmuller.